DUE POESIE


Tomaso Pieragnolo





NICARAGUA – SUL CONFINE

Saliva nei tuoi occhi l'estensione
di un nome che la terra tratteneva,
l'aperto calore delle acque culminate
nella leggerezza della distanza,
il fuoco trattenuto dei vulcani
che fugava dai fiori la rugiada,
l'alba riunita sulla fronte delle madri
che si immergevano nel fiume,
l'orizzonte come una nuvola strisciata
sopra la linea nuda di una goccia
e quella goccia sola
era la mia bocca che ti baciava.
Amica mia, donna d'acqua, o costiera
dove attendere un giorno senza età,
fessura nel legno tardivo
dove mesi pazienti aumentarono
il miele dell'amore a ore ed ore
nella notte impassibile del bosco;
quando torneremo, un giorno,
dove siamo già nati,
saprai che il nostro mondo
è un rovescio di medaglie,
che un tempo più perfetto non esiste
e che i ricordi sono pesci negli acquari,
che un fiore tra i capelli può volare
se i giorni custoditi non si appurano;
saprai che gli universi sono millimetri,
che il tuo nome appartiene a tutto il mondo
e che l'amore resta un dono possibile
se una forte giogaia lo sostiene.
Saprai, quel giorno, forse tutto e forse niente
e come infine ci arrendemmo
nell'acqua interminabile di un bacio.


IL TRENO CHE NON GIUNGE

Fugge un rettile di scaglie ferrose
strisciato su rotaie interminate,
soffiando sommersi reami
che un tempo furono comete
nell'arco delle aperte praterie,
portandosi un gregge di nomi crudi
che mai appresero a parlare,
ad esser microbi delle miniere,
bestie aggiogate nelle piantagioni;
ma questo treno che non giunge,
che non parte, che più non viaggia
dove l'attendono irti ricordi
alla lotta del puro sole irreparati,
ipnotici meticci all'orizzonte
come severe statue conficcate,
donne dense con figli e polli
ulle schiene fibrose come tronchi,
bimbi che giocarono nudi,
legnose stazioni che marcirono
sotto l'acqua di secoli ellittici
e vecchi accovacciati sulle scarpe
che prestarono al vento puntuali
le loro orecchie rosicchiate
accogliendo fragori d'altre terre,
cani randagi, rugosi e insolenti,
compagni di provvisori padroni
nell'orma di binari ingurgitati,
fino a che il giorno iniquo non travagli
e nuvole inferme sciolgano
arcoiris come pesci lucidi
nell'ora dell'arbitrio quotidiano
di questo treno che non giunge,
che non parte, che più non viaggia,
che anche noi attendemmo arresi
nella moltitudine silenziosa
di questa essenziale solitudine.

 

(traduzione dell'autore)



In lingua originale:

NICARAGUA – EN EL CONFÍN

Subía en tus ojos la extensión
de un nombre que la tierra retenía,
el abierto calor de las aguas culminadas
en la ligereza de la distancia,
el fuego retenido de los volcanes
que ahuyentaba de las flores el rocío,
el alba reunida en la frente de las madres
que se hundían en el río,
el horizonte como una nube rozada
sobre la línea desnuda de una gota
y aquella gota sola
era mi boca que te besaba.
Amiga mía, mujer de agua, o costa
donde aguardar un día sin edad,
hendidura en la madera tardía
donde meses pacientes aumentaron
la miel del amor de hora en hora
en la noche impasible del bosque;
cuando volveremos, un día,
donde ya hemos nacido,
sabrás que nuestro mundo
es un reverso de medallas,
que un tiempo más perfecto no existe
y que los recuerdos son peces en los acuarios,
que una flor entre los cabellos puede volar
si los días guardados no se aclaran;
sabrás que los universos son milímetros,
que tu nombre pertenece a todo el mundo
y que el amor permanece un don posible
si una fuerte cordillera lo sostiene.
Sabrás, aquel día, tal vez todo y tal vez nada
y como por fin nos rendimos
en el agua interminable de un beso.


EL TREN QUE NUNCA LLEGA

Huye un reptil de escamas ferrosas
rozando sobre rieles interminables,
soplando sumergidos reinos
que un tiempo fueron cometas
en el arco de las abiertas praderas,
llevándose un rebaño de nombres crudos
que nunca aprendieron a hablar,
a ser microbios de las minas,
bestias enyugadas en las plantaciones;
pero este tren que nunca llega,
que no parte, que no viaja más
donde lo esperan hirsutos recuerdos
a la lucha del puro sol irreparados,
hipnóticos mestizos al horizonte
como severas estatuas hincadas,
mujeres densas con hijos y pollos
en las espaldas fibrosas como troncos,
niños que jugaron desnudos,
leñosas estaciones que se pudrieron
bajo el agua de siglos elípticos
y viejos acurrucados en los zapatos
que prestaron al viento puntuales
sus orejas carcomidas
acogiendo fragores de otras tierras,
perros vagabundos, rugosos e insolentes,
compañeros de provisionales patrones
en la huella de rieles ingurgitados,
hasta que el día inicuo no aflija
y nubes enfermas deshagan
arco iris como peces lucientes
en la hora del arbitrio cotidiano
de este tren que nunca llega,
que no parte, que no viaja más,
que también nosotros esperamos rendidos
en la multitud silenciosa
de esta esencial soledad.


(Poesie scritte originalmente in Spagnolo e tratte dal libro “Poesía escogida” di Tomaso Pieragnolo, pubblicato da Fundación Casa de Poesía y Editorial de la Universidad de Costa Rica nel 2009.)






Tomaso Pieragnolo è nato a Padova nel 1965. Poeta e traduttore di poeti latinoamericani, vive e lavora tra Italia e Costa Rica.



Pubblicazioni e notizie:
1985 - Il silenzio del cuore - Poesie
1987 - La lunga notte - Poesie
2002 - Lettere lungo la strada - Poesie - (Secondo al Premio Città di Marineo, segnalato al Premio Gozzano di Belgirate, incluso nelle rose finali di alcuni noti premi nazionali)
2005 - L'oceano e altri giorni - Poesie - (finalista Libero de Libero, vincitore Premio Minturnae Giovani, finalista Premio Gozzano di Belgirate e Ultima Frontiera di Volterra, incluso nelle rose finali di alcuni noti premi nazionali)
2009 – Poesía escogida (in spagnolo), Editorial de la Universidad de Costa Rica e Fundación Casa de Poesía.
2009 – Partecipazione al Festival Internacional de Poesía de Granada, Nicaragua.
2009 – Partecipazione al Festival Internacional de Poesía de Costa Rica.
2009 – Cura e traduzione della raccolta “Questo è il bosco e altre poesie” di Eunice Odio, Edizioni Via del Vento.






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