STORIA
VISSUTA DI ARTAUD-MÔMO
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(Incipit della conferenza al Théâtre du Vieux-Colombier)
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Antonin
Artaud
Ormai
da tempo,
da molto tempo,
ben presto forse da cinquanta anni
poiché,
come afferma il mio stato civile, si dice che sia nato il 4
settembre 1896 a Marsiglia, Département Bouches-du-Rhône, Francia,
e perciò ho, socialmente parlando, qualcosa come cinquant'anni
e quattro mesi,
dunque è da piú di cinquant'anni
che mi sono reso conto di una menzogna inaudita e ignobile.
La menzogna che l'umanità allevi da qualche parte una bestia che non ha mai
voluto eliminare, una specie di animale mansueto nascosto scrupolosamente
in attesa del giorno benedetto e agognato da tutti in cui potrà mostrarlo
alla luce del giorno.
Ma è verità che l'uomo è lo sporcaccione irrefrenabile e ingordo, descritto
da cento miti, voluto da cento miti,
e che non si è piú mosso dalle loro prime sedimentazioni.
La menzogna è quest'onorabilità di facciata
la quale, per quanto tempo ancora, riveste le relazioni umane,
mentre la grande ossessione della coscienza è il male, il soddisfacimento
senza ostacoli di non so quale abbietto desiderio, tra l'erotismo e la carogna,
che ogni notte investe tutti,
che però io ho avvertito penetrare in me in modo troppo piú circoscritto
e corporeo per non divenire quel nemico irriducibile e definitivo della vita
sociale di cui ho dato mostra nove anni fa a Dublino, con un certo bastone
che ero andato a mostrare agli irlandesi, che fu all'origine dapprima del
mio arresto, in seguito della mia deportazione e infine del mio novennale
internamento.
Abbiamo tutti i nostri amici e nemici, ma mi sono reso conto a piú riprese,
e una volta per tutte e definitivamente a Dublino, che non tutto è stato
detto dopo che i nostri nemici ci hanno voltato le spalle, insultato, sputato
in viso, colpito e infine lasciato per morto o creduto morto in un angolo
di una piazza, come mi è accaduto in un pomeriggio di settembre del 1937
a Dublino, e che al di là di ciò c'era qualcosa di piú, che il nostro nemico
considerava piú efficace e piú attivo dal suo punto di vista, poiché piú nero,
piú immerso nell'ombra, infine piú simile a lui medesimo, inconfessabile
ed efferato.
Quel qualcosa è proprio ciò che la coscienza attinge in certe circostanze
dalla sfera tabu e proibita dell'occulto e a cui è proibito fare allusione,
pena essere tacciati di delirio, allucinazione, ossessione, persecuzione,
(...)
Ho
due o tre motivi di rancore contro la società odierna.
Li espongo una volta per tutte affinché non ci siano piú possibilità di
errori e fraintendimenti miei nei confronti di chicchesia e di
chicchesia nei miei confronti
e in alcun senso.
Sebbene assolutamente lucido e sano di mente,
ho appena trascorso nove anni ricoverato in ospizi per alienati,
ed è una cosa che non perdonerò mai a questa società di castrati imbecilli
e incapaci di pensare, che dopo dieci anni a muovere la lingua nel suo fetido
giro non è mai riuscita per mezzo di non so quanti pensatori, poeti, filosofi,
scribi, re, buddha, bonzi, feticci, soviet, parlamenti, dittatori, non ha
mai saputo proporre ad alcuno una ragione valida di esistenza.
Il mio corpo mi appartiene, non voglio che se ne disponga. Nel mio spirito
circolano tante cose, nel mio corpo nient'altro che me stesso. È tutto ciò che
mi resta di quel che avevo. Non voglio che lo si prenda per metterlo in cella,
incamiciarlo, legarne i piedi al letto, rinchiuderlo nella stanza di un ricovero,
proibirgli di uscire piú, avvelenarlo, riempirlo di botte, nutrirlo, affamarlo,
addormentarlo con la corrente. Tutto ciò dopo che un giorno è stato battezzato,
un certo giorno in cui era troppo piccolo per difendersi, e chissà che non
sia stato proprio quel battesimo la causa di tutto. Ma io dico che ora basta,
internato, avvelenato, addormentato con la corrente, la colonna vertebrale
spezzata in due, la schiena infilzata da due coltellate, ora è troppo e piú che
troppo, le cose sono giunte al punto in cui si pone la domanda, la domanda
si pone da se, e per un'ultima spiegazione non ci potrà essere altro che
la bomba o il coltello.
E io dico che questa spiegazione avrà luogo prima del previsto, giacché ho
vissuto abbastanza porcherie nella mia esistenza e ho finito per contrarre
una peste morale,
una specie di purulenza pressante,
e non so se ci sono bombe atomiche, ma io mi sento in uno stato di cancrena
atomica che non potrà mancare, egli stesso in concorrenza con questa o quella
malattia dello spazio, di provocare corporalmente la sua esplosione, il mondo
delle rivolte morali, e che non seppero essere altro che morali, essendo
rinchiuse.
Contro la società odierna ho il dente avvelenato per quanto riguarda l'oppio
e tutte le piante denominate in maniera tanto mefitica quanto stupida: droghe
e stupefacenti.
Ne ho uno contro l'internamento, la medicina.
Ne ho uno a proposito di tutto quel che riguarda i sortilegi.
Ne ho uno contro la guerra ed è di peso, giacché per la guerra occorre tempo
e a me è stato rubato tutto il tempo nei nove anni di internamento, in definitiva
il Dr. Gaston Ferdière de Rodez mi ha rubato non so quanti trilioni di secoli
di memoria con due anni di elettroshock.
(...)
Excipit
(...)
Cerco cinquanta uomini come me, uomini o donne che siano decisi
a non morire piú, a non guardare dall'altra parte
che non è mai esistita, ritroverò il bastone
d'Irlanda, ne ho uno sotterrato ancora meglio, quando avrò trovato
i cinquanta uomini, non m'imbarcherò piú come
nel 1936 da Anversa per il Messico, col mio passaporto in
regola e il biglietto regolarmente pagato, invece ho già disegnato
il modello di otto cannoncini pneumatici per andare sulle
montagne a dorso di camoscio o di mulo.
So che costringerò a restituirmi quella tonnellata di
eroina perfetta, so che con cinquanta uomini attaccherò a
mano armata. I manitú dell’invisibile non sono cosí ben
nascosti da non potersi sempre raggiungere con il respiro e un
po‘ di tatto.
Lama delle Ande sperduti a Pantruche,
agenti di polizia di Pantruche avvinghiati sui monti del Tibet,
la ricerca di mezza dozzina di tossicomani inoffensivi non ha
alcuna importanza di fronte alla pace dell’umanità,
mentre si tengono tutte le notti in India, Mongolia, al Buttes-Chaumont,
davanti all’obelisco, dalle parti di rue Mouffetard, rue
de la Mouette, rue de Passy, al Trocadéro (la notte scorsa)
orgie criminali sadiche zozze che non possono finire altrimenti
che con l’immediato rosolamento dei partecipanti, e mi
gioco il biglietto che ciò avverrà.
E
sono sicuro che il puzzo vi salirà alle narici.
E
io non ho affatto intenzione di tapparvele.
(traduzione
di Antonello Piana)
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