ARTAUD


Karl-Heinz Barck


è un caso di emergenza e di disturbo
ovvero frammenti della lettura contro il mito Artaud

(À la mémoire de Heiner Müller et de Ruth Berlau)

I. "Nello smog dei media" e nelle borse del mercato d'arte nascono le leggende

"La mia vita ha sempre avuto un'aurea oscura", sapeva Artaud. Un anno prima della sua morte nel febbraio del 1948, dopo il rilascio dalla clinica psichiatrica di Rodez, nel sud della Francia, dove lo avevano portato gli amici in seguito all'occupazione del paese da parte della Wehrmacht nel giugno del 1940, dunque dopo la liberazione da nove anni di internamento, durante i quali "si vollero cancellare 1000 anni della mia memoria" con l'elettroshock, Antonin Artaud tenne il 13 gennaio del 1947 nel parigino Théâtre du Viex Colombier una conferenza annunciata come tête-à-tête con il pubblico, e rimasta fino ad oggi ammantata di leggende e punti oscuri.
Solo da poco, ovvero dal 1994, la conferenza e le circostanze della sua genesi, riguardo alle quali all'epoca circolarono solo resoconti sulla stampa o da parte dei presenti, possono essere documentate da Artaud stesso attraverso i suoi testi preparatori, nel volume ventisei dell'edizione Gallimard delle opere complete. Sui retroscena che dilungarono la pubblicazione di quei testi tanto attesi ha riferito Philippe Sollers nell'estate del 1994 in una lunga conversazione con Renate Bauer, pubblicata dalla rivista berlinese Paragrana. Philippe Sollers afferma tra l'altro: "Per comprendere lo stato attuale della questione, credo sia essenziale sottolineare come l'interesse per Artaud venga misurato principalmente dal valore materiale della sua opera. Il mio romanzo del 1991 "La fête à Venise" (La festa a Venezia) si confronta in un lungo passaggio con l'attuale fenomeno secondo cui sono gli stessi manoscritti ad acquistare, per cosí dire, un valore di mercato. Questo dice molto su una nuova epoca in cui non conta piú ciò che uno ha detto o scritto, né l'immagine dell'autore che deriva dalle sue parole, bensí esclusivamente il riscontro economico ricavabile dalla quantità di carta. Anche i disegni di Artaud non fanno eccezione... Uno dei suoi taccuni - Artaud scriveva su taccuini - era stato assicurato per 400.000 franchi ed è stato rubato dal Beaubourg. Si presume che la compagnia assicurativa abbia pagato. Ora che Paule Thévenin [la curatrice ed editrice del lascito postumo di Artaud deceduta nell'autunno del 1993] ha lasciato tutti i manoscritti alla Bibliothèque Nationale, ci possiamo fare un'idea del valore complessivo dei taccuini inediti, che sono in numero di 406. Se si moltiplicano 400.000 franchi per 400 si arriva, se ho calcolato bene, a una cifra di 160 milioni di franchi, ovvero 16 miliardi di centesimi, una bella sommetta, non è vero? Corrisponde pressapoco al sedici per cento del capitale sociale di Gallimard. Questa sorta di asta avviene a prescindere da quel che Artaud dice o non dice...
Simili cifre sono indicative di una situazione storica mutata, ma proprio da queste cifre occorre partire oggi, se si vuol capire ciò che Artaud aveva effettivamente previsto e messo su carta.
Bene, dunque ora abbiamo tutte queste molteplici varianti: Artaud come figura mitica del Surrealismo, successivamente anche del teatro e della psichiatria, fino a diventare leggenda universitario-filosofica. Artaud era effettivamente un po' di tutto questo. Cosí si snoda una lunga storia che inizia nel 1920 e finisce nel 1990 o nel 1991. E dietro le apparenze, su cosa ruota tutta questa storia? Intorno a un conflitto al cui centro, in fin dei conti, sta il plusvalore delle tracce materiali su un manoscritto. E io credo che questo plusvalore sia stato anche la causa del risveglio della famiglia Artaud, nelle persone dei due nipoti, la quale prima d'allora non aveva mai dimostrato interesse a quelle che considerava le stramberie di un pazzo blasfemo. E improvvisamente il conflitto acquista una nuova dimensione, si pretende la verifica del passaggio di proprietà dei manoscritti. Ma in verità è chiaro che ne va solo del profitto, del plusvalore che i manoscritti hanno acquistato col passare degli anni. Per avere un'idea, si immagini che Sua bisnnonna abbia posseduto due quadri di Van Gogh che considerava croste insignificanti, e improvvisamente Lei ha l'impressione di sedere su un giacimento di petrolio. Può capire cosí la madornale differenza che esiste tra il Suo giudizio e quello di Sua bisnonna riguardo al valore dei quadri. In proporzione si tratta di quello che è accaduto con i taccuini di Artaud." (Paragrana, vol. 4/1995, nr. 1, pp. 12-13)
Il "caso d'emergenza" Artaud va protetto dalla commercializzazione. Siamo tenuti a leggere attentamente i testi di Artaud senza sminuire la singolare biografia di un autore che come Lautréamont ha lavorato alla scomparsa dell'autore in quanto soggetto borghese. Se con l'edizione delle opere disponiamo ora di un elemento essenziale per confrontarci con l'eredità di Artaud, dobbiamo innanzitutto anche domandarci se siamo davvero intenzionati (e capaci) di raccogliere la sfida che il deragliamento di Artaud dai tradizionali binari di pensiero ci lancia.
Le conseguenze dell'anarchia disciplinata di Artaud, che vanno oltre il teatro quale terreno privilegiato (ma non esclusivo) della sua produzione artistica, non vennero recepite quasi per niente in Francia o all'estero fino agli anni Sessanta, né avrebbero potuto esserlo nel contesto di un'arte concettuale e fondamentalmente politicizzata. A cavallo degli anni Sessanta perfino un critico della risma di Maurice Blanchot dovette ammettere: "Non siamo ancora in grado di aprirci al destino di Artaud come sarebbe necessario" (da "La cruelle raison poétique"). Da allora, a partire piú o meno dagli anni Settanta, la situazione è mutata. Con il Living Theatre e Grotowski il teatro ha scoperto Artaud quale rivoluzionario del linguaggio corporeo. A metà degli anni Sessanta era stato il 36enne Jacques Derrida il primo a commentare l'uscita dei primi sei volumi dell'opera di Artaud, riconoscendo il luogo storico delle concezioni teatrali di Artaud nell'uscita, la clôture, dalle epoche di rappresentazione estetica, ovvero il radicale congedo da una prassi artistica e teatrale orientata sui binomi modello/riproduzione e trasposizione/rappresentanza, nelle cui strutture è sempre iscritta una relazione di dominio (Le théâtre de la cruauté et la clôture de la représentation, in Critique, nr. 230/1966).
Venti anni piú tardi Derrida ha scritto un ampio saggio dal titolo "Forcener le subjectile. Études pour les dessins et portraits d'Antonin Artaud" per il volume "Antonin Artaud: Zeichnungen und Portraits" (Antonin Artaud: disegni e ritratti), curato dallo stesso Derrida insieme a Paule Thévenin per l'editore Schirmer/Mosel.
Già nel 1958 Pierre Boulet in un breve saggio sul rapporto tra suono e parola, ton et verbe, applicato alla melopea, aveva attirato l'attenzione sullo stile recitativo delle allocuzioni di Artaud, definendole esemplari per "una fusione di suono e parola" incentrata sulla valenza materiale del fonema indipendentemente dal suo valore semantico. Secondo Boulet, Artaud dimostra come l'incarnazione dei testi in "urla, rumori, ritmi" possa riuscire a "organizzare il delirio". (Pierre Boulet, "Relevés d'apprenti", Parigi 1966, pp. 62)
In Germania, accanto all'editore berlinese Karl-Henssel, è stata soprattutto la casa editrice di Monaco Rogner & Bernhard ad avere il merito di divulgare le opere di Artaud: si veda per esempio Bernd Mattheus, jede wahre sprache ist unverständlich. über antonin artaud und andere texte zur sprache veränderten bewußtseins (tutte le lingue vere sono incomprensibili. su antonin artaud e altri testi della conoscenza trasformata in linguaggio), 1977.
Un vero e proprio evento fu nel 1977 la pubblicazione dell'antologia "Stücke der 20er Jahre" (Drammi degli anni Venti), uscita per Suhrkamp a cura di Wolfgang Storch, che conteneva la prima traduzione tedesca di un dramma di Artaud: "Der Blutstrahl", orig."Le jet de sang" (Il fiotto di sangue), trad. di D. Hülsmanns e R. Reske. Si tratta del pastiche di un dramma di Armand Salacrou che Artaud inserí nel 1925 all'interno della sua prima pubblicazione, il volume "L'ombilic des limbes". L'edizione di Storch e il testo di Artaud ispirarono la visione che Heiner Müller scrisse per il volume:
" Artaud, il linguaggio della tortura. Scrivere a partire dall'esperienza che i capolavori sono complici del potere. Pensare la fine dell'Illuminismo, che era cominciata con la morte di Dio, l'Illuminismo come bara in cui è stato seppellito, imputridendo insieme al cadavere. La vita, rinchiusa in quella bara.
IL PENSIERO È UNO DEI PIÚ GRANDI DIVERTIMENTI DELLA RAZZA UMANA, mette Brecht in bocca a Galilei, prima che gli vengano mostrati gli strumenti. Il fulmine che ha scisso la coscienza di Artaud è stata l'esperienza nietschiana che potrebbe essere l'ultima. Artaud è il caso di emergenza. Ha strappato la letteratura alla polizia, il teatro alla medicina. Sotto il sole della sofferenza, che illumina contemporaneamente tutti i continenti di questo pianeta, fioriscono i suoi testi. Letti sulle macerie dell'Europa, diventeranno classici".

Per Heiner Müller, che negli anni Ottanta comincerà le prove per la sua messinscena dell'"Amleto" al Deutsches Theater leggendo agli attori dal "Teatro della crudeltà", Artaud era la "grande avaria", che voleva/poteva restituire al teatro la sua funzione vitale andata perduta.

 

Traduzione di Antonello Piana







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