RITRATTO DELL'ETERNO DA GIOVANE

Daniele Contavalli


Un'immagine presa di Domenica, un giorno di per se propizio.
Parlavamo con Titti, entrambi concentrati su ogni cosa fosse uomo e donna; vicino c'erano tante coppie come noi.
La luce, perfetta, poteva essere del tramonto come dell'alba.
Anche lei ha visto quei crocchi di persone e la luce radente che ce li mostrava beati.
Tanti crocchi di gente come quello dove mi trovo ora, in una scuola qui vicino Bologna, mentre sto aspettando Abbas Kiarostami.
Anche adesso, socchiudendo gli occhi posso sognare, vedere una bella pianura levigata, edulcorata e carezzata in alto dai fasci luminosi di una luce superiore, che cade a picco su tanti gruppi di gente nuda e felice, con gran sorrisi nei bei volti. Riconosco una fanciulla danzante fra molte figure, porta tra i suoi boccoli biondi, gigli, rose e violette del pensiero.
E' ben fatta, sorride correndo e saltellando un naturale girotondo. Guardandomi è paga della sua giovinezza.
La pianura disegna un cerchio rosa intorno a quella danza che non è frenetica. Lo spazio permette leggere scorribande di piccoli insiemi felici; ci si muove come il pulsare di un cuore, intorno un silenzio beato e un oscurità d'amore, di un sentimento ardente ed ospitale. E' un desiderio di pace, di paradiso in cui gli esseri s'incontrano per amare.
Non vedo quella scena di danza come orgia, anche se è presente una certa sensualità, ed una nudità che è svelamento dell'essere nel sorriso della fanciulla, nel suo appartenere a tutti.
Oscurità e silenzio intorno non sono maligni, ma caldi e accoglienti. La quiete buia è mattone che giustifica, nutre il centro, il luogo del movimento della danza.
Anche a Titty quel giorno avevo detto quello che ora vivo e, mentre le parlavo, raccontavo tutto questo come fosse un gran segreto che si lasciava vedere con chiarezza solo in quell'istante.
La gente sta seduta, tranquilla e festosa con molta buona pace, molta gioia, molta vita, la stessa per tutti, abbondante.
E' impressionante come sempre ricerco, attraverso l'arte, quella stessa idea e come viva per ritrovarla e tornarvi. Veniamo da quel prato e da quei beati crocchi; ogni Fede tenta, riprova quel primigenio gruppo placido sapendo che fuori di esso non c'è vita.
Non è apparizione che abbia necessità d'essere politica, ideologica o di parte; è pura uguaglianza nel rispetto del singolo essere.

Amo il Cinema che parla di quest'immagine.
L'ingresso della scuola era gremita di gente in attesa, poi ineluttabile, è arrivato Abbas Kiarostami.
Abbas nasce come pittore, grafico e pubblicitario, insegnante e, come tale, a avuto a che fare con i bambini; l'incontro con loro è nato casualmente in un istituto; lì ha ritrovato la sua fanciullezza e modificato il suo rapporto con quell'età e per conseguenza con quella adulta.
I bambini sono più forti, più sani, comprendono meglio il significato della vita, piccoli mistici senza passato o futuro, di fronte alla morte hanno un rapporto vantaggioso, senza tragedia.
Noi abbiamo le informazioni e non la salute, crescendo perdiamo le nostre ali, mentre loro hanno la salute ma non le informazioni. Possiedono una sola legge, se gli chiedi di recitare non lo fanno.
Un bambino è come M. Brando, è un attore per cui avere il massimo rispetto, ed è come lavorare con un gatto, ci vuole psicologia sottile ed amicizia. Il fatto che un bambino piange realmente per una scena è un evento che accade molte volte prima e dopo quella scena. Quando un bambino recita bene vuol dire che ha vissuto il film.
La vita d'altronde è un film fatto male, dobbiamo migliorarlo. Si crea solo con dei limiti, superarli crea cose buone; il problema affrontato diviene proposta. Se l'acqua che sgorga trova la pietra, meglio permettere all'acqua di andarci intorno: è un evento naturale che va accettato.
Il Regista non deve restare ancorato alla sua ideologia, solo così avrà più scelte.
Le resistenze dell'altro (ATTESE), celano la presenza di vie nuove. Gli eventi spontanei sono fatti vivi e vari cui dare la massima attenzione.
Nulla per lui è definitivo da prima. La sceneggiatura è stoffa che cambia di giorno in giorno sul set. Ogni sceneggiatura è un'idea geniale, non la riscrive tuttavia sette volte. Non fa mai cinema fiction appositamente prodotto. Un personaggio di una sceneggiatura nasce da una o due persone che conosce, poi cerca di farlo evolvere racchiudendolo in un essere vicino alla sua fantasia; modifica rispetto a quel personaggio la sceneggiatura, misto tra le sue idee iniziali e quelle delle persone che conosce.
Non sapendo chi abbia scritto la sceneggiatura, si hanno dei "non attesi" che divengono dei "non registi", questi pur non conoscendo l'idea, percepiscono i limiti di campo e sul set non possono essere facilmente confinati. Il resto della troupe si limita in cambio della libertà dell'attore; spesso sono anche un po' contrariati (fonici, operatori ecc.ecc.).
Quando si gira non c'è mai un'equipe professionale; il professionista fa quello che gli si dice, il non professionista no, se questi non obbedisce ha sbagliato il regista e deve cambiare battuta, dunque il non professionista può darti dell'ingegnere senza capire chi sei, in ciò la sua forza e bellezza.
Usa la musica solo nel finale. Non ha mai usato colonna sonora per film, rende tutto troppo sentimentale, sceglie musica classica perché appartiene all'umanità intera, non ha padroni.
Non va a girare, ma registra dei suoni e porta per sbaglio una cinepresa, ciò dimostra comunque come il suono è importante per lui. In un film all'aria aperta è bene avere molti fiati o archi. L'oboe può alludere tanto al lutto, quanto alla festa, così almeno in Iran.
Le donne e la musica fuggono dal suo Cinema. Forse nel prossimo film queste cose saranno la cosa centrale, sono entrambe cose da amare.
Le cose morte sono estranee se spostate altrove. Così gli attori devono essere sul luogo, lì vengono fatte delle modifiche.

L'albero dell'ulivo è molto resistente, è sacro e si giura su di lui. Per questo lo ha scelto e proposto spesso. Durante il terremoto in Iran sono caduti tutti gli alberi, non gli ulivi.

Abbas continua a dire le sue ricchezze senza fretta, è uno strano tipo di professionista, religioso nel suo modo di esporre e di prendere il tempo come fosse suo, è un beato nell'accezione più alta.
Un problema con cui fa i conti è il concetto del tempo.
Quanto è lungo un minuto. Quanto è corto un minuto. Con un solo gesto si può fare una dichiarazione di quello che si è.
L'attore de - la vita continua - sa soltanto dopo il perché del percorso fatto; l'attore di questo film era un conoscente che aveva la faccia adatta, non sapeva guidare la macchina e non lo ha detto che tre giorni prima dell'inizio delle riprese del film, mentre Kiarostami era intenzionato a fare un Drive Movie; quindi si è trovato di fronte al fatto che oramai non poteva più cambiare faccia. Kiarostami gli ha detto di esercitarsi un po' con l'automobile. Come continuare il film?………….due o tre della troupe, spingevano la macchina.
Tutto ciò va in dissonanza con il modo comunemente concesso di fare Cinema, perlomeno com'è avvertito dalla gente; il pubblico ha bisogno dello star system. E' un gioco in cui ognuno ha una parte e la gente si presta al gioco.
Era lui quello che era guardato dal pubblico a Venezia, gli sguardi delle persone erano forti e precisi, stavano lì ad aspettarlo da ore sotto il sole. Li ha fotografati come loro fotografavano lui. Una coppia di settantenni erano lì per vedere una cosa creata da loro. C'è un altro cinema, il suo, in cui la gente vuole le sue facce vere, non può mettersi in concorrenza con l'altro. Comunque questa fascinazione fa parte della nostra vita.

Quando cerca attori e la location, è il momento più bello; durante le riprese diviene un operaio di se stesso, subentra la responsabilità più dell'amore, specie quando non sopravviene la scoperta del nuovo.
Il film alla fine della ripresa è molto più completo di quello che esce dal montaggio, questo anche se non nega ogni fase della costruzione del film. Il tavolo del montaggio è una camera operatoria dove non c'è quasi mai una buona atmosfera, è la fase peggiore del film.
Tutte le idee arrivano con la vita, se non si è fermi c'è solo produzione.
La mattina successiva ho visto " La casa del mio amico". La parte finale del film è uno dei più bei notturni realizzato in questo secolo.
L'uso della finestra, della decorazione, della trasparenza sui muri delle finestre colorate è l'azione filmica di un grande pittore.
Cos'è la pittura per Abbas Kiarostami? E' una possibilità in più il cinema, o la pittura acquista una possibilità in più tramite lo schermo?
Queste domande mi vengono guardando il bambino correre per stradine, scale e rampe di terra in un'oscura e calda borgata persiana.
Tutte queste considerazioni mentre il fanciullo cammina con il vecchio uomo, con questo vecchio Padre Dio che lo conduce nella notte.
Adesso aspetto Kiarostami per l'ultimo incontro, con me una trentina di persone alle due del pomeriggio.
L'idea della difficoltà del si o no da dire per superare il problema dell'immagine fissa e dell'immagine in movimento mi tormentano. Fin dove legano i problemi pittorici e quelli filmici per creare un linguaggio unico?
E ora arriviamo all'incontro vero e proprio.
Abbas porta una borsa e occhiali neri su una lunga fronte aperta, un piano chiaro su cui posano molti capelli. Porta gli occhiali anche durante l'incontro su un bel sorriso ampio e disponibile.

Da una visione di macerie si deve decidere che cosa si estrarrà de esse, ad esempio i cuscini di "La vita continua" sono elemento importante in quanto, quei cuscini, alludono alla vita e perciò sono molto colorati, sono oggetti trovati sul posto, impregnati di quella realtà.
"Nella casa del mio amico", il blu e il verde, il viola, sono molto forti, fanno parte della vita reale di quella gente; corredo, attori, colori, tutto deve essere trovato lì; il blu del trattore con intorno i bambini è tipico di quei posti. La porta della casa è blu e il blu è presente nella poesia del Poeta cui il film è dedicato, il blu allude all'idea della pulizia.
Una scena può essere fatta solo per permettere l'epifania di un gesto importante, di un'azione risolutiva, è talmente fondamentale la luce che senza di lei non esisteremmo. Ogni singolo colore è uno specchio della fantasia del regista e dello spettatore, una processo reso possibile dal fatto che Kiarostami non ha scenografo; la verità della scena propone la verità dei colori che fanno parte di quel luogo preciso, non sono portati appositamente, ma trovati. In un terreno non squadrato si arriva ad un nuovo concetto d'Architettura....................o di Cinema.
Tutto è luce, con la luce una persona diviene delicata o cattiva. In un posto, può scegliere un ambiente per una scena, ma il giorno dopo, cambiata la luce, il posto non è più efficace. Una volta ha comprato un terreno, c'era una bellissima luce che filtrava dalle nuvole. Dopo 30 anni non va più su quel terreno perché la luce ha cambiato il posto.
I gatti di notte sembrano puzzole.
Non permette mai a se stesso di avvicinarsi agli occhi di un attore, e non crede che una cinepresa debba permettersi di arrivare agli occhi di una persona. Una voce può dire tutto sulla condizione di chi parla.
In "Close up" tuttavia, i primi piani stretti sono giustificati solo dal fatto che due esseri fanno l'amore o, nel caso che La cinepresa è un analista che scopre cosa c'è oltre la maschera della persona, e dunque va in profondità, scava.
La cinepresa riprende da lontano come la legge degli uomini fa giustizia. Riprende il volto che dice tutto quello che la legge crederà. I lunghissimi piani sono dichiarazione d'amore per il cinema e negano la televisione, sono una forma di rispetto nei confronti dello spettatore, così ha tempo di vedere il cosa e il come senza imposizione da parte del Regista.
Una macchina, un cavalletto e tre obbiettivi, questo è l'argomento di cui si serve per la ripresa, noi guardiamo la vita con una sola cinepresa e un solo obbiettivo (gli occhi).
Al terremoto di "La vita continua", non ci avviciniamo piano, ma improvvisamente.
Nel piano sequenza non c'è interruzione nella macchina, ma comunque gira sempre intorno alla stessa cosa, per cui mette e mescola due piani sequenza.
Olmi dice che i primi cineasti hanno osservato la vita, i secondi film e vita insieme, i terzi hanno guardato i film e poi li hanno fatti, i quarti guardano i film che il telecomando propone e poi fanno il loro, da ciò un taglio veloce che dà solo una visione malata del film e del Cinema.

Utilizza la lentezza poiché le vive nella sua. Trenta anni fa era molto diverso, ora è cambiato, cambia ogni giorno. Il ritmo delle persone non è diverso l'uno dall'altro, la lentezza è un ritmo interno e si vede nei corpi, sui visi.
Un povero scorge tre religiosi che cantano il Corano, chiede come hanno imparato a cantare così bene il Corano e loro rispondono che hanno rotto il ghiaccio nella piscinetta di casa. Il povero va a casa e fa la stessa cosa. I tre lo salvano e poi chiesto il Corano il povero canta bene come i tre religiosi.
Il Cinema Iraniano reagisce alla tecnica e allo sviluppo tecnologico in modo diverso quanti sono i Cinema Iraniani. Ce n'è uno commerciale che cerca di mettersi al passo con Hollywood, questo grazie al fatto che c'è stata la guerra.
Il suo invece, che è povero, ha i suoi spettatori sia in patria che all'estero e lavora con il minimo dei mezzi usandoli tutti; è un Cinema incompiuto che non raccoglie solo una storia e non la svuota con un finale a misura con cui si esce dalla sala.
Il cinema deve dare più spazio di coinvolgimento allo spettatore in una sorta di cruciverba, dire una serie d'informazioni, segni e indicazioni che devono indurre lo spettatore a capire gli spazi vuoti.
Pensa che e' finita l'epoca di Re che uccidono gli ospiti tipo Mille e una Notte. Solo raccontando storie incompiute possiamo continuare a vivere senza che il Re voglia ucciderci.
Il cinema deve indicare dei segnali, lo spettatore con la successione dei segni deve completare il cruciverba.
Quando il pubblico non subisce un ricatto sentimentale rimane molto più cosciente, sulla poltrona, è come un bambino e stacca il collegamento con il mondo circostante, lo spettacolo può distruggerlo in quel momento. Il film è assistito in condizione di dormiveglia, questo aumenta la responsabilità del regista.
Se consideriamo il cinema come vita, è inevitabile partire da un punto per andare ad un altro, ma è un movimento senza mani e piedi, cioè un viaggio mentale, e questo esiste comunque nella poesia.
In ogni vicenda possiamo staccarci da essa come in un film, divenendo un elemento estetico, un'inquadratura.

Oramai sono quasi le sette della sera. Mi sento al centro di uno sguardo mentre ascolto Abbas dire queste cose, eppure lui non mi guarda, sta solo affermando tranquillamente la verità della sua esperienza.
Sono in un gruppo di settanta e più persone mentre lo ascolto, fra suoni che si fanno sempre più ovattati, stanchi, senza però perdere efficacia o interesse. Penso, socchiudendo gli occhi di nuovo, che il Cinema è buono semplicemente perché mi chiarisce, mi rende il servizio della lucidità tutte le volte che ho perso il mio Film, che la scena si è resa fuggitiva e il crocchio si è fatto lontano e là, ancora, qualcuno chiama i suoi, è la poesia che li attende, li vuole a se ...........................come una ragazza bionda i suoi amanti..........



Daniele Contavalli è nato il 12 luglio 1964, a Siena. Risiede a Roma, dove svolge le sue attività e vive gran parte del tempo. È un artista che lavora sull’immagine, che sia verificata come icona o parola non importa, ma che possa sostare sul fondo della coscienza di chi ascolta. Racconti e dipinti mirano a questo. Ha svolto regolari studi d’arte a Roma, negli anni 80. Esperienze di scrittura grazie all’incontro con Pietro Pedace, di sceneggiatura e regia attraverso seminari con Abbas Kiarostami, Sergio Donati e Silvano Agosti.




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