TACITO SOCCORSO ALL’OMBRA DEL REICH (2)


Markus Mohr

 



Aktion Kappler

Nell'agosto del 1977 il “ Tacito Soccorso ” provocò perfino una momentanea crisi diplomatica tra Italia e Germania, con la sua implicazione nel piano di fuga per l'Obersturmbannführer delle SS Herbert Kappler da un carcere italiano, dove scontava l'ergastolo. In quanto capo della Gestapo di Roma, il 24 marzo 1944 aveva ordinato, come rappresaglia per un attacco partigiano, il massacro di 335 civili alle Fosse Ardeatine, tra i quali il più giovane aveva 14 anni e il più anziano 74. Immediatamente il primo ministro italiano Giulio Andreotti ingiunse al governo di Bonn di estradare “il simbolo della più bestiale occupazione nazista”, nel frattempo rifugiato in Bassa Sassonia. Il segretario della DC Aldo Moro intuì subito la partecipazione di forze naziste da dietro le quinte, e interpretò l'azione come un'offesa alle vittime dell'oppressione nazista. Il governo federale rifiutò però l'estradizione di Kappler agli italiani. Un'incontro previsto tra il cancelliere Schmidt e Andreotti venne annullato su desiderio di quest'ultimo. Ancora alla fine degli anni '90 il “ Tacito soccorso ”, insieme all'” Hilfsorganisation Nationaler Gefangener ”, sosteneva finanziariamente il vice di Kappler Erich Priebke, condannato all'ergastolo per gli stessi crimini di guerra.

L'”armadio della vergogna”

Anche l'attuale processo per omicidio contro l'alpino Josef Eduard Scheungraber presso il tribunale provinciale di Monaco si deve agli sforzi, invero tardivi, della giustizia italiana. L'andamento essenziale dei fatti venne ricostruito dagli alleati già alla fine degli anni '40. Tuttavia alla fine degli anni '50 gli allora ministri italiani degli esteri e della difesa Gaetano Martino e Paolo Emilio Taviani decisero di soffocare i processi contro gli autori di crimini di guerra in Italia, sullo sfondo del previsto ingresso nella Nato della Repubblica Federale. Taviani giustificò nel 2000 quella decisione con la necessità di non impedire il riarmo della RFT. “Eventuali processi per crimini di guerra” affermò Taviani con calcolata ragion di stato anticomunista, “avrebbero per anni impedito alla RFT di sollevarsi dalle ceneri del nazionalsocialismo”. Nel gennaio 1960 si fece in modo che la maggior parte dei procedimenti venissero “provvisoriamente sospesi”, sebbene una simile formula non esistesse nell'ordinamento giuridico italiano. Tutti i riferimenti a registrazioni vennero espunti, quindi scomparvero per decenni circa 700 atti d'indagine su crimini di guerra commessi dalla Wehrmacht e dalle SS durante l'occupazione tedesca in Italia. I documenti saltarono nuovamente fuori solo nel 1995 dal cosiddetto “armadio della vergogna”, in un ripostiglio della corte d'appello militare di Palazzo Cesi, a Roma. Questa sorta di “tacito soccorso” prevedeva solo che le ante del modesto armadio fossero assicurate da un lucchetto e rivolte verso la parete. A partire da allora indaga la magistratura italiana. Una parte degli atti venne inviata al tribunale militare di La Spezia , che il 28 giugno 2006 condannò in contumacia Scheungraber e il suo comandante di battaglione Herbert Stommel all'ergastolo.

Secondo i risultati delle indagini, nell'estate del 1944 la Prima Compagnia del Battaglione 818 dei Pionieri di Montagna comandata da Scheungraber aveva il compito di assicurare il ritiro tedesco nell'Italia centrale. La truppa non si trovava al fronte e vantava solo perdite minime. Il 26 giugno i partigiani uccisero un sottufficiale e un caporale, intenti a requisire vettovaglie, un cavallo e un carriaggio da una fattoria. Solo sette giorni dopo la pubblicazione di un'ordinanza, criminale dal punto di vista del diritto internazionale, del generale Kesselring, comandante in capo dell'esercito tedesco in Italia, che prevedeva l'assassinio di tutti i cittadini maschi di ogni località che sosteneva i partigiani o da cui partivano attacchi ai soldati tedeschi, il comandante del battaglione ordinò, insieme a Scheungraber, un atto di rappresaglia che venne eseguito il giorno successivo. Dapprima vennero uccisi una donna di 74 anni e tre uomini che si imbatterono casualmente nei soldati, i quali poi arrestarono altri undici uomini e li portarono in una fattoria. Secondo la sentenza, l'edificio venne fatto saltare in aria con la dinamite. Dieci uomini in età compresa tra i 16 e i 66 anni morirono sotto le macerie. Un ragazzo allora quindicenne sopravvisse al bagno di sangue.

Scheungraber nacque nel 1918 ed apprese il mestiere di falegname. Nel 1937, a 19 anni, si arruolò volontario negli alpini a Mittenwald. Durante la guerra mandò avanti la sua falegnameria grazie al lavoro coatto dei prigionieri di un campo di concentramento. Nel frattempo gli alpini gli aprirono le porte del mondo: da Mittenwald partecipò alle invasioni di Polonia, Francia e Unione Sovietica, fino a quando nel 1943 non subì gravi ferite in seguito alla detonazione di una mina nel Caucaso. Dopo la guarigione venne promosso tenente e dietro sua richiesta rispedito in combattimento. Funse per qualche tempo da ufficiale di ordinanza per il generale Kesselring, comandante in capo dell'esercito tedesco in Italia, e da capo di compagnia del battaglione 818 dei pionieri di montagna.

Nella sentenza di La Spezia , il fatto che Scheungraber sia partito volontario per gli alpini e abbia fatto rapida carriera venne interpretato come una prova che si trattasse di un convinto nazionalsocialista. Quando un giornalista della “ Süddeutschen Zeitung ” lo chiamò qualche mese dopo la sentenza di La Spezia , per intervistarlo sui fatti del 27 giugno 1944, l'anziano Scheungraber declinò le domande, farfugliando poche parole come “partigiani”, “gendarmeria da campo”, “ordine eseguito”.

Un onorevole cittadino

Visto che fino a oggi non è spuntata alcuna traccia di una militanza di Scheungraber nella NSDAP, nell'immediato dopoguerra non si pose neppure la questione di una sua denazificazione. Tornato a Ottobrunn presso Monaco, aprì un fiorente negozio di mobili con 2000 metri quadri di spazio espositivo, che gli consentì di raggiungere grande agio. In consiglio comunale si impegnò per molti anni in una lista civica e divenne comandante onorario dei pompieri. Nel 2005 il comune di Ottobrunn gli conferì la “medaglia cittadina”. Oltre a ciò, Scheungraber fu attivo per decenni nel Kameradenkreis der Gebirgstruppe , che nel 1988 gli conferì la Spilla d'Oro per “grandi meriti”. E non si tratta di un'onorificienza che in quest'organizzazione viene data a tutti. Chi la riceve, e può altresì vantare nel suo curriculum di aver baciato i piedi a Kesselring (nella Repubblica Federale un illustre criminale di guerra), non si trova certo a margine del KK, bensì al suo centro. Così i festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario del monumento agli alpini sull'Alto Brendten nel maggio 2007 videro un arzillo tenente Scheungraber, in mezzo a un gruppo di giovani alpini in uniforme, festeggiare la ricorrenza insieme all'oratore ufficiale della cerimonia, il sottosegretario alla difesa Christian Schmidt.

Dopo che venne resa nota la denuncia per omicidio del tribunale di Monaco, il giovane sindaco della CSU di Ottobrunn, Thomas Loderer, aveva tutti i motivi per rilasciare nel 2008 una dichiarazione di rispettabilità a favore del suo concittadino: “Per la mia conoscenza personale di Josef Scheungraber, sono convinto della sua integrità personale e della sua innocenza”.

Se si riepilogano le ultime tappe dell'esistenza, più volte decorata, di Josef Scheungraber, si potrebbe essere tentati dal citare le recenti parole dello storico Hans-Ulrich Wehler sulla specie di “retaggio positivo del nazismo”. Secondo Wehler fu “un aspetto positivo”, che “il nazismo abbia spalancato le porte ai giovani. (…) Questi giovani, che poi in guerra (…) nelle loro unità al fronte – comunque le si voglia giudicare – dal punto di vista squisitamente tecnico hanno offerto grosse prestazioni. Questa è la mia tesi: bastava solo denazificarli, e si aveva la stessa volontà: adesso vi facciamo vedere cosa sappiamo fare. (…) Vi dimostriamo che non sappiamo solo far saltare i carri armati.”

Ben altra misura tuttavia risulta dal documento d'accusa redatto dal pubblico ministero di Monaco contro Scheungraber. Se gli si presta anche solo un briciolo di fede, bisogna constatare che durante il massacro di Falzano la “salvaguardia dei Vostri cuori davanti ai prigionieri inermi e alla popolazione indifesa”, per tornare al discorso del generale Konrad nel 1952, è completamente mancata. A dispetto di tutto, il Kameradenkreis appoggia “fedelmente” il suo affiliato, assolvendo così al suo reale compito costitutivo.

Traduzione di Antonello Piana



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