"L'ultimo pericolo è quello del conformismo: cercare di
piacere alla maggioranza, essere in sintonia con il consenso è una forma di suicidio
letterario." JMM
IL GRANDE AVVENIMENTO
I bambini erano disperati. Hanno pianto un sacco quando
mia moglie è entrata in salotto e ha staccato il videogame dalla televisione. Mentre lei
cercava un telegiornale con le ultime notizie sulla caduta del Muro di Berlino, i bambini
puntavano minacciosamente nel vuoto le pistole (un regalo di Natale), visto che i loro
bersagli scintillanti si erano spenti. Il più piccolo si è buttato sul pavimento a
pancia in su, urlando e dando calci al bracciolo del divano.
Cera ancora il telegiornale economico, e un giornalista dai capelli dargento e
dalla voce tranquilla e impostata faceva previsioni catastrofiche sul recente, violento
rincrudimento dellinflazione. Il telefono ha squillato. Ho interrotto la lettura di
una relazione e mi sono alzato dalla poltrona per rispondere. Era Ruth, la bigliettaia
dello Zoo. Ho chiesto a mia moglie di abbassare il volume della televisione. Sentendosi in
parte vendicati, i bambini si sono calmati.
Come capo del reparto veterinario dello Zoo di Rio de Janeiro, dove lavoro da undici anni,
ho assunto lincarico di occuparni della sopravvivenza e della riproduzione in
cattività di alcune specie animali minacciate destinzione, quasi tutte della fauna
sudamericana. Con le poche risorse che abbiamo ottenuto per questa attività, ritenuta
superflua in un paese in crisi, ho cercato di incentivare le ricerche di un gruppo di
giovani biologi e di intensificare gli scambi desemplari con altri zoo del paese e
dellestero. Abbiamo avuto successo con alcune specie di scimmie e di uccelli, che a
poco a poco sono state restituite al loro habitat naturale, in riserve che purtroppo non
garantiscono ancora molta sicurezza. Tuttavia, il caso più delicato e più drammatico, e
che ho trasformato in un problema personale, il caso del lupo guará, il più grande e il
più bello dei canidi selvaggi brasiliani, è stato un completo fallimento. In verità,
fin dallinizio sapevo che era un caso disperato. Quando ho ricevuto lincarico,
erano rimasti solo quattro esemplari in tutto il paese, e molto probabilmente in tutto il
mondo. Una femmina nello Zoo di Belo Horizonte, unaltra a Porto Alegre e una coppia
qui a Rio. Da qualche anno non abbiamo più notizie su esemplari allo stato brado.
I guará sono lunghi circa centossessanta centimetri, coda compresa. Hanno il manto
dorato, più scuro sul dorso e sul muso, una macchia bianca intorno al collo e le zampe
nere, lunghe ed eleganti come quelle dei levrieri. Nelle pampas e nel cerrado,
per secoli luomo li ha spietatamente cacciati per farne pellicce, con il pretesto di
difendere pecore e galline dai loro attacchi, o anche senza nessun pretesto, per puro
sport. I pochi superstiti si sono sempre rifiutati di riprodursi in cattività.
Abbiamo iniziato allora la nostra ingrata corsa contro il tempo, ma linvecchiamento
degli esemplari, insieme con uninspiegabile mancanza di fortuna, ci ha lasciati
senza alternative. La femmina che era a Belo Horizonte è morta soffocata da un sacchetto
di plastica, gettato da alcuni bambini nonostante i divieti. Ho chiesto di far venire
laltra femmina da Porto Alegre, pensando già allipotesi estrema
dellinseminazione artificiale, per la quale avrei dovuto utilizzare quasi tutti i
fondi del bilancio annuale. La femmina ha sofferto per il viaggio e nonostante tutte le
precauzioni, è arrivata indebolita, malata. È morta dopo qualche giorno, benché
avessimo attuato una terapia intensiva, della quale mi sono occupato personalmente.
I guará sono animali molto intelligenti e, anche se ogni morte ha le sue cause
specifiche, non posso non pensare che si comportino come se avessero rinunciato alla vita,
come se riconoscessero limpossibilità della conservazione della specie a questo
punto dellesistenza del pianeta. Si lasciano morire discretamente e respingono la
riproduzione.
Avevo ancora la mia coppia di Rio. Avevo preso labitudine di passare delle ore ad
osservare la passività e la tristezza dei guará nel recinto, provando ad immaginare cosa
avrebbero fatto allo stato libero, mentre cercavano le prede nelle paludi durante la
notte, accerchiando i nandù e i cervi, allattando i cuccioli. Immaginavo un branco di
guará riuniti sotto un albero, a fare una serenata dululati, come se chiedessero ai
frutti di cadere. E vedevo me stesso lì, dallaltro lato del recinto, recitare
malvolentieri il ruolo di un dio incompetente. Homo sapiens e Chrysocyon
brachyurus. Le nostre due specie sono forse incompatibili sulla Terra? E qual è il
senso di quel recinto millenario?
Il maschio era già anziano e dopo una notte di pioggia lo abbiamo trovato morto, vicino
allabbeveratoio. Quando sono andato a raccogliere il corpo per lautopsia, la
femmina lo stava annusando, con la criniera nera rizzata, per congedarsi dal compagno. Ho
accarezzato la sua testa e ho pianto in ginocchio con le labbra contratte. Un custode mi
ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto che la femmina poteva attaccarmi: sapevo che
non sarebbe successo, ma mi sono alzato e lho seguito fuori, mentre portava
lanimale morto fra le braccia.
Questo è accaduto due mesi fa. La bigliettaia dello Zoo mi stava telefonando dalla casa
della sua vicina su richiesta del guardiano, per riferirmi un messaggio che non aveva
bisogno di spiegazioni. "Dottore, Severino mi ha chiesto di chiamarla per dirle che
il cane vomita di nuovo". Il guardiano non mi avrebbe fatto chiamare a casa se non
avesse capito che era la fine.
Ho detto a mia moglie che dovevo uscire. Lei ha alzato il volume della televisione. Dalla
camera, mentre mi infilavo la camicia, sentivo la voce del giornalista che annunciava
"il più grande avvenimento del secolo", "una nuova era di libertà per
lumanità", "la demolizione del più grande simbolo
dellintolleranza", e via dicendo. Ero già sulla porta quando il piccolo mi è
venuto davanti puntandomi addosso la pistola. Sono riuscito a vedere di sfuggita
limmagine di un uomo che pedalava in bicicletta sulle macerie del muro, mentre altri
colpivano il cemento armato a martellate, tra spruzzi di spumante, davanti alla folla
euforica. Senza distogliere lo sguardo dallo schermo, mia moglie mi ha chiesto di non
svegliarla al mio rientro.
Ho chiuso piano la portiera della macchina. Mi sono seduto al volante e ho respirato
profondamente una, due volte, prima di girare la chiave. Cosera veramente
quellorrenda missione che sembrava poggiare il peso del mondo sulle mie spalle?
Perché proprio io ero stato scelto per assistere da solo alla perdita più definitiva di
tutte? Come trovare le forze per seguire con gli occhi impotenti una cosa più grande e
più tragica di quanto la ragione potesse concepire? E come doveva comportarsi un
testimone dellimpensabile? Allora ho abbassato i finestrini della macchina, ho
girato la chiave, ho acceso i fanali e ho messo la prima. Così. Una cosa per volta.
Lucca, agosto 1997
Julio Monteiro Martins
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