UNO STRANO INVITO


Anna Maria Bonfiglio

Le sette e un quarto della sera. Ormai non posso più differire. Devo decidere ora, subito.
“ Beh? Che fai con lo sguardo perso dentro al pc? Aspetti che esca il coniglietto?”
Mi scuoto. “Stavo per spegnere”,dico
“ Direi! Sono andati via tutti ”. Anche Paola è pronta per andare via. Il piumino arancione fa a pugni con i suoi capelli rossi. Però è carina. E se la invitassi a mangiare una pizza? O a bere una birra al pub? Avrei risolto la faccenda, non avrei più bisogno di prendere una decisione. Il dilemma è se accettare o no l’invito a cena di Gianni e Laura. Cosa c’è di tanto difficile in questa scelta? Niente. Se si eccettua il fatto che fino a sei mesi fa’ Laura era la mia fidanzata. E’ stata proprio lei a telefonarmi. “Sabato a cena da noi- ha detto perentoria- ci saranno tutti ”. “Tutti” sarebbero gli amici che frequentavamo assieme. Io sono rimasto basito, un allocco. Da quando aveva sposato Gianni non l’avevo più vista né sentita. Ed ora se ne usciva con quell’invito a dir poco inaspettato. “Non accetto rifiuti”, ha concluso, chiudendo la comunicazione. Ho guardato per alcuni minuti il suo numero sul display del mio cellulare. Bene. Forse mi aspettavo che fosse imbarazzata se le fosse successo di rivedermi, invece la sua telefonata mi ha fatto capire che non prova alcun disagio ad incontrarmi. Il suo abbandono è stato una mossa a sorpresa. Dall’oggi al domani mi ha detto di brutto che sposava Gianni. Non avevo capito niente di quella tresca, ma lei mi assicurò che fino a quel momento fra di loro non c’era stato niente. Gianni l’ aveva trovata una sera sotto il mio portone. Lei aspettava che io ritornassi dal lavoro e lui era passato per prendersi il cd che gli avevo masterizzato . Si erano messi a conversare tranquillamente, nell’attesa del mio arrivo. Ma quella sera io ritardai. Ero passato dall’ottico per ritirare i nuovi occhiali. Mentre digitavo il pin del mio bancomat mi ero sentito salutare da una voce femminile. “Manuela! Che bello rivederti!” Era uno splendore: i capelli colore del rame fuso le scendevano a incorniciare l’ovale del viso entro cui erano racchiusi i suoi lineamenti delicati. “Dove ti sei infognato? Sei sparito come un furetto!” Quando avevo conosciuto Laura avevo deciso di dare un taglio a quelle che Manuela, facendo sua la frase di un romanzo femminista, chiamava “le scopate senza cerniera”. Guardandola mi ero rammaricato di quella decisione di fedeltà presa sotto l’effetto di quel potente sedativo che è l’amore. Manuela aveva insinuato il suo braccio dentro al mio con la manifesta intenzione di non mollarmi. Ed io scoprivo di non voler essere mollato. “Dai,vieni con me- disse, quasi trascinandomi verso l’uscita – andiamo all’oratorio di Santa Lucia, devo fare le prove per un concerto”
La segui senza pormi nessuna domanda. Mi consegnò le chiavi della sua auto: “Guida tu, non voglio stropicciarmi il vestito”
Dopo qualche minuto di silenzio Manuela riprese: “ Qualcuno dei nostri conoscenti mi ha riferito di un felice incontro…anima gemella?”
“ Sì, almeno credo…sai,chi può mai dire in assoluto…Tu, invece?”
“ Io…niente…sempre in giro con la mia musica”
Quando si tolse il soprabito, nel salone dell’oratorio, ammirai la sua elegante semplicità. Nel tubino nero il suo corpo mi apparve come una statuina di Sèvre: linee sinuose di una soave delicatezza. Il nero accentuava l’avorio della sua pelle. Sedette sullo sgabello davanti al pianoforte, dimenando un po’ il sedere per trovare la giusta posizione; poi cominciò ad aprire e chiudere le mani, muovendo le dita per sgranchirle da un’immaginaria rigidità. Quando il suo sguardo incontrò quello del maestro e con lui scambiò un cenno d’intesa, le note della Rapsodia di Gershwin si diffusero nell’aria, prima con il loro movimento discendente poi con un guizzo verso l’alto. Era una vera artista. La musica era dentro di lei come un’altra anima. Chiusi gli occhi e la vidi distesa sul mio corpo. Anche le sue carezze erano musica. Una musica che improvvisamente mi risuonava dentro risvegliando un desiderio che mi fluiva nelle vene come un liquido caldo.
“ Ok,Manuela, ci vediamo domani”
“ Se non le dispiace resterei ancora, voglio riprovare dei passaggi”
“ Va bene, quando avrai finito chiudi il salone e porta con te le chiavi”
Manuela assentì, seria e compunta come una scolara diligente che non vuole farsi sorprendere impreparata. Ma rimasti soli si mosse verso di me con corti passi sonnolenti che mi fecero pensare all’elegante fascino di un serpente e, prendendomi per una mano, mi trasse a sé.
“ Non occorre che ti dica il motivo per cui ho voluto restare- sorrise e mi passò il palmo della mano sulla guancia ruvida di barba. Poi torse leggermente il mio polso e depose un lieve bacio all’interno di esso- Qui la pelle è più sensibile”
La sua carica di sensualità era sempre stata così: elegante, delicata, e allo stesso tempo capace di scatenare un piacere che avresti voluto non finisse più.
“ Hai voglia di una scopata senza cerniera?” dissi, nel tentativo di disperdere quell’insidioso alone di magia che si stava insinuando fra la mia pelle e la sua.
“ Ho voglia di te”
Lasciò la mia mano e portò le sue dietro la schiena, facendo scivolare la cerniera del vestito. Eravamo vicini al pianoforte, la spinsi leggermente e dai tasti si levò un suono sgraziato. Le poggiai le mani sui glutei e la sollevai. Fui dentro di lei e lei mi accolse con un piccolo grido, mordendosi le labbra per cercare di trattenerlo.
La mattina dopo Laura mi annunciò con una telefonata che avrebbe sposato Gianni. Furioso, le domandai da quanto tempo durava la cosa senza che ne sapessi niente. Lei mi rispose, pacifica, che tutto era successo la sera prima, mentre aspettavano che io tornassi a casa. Non mi chiese neppure conto del mio ritardo.

Spengo il pc e mi avvio verso l’uscita. In strada mi accoglie un vento tiepido, foriero di prossime giornate di scirocco. Davanti alla vetrina di Coin ci sta Paola, con la sua pelliccetta arancione attorno al collo. Non è certo serata da pelliccetta, ma in questa città durante il giorno si alternano temperature diverse e può succedere, come oggi, che la mattina sia freddo e la sera si annunci lo scirocco. Provo ancora la tentazione di proporle un’uscita. Ma sì, mi cimento. La raggiungo e le tocco una spalla. Lei sobbalza ma, riconoscendomi, sorride.
“ Ancora in giro?”
“ Perdo un po’ di tempo nell’attesa che giunga un amico”
“ Esci con qualcuno?”
“ Per ora soltanto un amico”
“ Beh, vado, buona serata”
Buca. Decido: onorerò l’invito di Laura.

Dire che alla cena ci siano “tutti”, come mi aveva preannunciato Laura per telefono, è un’esagerazione. Manca più di uno di quegli amici che un tempo frequentavamo. Ma d’altra parte è anche naturale. Il tempo tende a disperdere, ad allontanare, a sfrondare le situazioni e a trasformare i rapporti. Laura ha dato il meglio di sé, di quel sé che io non avevo mai conosciuto: la tavola apparecchiata con elegante sobrietà, il cibo preparato con cura, i vini scelti fra i migliori. Ha perfino preparato un dolce molto elaborato. Mi pare di ricordare che il suo massimo storico in fatto di preparazione dolciaria lo avesse raggiunto con un informe tiramisù che era finito dritto nella pattumiera. Che abbia seguito un corso di culinaria? O più probabilmente un corso di bon ton a giudicare dal modo con cui ha condotto questa serata. E’ stata sempre piuttosto strampalata, le rimproveravo il disordine in cui lasciava la casa dopo avere soggiornato per qualche giorno da me. Ma lei se ne curava poco, come si curava poco del suo abbigliamento che era molto casuale, spesso disarmonico e qualche volta trascurato. Compensava con il suo carattere positivo, la predisposizione a minimizzare e il forte senso dell’ironia. Stasera invece niente è fuori posto e tutta questa armonia mi fa pensare ad una Laura finta. Mi pare di soffocare in mezzo a tutto questo birignao: complimenti , congratulazioni, e che cena magnifica e che bella compagnia e come si vede che siete felici…e bla bla bla. Che nausea… devo chiedere il permesso per alzarmi? “Scusate, esco in giardino a fumare”
“ Aspetta –si alza anche Laura- vengo a fumare anch’io”
E’ una serata caliginosa, lo scirocco vela l’aria e dà la sensazione di una primavera fuori tempo. Mi appoggio al muro fra la porta-finestra e il terrazzino buio. Laura è di fronte a me. Tiriamo le prime boccate di fumo in silenzio, ma senza imbarazzo.
“ Sai, ho pensato spesso a noi due…” E’ lei a iniziare.
“ E perché mai? Non credo che tu abbia rimpianti e ad ogni modo sarebbe troppo presto”
“ Non è troppo presto e comunque non è il rimpianto che mi fa parlare. E’ il ricordo. Ho dei ricordi bellissimi di noi due. Ammettilo, stavamo bene insieme”
Si è avvicinata e mi posa le mani sul petto. Poi, lentamente, li fa scivolare verso la vita ed infine ancora più giù…fino alla patta. “Sei eccitato”,dice. Non posso negarlo.
“ Sai, è noioso fare l’amore da brava sposina…” Le sue dita hanno abbassato la cerniera dei miei pantaloni e si insinuano dentro, frugando. Sento crescere il turgore…la sua mano è calda e promettente…ma cosa faccio? Vengo qui, aspergo le piantine di basilico con il fluido dei miei lombi?
“ Tranquillo- pare mi abbia letto nel pensiero –ci penso io”
Si piega sui talloni e avvicina il viso al mio corpo, strusciando la guancia sulla pelle. “Era così anche con Manuela?” E’ come se avessi avuto un arco teso fino allo spasimo che alla fine si è fatto sfuggire la freccia. Ma chiedere spiegazioni non ha più senso.
“ Rilassati- dice lei –non rompiamo l’incanto”
La sua bocca è così vicina…sento come un fuoco che, salendo dall’inguine, si propaga al ventre. E’ dolcezza, è rabbia, è rimpianto, è stupore…E lei è così…completa, impositiva ed arrendevole, tenera e famelica, pudica e puttana… Sento le sue labbra, la sua lingua, i suoi denti…e mi perdo nel tepore della sua bocca.
Adesso è di nuovo in piedi. Mi sfiora le labbra con le sue e rientra nel salone dove gli ospiti la stanno aspettando. Mi rimane un lieve senso di nausea e la sensazione di avere inghiottito il mio sperma.


Anna Maria Bonfiglio risiede a Palermo dove svolge attività culturale nell’ambito letterario e giornalistico. Giornalista pubblicista, ha collaborato per diversi anni ad un settimanale del gruppo Rizzoli , al mensile SiciliaTempo, alla rivista letteraria Silarus Ha curato un corso di analisi ed interpretazione del testo poetico presso l ‘ Istituto Professionale CEP di Palermo ed un laboratorio di scrittura creativa presso la sede regionale ENDAS Sicilia. Ha pubblicato: LE PAROLE NON DETTE (poesie, 1978), LE VOCI DEL SILENZIO (poesie,1979), UGUALI DIMENSIONI (poesie, 1981), L'INSANA VOGLIA D'ARDERE (poesie, 1982), NELL'UNIVERSO APOCRIFO DEL SOGNO (poesie, 1985), LA DONNA DI PICCHE(poesie, 1989), IL MITO NELLA POETICA DI CESARE PAVESE (saggio, 1990), CAMILLO SBARBARO, IL DOLORE DEL VIVERE (saggio, Silarus, 1980), L'ULTIMA DONNA (racconti, 1994), D'OMBRA E D'ASSENZA (poesie, 1999), LE VOCI E LA MEMORIA (poesie, 2000). Ha inoltre pubblicato saggi e recensioni su riviste letterarie.



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