LA BOCCA NASCE CON L'URLO
- Artaud e la provocazione del mito Artaud -

 

Karl-Heinz Barck

La conferenza del 13 Gennaio 1947 a cui si è già accennato, accuratamente preparata da Artaud per mesi (il testo pubblicato da Gallimard nel volume 26 delle Opere Complete comprende 160 pagine!), venne recepita da gran parte dei presenti e dall'opinione pubblica, che vi prese parte da osservatrice esterna, come uno scandalo. Durante l'allocuzione Artaud venne intimidito da certe reazioni del pubblico, si impappinò, alcune pagine del manoscritto gli scivolarono dalle mani, e si sforzò disperatamente di seguire la precisa scaletta del suo intervento. Ma forse gli "incidenti" erano invece frutto di un calcolo intenzionale. Le didascalie a margine del testo e le sottolineature dei passaggi da urlarsi lasciano presagire la volontà di una confessio impietosa quale rappresentazione di un athlètisme affectif, attraverso cui si esprimevano la voce e le rivendicazioni dell'"emarginato dalla società", con l'esposizione inesorabile della propria biografia senza alcun riguardo per l'euforia del dopoguerra: "comunicare al pubblico di una società che mi ha rinchiuso per nove anni il suo stesso declino".
Lo "scandalo" era ciò che il pubblico cercava e si attendeva. Nel 1933 la reazione alla sua lettura del manifesto "Il teatro e la peste" in un'aula della Sorbona era stato un silenzio spettrale. E ora si voleva assistere allo spettacolo dell'autore "pazzo" come si osserva un animale esotico. Il caso è stato sintomatico per tutta il successivo sviluppo del mito Artaud. Non esiste alcuna testimonianza da parte dei partecipanti (compresi gli amici di Artaud in teatro), da cui si possa evincere una qualche comprensione delle intenzioni del conferenziere. Si può sottolineare la reazione di André Gide, il quale indossò i panni del difensore di Artaud dal mainstream sensazionalista. Gide parlò di un drame du siècle, durante il quale si poteva esperire il "veggente tragico, ispirato e deriso". Con il paragone, ormai diventato in Francia un luogo comune a partire dalla pubblicazione della raccolta curata da Verlaine "Les poètes maudits", Gide tentava di correggere il giudizio sul "poeta folle e tossicomane manipolato dal branco". Nondimeno si tratta solo della ratificazione dell'umanesimo classico in forma e prospettiva estetica, che pur non cogliendo le intenzioni della conferenza di Artaud al Théâtre du Vieux-Colombier, arricchisce il mito di una nuova venatura.
Artaud volle come suo solito servirsi del teatro in quanto strumento, invece di porsi al suo servizio offrendo un mero scandalo al pubblico. Il suo commento al termine della conferenza resta coerente e privo di illusioni: "Del resto io penso che il pubblico sia andato oltre la sceneggiata, che sia stato commosso dal dolore dell'uomo, per quanto poi si sia rifiutato come sempre di domandarsene i motivi."

 

(Traduzione di Antonello Piana)





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