II.
ARTAUD - DISSIDENTE DEL SURREALISMO OVVERO IL DILEMMA DELL'AVANGUARDIA
Karl-Heinz
Barck
1.
Il dilemma
Nel
suo saggio del 1929 "Il Surrealismo", Walter Benjamin
riscontrava "nell'insanabile accoppiamento tra una morale
idealistica e una prassi politica il carattere saliente di
tutta quella posizione della sinistra borghese". Il giudizio
abbraccia anche la relazione di Artaud con il Surrealismo,
almeno nella forma dottrinaria che gli diedero per un certo
tempo i suoi protagonisti (in prima linea naturalmente André Breton)
nel paesaggio europeo surriscaldato dall'aspro confronto politico
tra le due guerre. Le tappe cruciali sono segnate dall'uscita
delle due riviste surrealiste, nonché del primo (1924)
e del secondo (1929) manifesto surrealista: La Révolution
Surréaliste e Le Surréalisme au service de la
Révolution. Il secondo manifesto sigla pro domo (ovvero
ex officio) le differenze con i critici del "groupe Breton" culminate
nella loro espulsione, un procedimento che denota le affinità con
le pratiche disciplinari dei partiti comunisti.
Artaud è attivo come collaboratore fisso dal secondo numero
de "La Révolution Surréaliste". Dal 1925
coordina i lavori del "Bureau de Recherches Surréalistes" con
la stesura di un'istanza programmatica surrealista per una "Nuova
Dichiarazione dei Diritti Umani" e per un rivoluzionamento
di tutti gli ambiti della vita spirituale (a quei tempi tra i
surrealisti si discuteva poco di economia!): "Il principio
di una rivoluzione surrealista delle cose è applicabile
a tutte le manifestazioni dello spirito." (nr. 3, pp. 31)
Le divergenze di Artaud con i surrealisti, che ne fecero il loro
primo dissidente, erano evidenti già nel 1926. Si fondavano,
formulando sommariamente, sul suo rifiuto del settarismo di gruppo,
che Breton nel secondo manifesto aveva dichiarato e legittimato
come un occultismo necessario nei confronti di tutte le forme
di cultura borghese, cosí come sulla critica all'allineamento
politico del movimento sulle posizioni del PCF.
Un motivo piú profondo ed esistenziale era tuttavia la
dolorosa consapevolezza del corpo di Artaud, il dolore, la tortura
- "il linguaggio della sofferenza" -, non nella forma
di compatimento e autocommiserazione tedesca, bensí come
fonte immediata della rivolta. La consapevolezza del corpo di
Artaud era una barriera invalicabilabile dai surrealisti, dei
quali solo uno riuscí a comprenderlo, Robert Desnos, ammazzato
dai nazisti a Theresienstadt e come Artaud appassionato di cinema.
In virtú di ciò per Artaud la rivolta del gruppo
surrealista restava eminentemente letteraria, artistica, mossa
solo da discussioni e querele interne alla cultura. Contro di
essa Artaud stabilí il principio: "Scrivere tutto/la
letteratura è una porcata!", un verdetto che contemplava
anche la scrittura automatica. Lothar Baier in un articolo del
1977 ha giustamente commentato: "Artaud restò solo
con la sua sofferenza, descritta come attacco «fisiologico» diretto
all'anima prigioniera nel suo corpo". ("Artaud
lesen. Notizen bei einer verständnislosen Lektüre", Leggere
Artaud. Appunti di una lettura incomprensiva, da "Akzente" 5,
1977). Il proprio dolore come incarnazione dell'"autolesionismo
di una società che esilia il discordante e il deviante
in quanto anomalia dal concetto di ragione, e spesso lo perseguita,
e include o esclude il diverso con le iniezioni e l'elettroshock.
(Peter von Becker, "Dichter heiligen Wahnsinns", Poeti
di santa follia, da "Die Zeit", nr. 50, 2.12.1977,
pp. 42)
Dal punto di vista odierno, il "caso Artaud" è sintomatico
per le avanguardie del suo tempo, alle prese con un esercizio
di equilibrio nella speranza di ricucire lo strappo tra sogno
e azione, invece di stigmatizzarlo - come fece Artaud - in una
concezione drammatica.
Artaud
in uno sguardo retrospettivo del 1936.
"
Dal 1924 al 1936 ho preso parte al movimento surrealista, sostenendolo
nella sua impetuosità.
Parlerò di ciò nello spirito che allora mi animava,
e voglio tentare di far rivivere per voi quello spirito che voleva
essere blasfemo e scapestrato, la qual cosa di tanto in tanto
gli è pure riuscita.
Ma ficcatevi bene in testa che quello spirito è cosa passata,
appartiene all'anno 1926, e se voi vi mettete a reagire a quello
spirito, state reagendo solo come nell'anno 1926.
Il Surrealismo è sorto dalla disperazione e dal disgusto,
ed è nato sui banchi di scuola.
Ben piú di un movimento letterario, è stata una
rivolta dello spirito, l'urlo degli organi umani, la ribellione
dell'essere contro ogni coercizione.
E innanzitutto contro la coercizione dei padri.
Tutto il movimento surrealista è stato una profonda sollevazione
interiore contro le figure paterne, contro la sempre piú salda
posizione dominante del padre negli usi e nel pensiero... con
la nascita del Surrealismo tutti noi venimmo scossi da una vibrante,
terribile rivolta contro ogni genere di oppressione materiale
o dello spirito: padri, patria, religione, famiglia - non c'era
niente contro cui non ci scagliassimo sprezzanti, niente che
non valesse la pena di essere insultato, con l'anima prima che
con le semplici parole. In quella rivolta era impegnata l'anima,
materialmente impegnata. Nondimeno la rivolta che aggrediva tutto
non fu capace di distruggere niente, o almeno cosí sembrava.
Il segreto del Surrealismo consiste nell'assalto alle cose nel
loro recesso piú segreto.
Il Surrealismo aveva aperto una strada dalla quale si poteva
nuovamente penetrare fino ai recessi piú segreti delle
cose. Come per il dio dei misteri dei cabiri, come per l'Ajin-sof,
il buco vivente dei precipizi della cabbalah, come per il nulla,
il vuoto, il non-essere che inghiotte il niente degli antichi
bramini e vedi, si può dire del Surrealismo quel che non è,
ma se si vuole invece descrivere quello che è, occorre
accontentarsi di elementi approssimativi e immagini, il Surrealismo è un
movimento avvolto da immagini. Attraverso una sorta di congiura
nel vuoto, risveglia a nuova vita ancestrali allegorie." ("Surrealismo
e rivoluzione")
Artaud datò col giorno e l'ora in quella conferenza tenuta
in Messico la sua frattura con il Surrealismo: "Il 10 Dicembre
1926 alle 9 di sera i surrealisti si adunarono nel caffé parigino
Prophète.
Si trattava di stabilire cosa vuole intentare il Surrealismo
di fronte alla rivoluzione sociale che si prepara.
Da quello che era noto del comunismo di matrice marxista, con
il quale ci si voleva alleare, per me la questione non si poneva.
Artaud se ne frega della rivoluzione? si voleva sapere da me.
Della vostra me ne frego, non della mia, risposi io e mi separai
dal Surrealismo, poiché esso era diventato un partito."
2.
L'idea del teatro.
Breton, con il suo rigoroso (e ipocrita, come sosteneva qualcuno
riferendosi alla sua borghesissima passione di collezionista
d'arte) rifiuto per ogni forma di partecipazione alla vita culturale,
aveva bollato i tentativi di Artaud di costituire un proprio
teatro. Da tempo, fin dal suo arrivo a Parigi da Marsiglia nel
1920, Artaud si era fatto un'idea, collaborando con diversi teatri,
attori (tra gli altri con Jean-Louis Barrault, che divenne suo
intimo amico) e registi (soprattutto con Charle Dullin del Théâtre
de l'Atelier), della necessità di un ritorno del teatro
alle sue origini rituali.
In quanto artista era interessato al teatro inteso come uno spazio
integrato nella vita sociale - e non alternativo ad essa - in
cui poter tematizzare e superare la décorporation de la
réalité. Alla perdita di un intenso linguaggio
del corpo in una prassi recitativa dominata dalla "dittatura
del testo" nel teatro francese e piú vastamente europeo,
alla separazione sovraccarica di convenzioni tra palcoscenico
e platea, Artaud opponeva un ponderato e minuzioso lavoro volto
al perfezionamento del linguaggio corporeo. Molto prima della
fondazione del Théâtre Alfred Jarry nel 1927 (insieme
a Roger Vitrac e Robert Aron), Artaud si esercitava nel perfezionamento
funzionale del corpo e dei suoi organi come strumenti di espressione,
facendo riferimento al motto di Meyerhold, secondo il quale al
teatro si arriverebbe attraverso lo sport, cosí come alle
forme rituali del teatro giapponese.
Quel che in Canada e negli Usa, per merito dell'antropologo della
cultura Edward T. Hill e vent'anni piú tardi di Marshall
McLuhan, divenne sotto la denominazione interplay of senses il
fondamento della moderna analisi della comunicazione, partendo
dal presupposto che i mass-media tecnologici si evolvono nella
storia della cultura come extension of mens, venne inserito ante
litteram da Artaud nella sua teoria del linguaggio corporeo applicato
al teatro, definendo in un feedback antropologico d'"unità dei
sensi" la capacità di coordinare tra loro i mezzi
che elaborano l'esperienza. Improvvisazione, ritmica, mimica,
articolazione, onomatopeia, glossolalia, in sostanza la materialità dei
sensi e della lingua, avanzano al centro dell'interesse rispetto
a ogni forma di idealismo semantico: "La pensée se
fait dans la bouche", il pensiero nasce nella bocca.
In una lettera a Max Jakob del 1921 Artaud affermò a proposito
del teatro giapponese: "Noi facciamo teatro con la consapevolezza
del nostro cuore, con le nostre mani, con i nostri piedi, con
tutti i muscoli, tutti i nostri arti. Sentiamo il nostro oggetto,
lo respiriamo, lo ascoltiamo, e non c'è nient'altro, nessun
accessorio. I giapponesi sono i nostri maestri diretti, la nostra
fonte di ispirazione, insieme a Edgar Poe. Entrambi sono degni
di ammirazione."
Il rimando a Edgar Allan Poe, il maestro di un'estetica degli
effetti e di una visione poetica ingegneristica, mostra in quale
tradizione si rifletta Artaud, ovvero nel filone europeo, mediato
in special modo da autori francesi del calibro di Baudelaire,
Mallarmé e Valéry, della tradizione avviata da
E. A. Poe.
Il decennio tra il 1920/21 e il 1931, durante il quale Artaud
trovò una fascinosa conferma alle proprie idee nelle esibizioni
parigine di un gruppo di danza e teatro balinese in occasione
della Fiera Coloniale (!), può essere considerato sicuramente
come una fase incubatoria di rivoluzionarie innovazioni sul piano
estetico, antropologico ed epistemologico, alle quali Artaud
fornirà un proprio contributo personale.
Il loro comun denominatore può essere riscontrato nel
materialismo antropologico, nel senso dato da Walter Benjamin
alla prospettiva che media tra la natura e la storia, ovvero
nell'incrocio del naturale nella storia con lo storico nella
natura. I saggi di Benjamin sul "patrimonio mimetico",
l'antropologia dell'"unità dei sensi" di Helmut
Plessmer e l'"antropologie du geste" di Marcel Jousse
(tuttora completamente ignorata in Germania) demoliscono la costellazione
epistemologica di un simile materialismo antropologico, e in
questa prospettiva si possono inquadrare anche le concezioni
teatrali di Artaud. Sia citato un suo commento sul teatro balinese:
"
Le insolite rappresentazioni del teatro balinese durante la Fiera
Coloniale del Luglio 1931, che hanno avuto uno strepitoso successo,
appartengono secondo la mia opinione anche alla vita teatrale
francese. Esiste effettivamente una curiosa affinità tra
le messe in scena del Théâtre Alfred Jarry e quelle
del teatro balinese. Si potrebbe affermare che entrambe sgorghino
dalle magiche sorgenti del medesimo inconscio primitivo, quel
medesimo inconscio a cui l'Alfred Jarry è giunto grazie
al forte impulso della sua ricerca, e le cui sorgenti il teatro
balinese sembra conoscere grazie alla sua tradizione". ("Les
Tarahumas")
Nella sua raccolta di scritti programmatici "Le théâtre
et son double", uscito per la prima volta nel 1938 per Gallimard,
il testo sul teatro balinese acquista una posizione centrale.
Il termine tecnico "double", originario del linguaggio
cinematografico, riceve una connotazione espressamente magica: "Mentre
il teatro "doppia" la vita, la vita "doppia" il
vero teatro... Il titolo rimanda a tutti i doppiaggi del teatro.
Credo di aver trovato in questi ultimi anni: metafisica, epidemia,
crudeltà. Nella magia, nell'occultismo il "doppio" significa
anche la riproduzione immateriale di una persona o di una cosa".
E Artaud intende la cruauté in tal senso come una forma
di espansione della vitalità: "Io utilizzo la parola
crudeltà nel senso di brama di vivere, inesorabilità cosmica
e implacabile necessità... Il bene è voluto, è il
risultato di un'azione, ma il male esiste in se. Quando il dio
occulto crea, obbedisce alla crudele necessità della creazione,
che viene imposta perfino a lui; non gli è concesso di
non creare." Ad ogni buon conto, con il "Théâtre
de la cruauté" Artaud non intende affatto un teatro
sadico e sanguinoso!
Il teatro è come la peste, poiché: "Nello
stato di degenarazione in cui ci troviamo, bisognerebbe iniettare
la metafisica negli animi attraverso la pelle". Questa prospettiva
corporea rendeva Artaud sicuro del fatto suo, malgrado la mancanza
di successo dei suoi esperimenti al Théâtre Alfred
Jarry. Il viaggio in Irlanda alla ricerca delle tracce della
mitologia dei druidi nel 1937 e quello di un anno prima alla
volta dei Tarahuma del Mexico (passando per Cuba), prima che
nel 1938-39 lo cogliesse la sventura dell'internamento, rappresentano
la versione artaudiana di una fuite en avant, una fuga in avanti.
I "messaggi rivoluzionari" formulati duranti le sue
letture pubbliche messicane sono pietre miliari di una cultura
dell'anti-umanesimo nel senso di Michel Foucault e di una decolonizzazione
dai concetti universalistici del pensiero eurocentrico, che pretende
di imporre a tutti i popoli e a tutte le culture la via senza
ritorno della "modernizzazione", la cui portata e i
cui costi possono essere percepiti appieno solo oggi, nel momento
in cui le visioni e identità filosofiche del mondo sono
in via di esaurimento (seppur ancora virulento), e le eterologie
rivendicano, in quanto "scienze dell'Altro", come ha
affermato lo storico francese Michel de Certeau, la loro impellenza
di fronte alle condizioni del mondo. In tal senso per Artaud "l'espressione «umanesimo» non
significa altro che il commiato dall'uomo". Un segno di
tale "umanesimo" era l'introduzione della scrittura,
che per l'uomo di teatro Artaud significava la cacciata del corporeo
dalla lingua: "Perciò la cultura non è niente
di scritto, perciò Platone afferma che il pensiero è andato
perduto dal momento in cui si è cominciato a trascrivere
il parlato. Se dico che l'autentica cultura non è quella
scritta, parto dal presupposto che al mio sentire la vita si
muove, e la cultura è legata al principio della vita che
si muove. L'Europa capitalista crede alla cultura dei libri,
poiché nella sua anima conservatrice ha una concezione
della vita come qualcosa che non si muove.
Io non credo alla cultura dei libri, non credo alla cultura delle
cose scritte, poiché considero la vita da uomo libero,
libero, ovvero che non intende avere bavagli.
Perciò mi chiedo, che ne sarà dell'idea materialista,
se la scienza al suo ultimo stadio ci insegnerà che non
esiste materia, che ogni forma di vita è energia, e la
materia in tutte le sue svariate forme solo un'espressione di
tale energia" ("Les Tarahumaras")
Partendo da queste premesse, Artaud sviluppa una teoria della
comunicazione teatrale secondo cui il drammaturgo quale creatore
viene sostituito dal regista in quanto operatore e dall'attore
in quanto interprete di una parte attraverso la quale egli "con
la sua vita stessa" esprime il testo. In un saggio sul "Teatro
parigino del dopoguerra" Artaud ha illustrato la sua concezione
del teatro citando come modello gli "organi a colori",
le sperimentazioni del regista Georges Pitoëff e del suo
tecnico delle luci ungherese Salzmann: "Se nel teatro il
testo non è tutto, se anche la luce è un linguaggio,
ciò significa che il teatro contiene l'idea di un altro
linguaggio, che fa uso del testo, della gestualità, del
movimento, del rumore. Si tratta della parola, della parola segreta
che non può venire tradotta in nessuna lingua. In certo
qual modo si tratta della lingua perduta dopo il crollo di Babele.
Quella lingua, quella lingua perduta, quasi come un arcaico delirio,
quella vertiginosa utopia alcune persone in Francia credono di
averla ritrovata nel teatro... Nell'ambito della rappresentazione,
le innovazioni di Pitoëff riguardano le luci e l'atmosfera...
Una luce che non brilla e da cui sembra provenire un forte odore,
dietro a ciò risiede, pensavo, uno spirito raro... "È stato
Salzmann", mi venne riferito, "a inventare lo stile
delle luci che ti hanno cosí colpito".
"
Lo ritiene possibile", mi risponde, "gli idioti non
hanno assolutamente afferrato che quella luce è sensibilità,
che non esiste luce senza sensibilità?"
E abbiamo parlato per piú di tre ore mentre camminavamo
in una terribile notte di febbraio da Place de l'Alma fino alla
Gare Saint-Lazare...
Per Salzmann non esistevano altro che idioti. In testa all'umanità di
oggi la vita era ormai solo un concetto nebuloso. E la gente
di teatro era particolarmente stupida... "Quella luce oscura
che L'ha cosí affascinata", mi disse "risulta
loro troppo oscura. E ciò perché essi non hanno
ancora sviluppato alcun concetto superiore ai cinque sensi, olfatto,
gusto, tatto, vista e udito. Come se il teatro non avesse la
funzione di andare oltre il mondo dei sensi. La vita dei sensi
la viviamo tutti i giorni. Se il teatro non ci servisse ad andare
oltre noi stessi, che senso avrebbe allora il tutto!..."
"
Salzmann è morto l'anno scorso in Svizzera di un tumore
alla gola. Da allora tuttavia abbiamo continuato ad assistere
a illuminazioni teatrali nello stile di Salzmann, e a un certo
modo di utilizzare le luci come se si suonasse un organo a colori.
Quel che uno ritrova nelle luci di Louis Jouvets può essere
direttamente ricondotto alle idee di Salzmann." ("Les
Tarahumaras")
La funzione terapeutica del teatro, che unisce insieme fattori
magici e tecnici, era per Artaud un'"azione sacra" dagli
scopi rivoluzionari: "Per questo motivo non esiste migliore
strumento del teatro per la rivoluzione, e proprio attraverso
il teatro, attraverso un'arma cosí terribile e disgregante,
ogni governo rivoluzionario lungimirante consolida e dirige la
sua rivoluzione." Queste parole facevano riferimento al
governo messicano di Cárdenas, che a suo tempo si alleò con
gli artisti rivoluzionari e trovò legittimazione attraverso
le loro opere.
traduzione
di Antonello Piana
Precedente
Successivo
GEGNER
- L'AVVERSARIO
Copertina
|