MI PASSI IL CREN, GWENDALINE?
Michele
Anselmo
“Mi
passi il cren, Gwendaline?”
“
Certo caro, ma non metterne troppo sull’arrosto, lo sai
che ti rimane sullo stomaco per tutta la giornata...”
La tavola era apparecchiata impeccabilmente. Una tovaglia con
motivi floreali pastello, faceva da perfetta scenografia ad un
servizio di piatti neri opachi. I bicchieri da vino erano sottili
e delicati, allungati e mai vuoti di cabernet. La posateria,
in acciaio, era essenziale e moderna. Una candela ruggine, posizionata
esattamente al centro della tavola, illuminava come uno spot
da vetrina lo specchio d’azione del pasto. Fuori, il sole
del mezzogiorno mediterraneo, filtrava prepotentemente attraverso
le tende pesanti della sala.
“
Stamattina in ufficio ho chiesto ad Andrew del bonsai...”
“
Quando si dice telepatia: sai che volevo ricordartelo mentre
uscivi?”
“
...e la cosa straordinaria, Gwen, è che la defogliazione
si effettua solo su alcune varietà a foglia caduca. Il
nostro bonsai, per almeno un annetto, possiamo lasciarlo così com’è.
Mi passi il vino, amore...”
“
Certo Arthur.”
“
...mi diceva, Andrew, che a luglio ci toccherà la potatura
dei rami sovrapposti. Ma per questo si è offerto di venire
a casa con la sua attrezzatura e sistemare le cose in maniera
chirurgica.”
“
Gran brava persona Andrew... dovremmo vederlo più spesso,
magari possiamo organizzare una cenetta una di queste sere. Perché non
lo invitiamo sabato? Col tipo di vita che fa rimane quasi sempre
solo per i week end e, per uno scapolo, non c’è nulla
di meglio che una buona rimpatriata a casa di amici.”
“
Potresti preparargli l’arrosto con patate e asparagi. E’ il
piatto che ti riesce meglio...”
Gwendaline era, da trent’anni, quello che si dice una perfetta
donna di casa. Donna di mezz’età ormai, ma ancora
attraente, sterilmente sobria e senza un filo di trucco. Per
certi aspetti compassata, ma interessante proprio per la sua
essenzialità. Gwendaline aveva incontrato Arthur nel ’67
a Roma. Il suo lavoro, assistente di studio del console George
W. Gordon, la portava periodicamente in giro per il mondo e,
quell’estate del ’67, Arthur le si caracollò nella
mente come un’apparizione. Lui era là in vacanza.
E non poteva proprio farsi scappare un’occasione simile.
La prese subito, dopo una cena a base di molluschi e galestro,
in un albergo a due passi da Fontana di Trevi e, da allora, giurò che
non l’avrebbe più lasciata.
“
Sai, Arthur, volevo ricordarti di passare dal fioraio quando
torni stasera. Ho ordinato un paio di giorni fa il concime per
le acidofile e dovrebbe essere arrivato.”
“
Vedrò di fare in tempo prima che chiuda. Oggi ho un sacco
di lavoro arretrato da fare. Doorsey mi ha richiesto entro stasera
la pratica Crondyle e non credo che potrò rinviarla oltre.
Più passa il tempo e più diventano esigenti al
lavoro.”
“
Ancora un paio di anni, Arthur e finalmente potrai goderti il
meritato riposo della pensione. Staremo benissimo quando non
avrai più tutte queste beghe quotidiane”
“
Ancora un paio di anni, Gwen...”
Nella sala, appesi alla parete, due acquarelli con vedute paesaggistiche
inizi novecento, presi a Porta Portese quando ancora si potevano
fare buoni affari. Incorniciato, in radica, l’attestato
di partecipazione al master di “Opportunità di sviluppo
nei paesi del terzo mondo”, del quale Arthur andava fiero
e, grazie al quale aveva potuto ottenere il trasferimento a Roma
e sposare Gwendaline. Nella posizione più strategica e
illuminata, due ficus alti un paio di metri e un elegante papiro.
Poco distante e in massima parte al riparo dal sole, una felce
a cascata carica e rigogliosa. Fuori, sul grande terrazzo quattro
per sette, una fila di gardenie. Riparate dal sole diretto, grazie
alla particolare disposizione del fabbricato, le gardenie mostravano
tutta la loro versatilità. Il colore intenso e l’avvolgente
profumo oleoso lasciavano immaginare una fioritura fuori stagione.
Inattesa e miracolosa. Si percepiva chiaramente il grande amore
di Gwendaline per le piante e quanta cura ci mettesse nel farle
crescere sane e vitali.
“
L’arrosto oggi è più buono del solito, Gwen.
La crosticina esterna è perfettamente rosolata. Ma ne
abbiamo ancora nel surgelatore?”
“
Sono rimasti appena un paio di pezzi... ma non saranno sufficienti
per l’invito a cena di sabato.”
“
Quando le cose piacciono... vero Gwen?”
“
Vero amore...”
Il piatto di portata dell’arrosto era posto su un carrello
assieme alla baguette, al burro e ad una serie di salsine colorate
in piccole ciotole. Fra le salsine si potevano distinguere chiaramente
la senape, la salsa verde – che Gwendaline sosteneva essere
adatta anche agli arrosti e non solo al lesso – ed il cren.
La bottiglia di cabernet, già a metà, era nella
parte inferiore del carrello, assieme all’acqua, al caffè ed
alla frutta. Di arrosto ce n’era un’altra porzione
abbondante. Arthur ne faceva fuori tranquillamente un paio di
porzioni, quando lo cucinava Gwen.
“
Lo so che non dovrei, amore, ma mangerei volentireri dell’altro
arrosto.”
“
Arthur, non è sano ingozzarsi di arrosto prima del lavoro.
Ti appesantirà e non farai bene le cose che devi fare.”
“
Hai ragione, con quello che troverò oggi... però,
appena un pezzo...”
“
...Te ne darò un pezzo piccolo e poi il caffè senza
frutta. Ti va bene la manina di Mark?”
“
La manina? Mi pareva di aver visto l’altra tetta di Giselle...”
“
Le tette ti piacciono sempre, mandrillino mio... Ok, vada per
la tetta, ma senza patate.”
Nel piatto di portata tre patate dorate con erbette fini di montagna,
cinque teste di asparagi colanti burro, una mammella umana abbrustolita,
una mano. Rattrappita e carbonizzata. Dalla grandezza doveva
essere di un bambino di non più di dieci anni.
“
Gwen, come fai tu l’arrosto non lo fa nessuno.”
“
Ma dai, amore, importante è seguire alla lettera la ricetta.
Forno a 250 gradi, erbe aromatiche, poco aglio e un filino di
olio extravergine. Con l’arrosto, il segreto è il
sale. Il sale bisogna metterlo solo a fine cottura. In questo
modo mantieni sotto la crosticina abbrustolita tutti gli umori
e i profumi della carne al sangue. Comunque Arthur stasera, dopo
il fioraio, sarebbe meglio passare a fare un po’ di scorta:
c’è un concerto rock al palazzetto dello sport,
sai quelle robe per adolescenti viziati di primo pelo. Sono i
più teneri. Aprono i cancelli alle otto. La ghiacciaia è quasi
vuota e converrà riempirla di nuovo per l’autunno...”
“
Hai ragione amore, credo che passerò, prima di tornare
per cena. Hai qualche preferenza?”
“
E’ un po’ che non preparo il brasatino. E per il
brasatino c’è bisogno di carne un po’ grassa.
Tenera, ovviamente, ma un po’ grassa.”
“
Buono il tuo brasatino, Gwen.”
Arthur chiese dell’altro cren – appena un cucchiaino
- finì la sua mammella ancora fumante e, appagato, ingurgitò velocemente
il caffè bollente. Era già in ritardo e lo aspettava
una giornata intensa. Tre patate dorate con erbette fini di montagna,
cinque teste di asparagi colanti burro e la manina di Mark era
ciò che rimaneva dell’arrosto. Sarebbe finito tutto
nella ciotola di Nero, lo splendido mastino napoletano che Arthur
aveva regalato a Gwen per i venticinque anni di matrimonio.
Michele
Anselmo ha
quarant’anni e vive a Roma (attualmente). Particolarmente
importanti per la sua formazione: cronemberg, i fumetti
della marvel, la beat generation, bukowsky e i nuovi autori
pulp inglesi. Sta lavorando ad una serie di racconti antologici
inquietanti da racchiudere in un unico progetto: racconti
di cren.
Precedente Successivo
VENTONUOVO
Copertina
|