DALLA PORTA SUL RETRO

- Brano tratto dal racconto Nebraska -

Tennessee Jones

 



(...) A mio padre non l'ho mai fatto vedere. Gli avrebbe dato un'occhiata chiamandolo figlio di puttana. e poi sarebbe corso a prendere il fucile. Per questo gli davo appuntamento agli angoli delle strade, oppure al parco. C'era un bar gestito da un amico suo, che mi lasciava entrare con George. Erano quelli i posi dove stavamo insieme. Non mi è mai venuto in mente di chiedergli come mai non avesse la macchina.

La scuola è finita, e abbiamo cominciato a vederci più spesso. Lo vedevo di giorno, dopo il giro della spazzatura, quando papà era al lavoro. Dopo un po' ho cominciato a farlo entrare in casa dalla porta sul retro. La prima volta l'abbiamo fatto nel mio letto. Io ho perso un po' di sangue sul lenzuolo, e l'ho lavato quel pomeriggio stesso. Ero vergine, e la sensazione di lui che si staccava dal mio corpo è stata quasi insop­portabile. Mi sorprendeva che qualcuno potesse avvicinarsi così tanto e poi andarsene di nuovo, così. Mi ricordo che il caldo estivo faceva fluttuare la polvere nella mia stanza.

Certi giorni il nostro odore mi sembrava così forte che ero sicura che papà tornando a casa l'avrebbe sentito. Mi aspettavo che da un momento all'altro si accorgesse che qualcosa in me era cambiato. Se mai è successo, lui non l'ha dato a vedere. L'unica volta che mi ha guardato di traverso è stato quando ho tardato un po' a preparare la cena.

Ancora non ho capito com'è che la gente s'inna­mora. So solo che succede. So che a volte il sesso c'en­tra molto. O forse c'entra sempre, che uno lo faccia o no. A volte, quando non puoi farlo, rimane lì sospeso nell'aria, e rende tutto più importante del dovuto.

Quell'estate è stata diversa da tutte le altre. Forse per via del sesso. Non mi ero mai fermata a riflettere su quanto il mio corpo fosse separato da tutti gli altri, finché non ho provato la sensazione di volerlo fondere in un'altra persona. C'è sempre stata una barriera tra noi due, per quanto sudassimo o imprecassimo nel tentativo di abbatterla.

Ripensandoci, mi sembra che George facesse di tutto per entrare nella mia testa, come se facendo la domanda giusta, girando la chiave in una serratura, potesse sapere tutto di me. O forse dico così solo perché io per prima stavo facendo i salti mort per entrare lì dentro. Forse il mio modo di farlo era stare vi­cino a George, osservare lo strano riflesso di me in una persona che amavo.

Quell'estate mi sono resa conto di quant'è grande il cielo in Nebraska, più grande forse che in qualsiasi altro posto della terra. Ogni tanto mi chiedo se lassù non ci sta soltanto un grande vuoto, oppure qualco­s'altro. È dura pensare che ci sia soltanto il vuoto. Se è così, allora io cosa sono?

George diceva sempre che non credeva in Dio. Che non aveva speranza o fede in niente. Steso in un campo, un giorno, con la sua mano tra i miei capelli, gli ho chiesto per cos'era che viveva. "Solo per questo istante. Non si può contare su nient'altro. Io di grandi progetti non ne faccio. Potrei morire in qualsiasi momento". Ho pensato che era uno strano modo di pensare.

Mio padre mi diceva sempre che dovevo prendere bei voti a scuola per poter entrare in un buon college e combinare qualcosa nella vita. George si comportava come se non volesse essere nient'altro che un uomo. Forse è stato quello a farmi innamorare di lui, il fatto che non permettesse a nessuno e a nessun posto di disporre del suo tempo. (...)




(Tratto dal racconto Nebraska nella raccolta Liberami dal nulla, Quarup, Pescara, 2006. Traduzione di Matteo Colombo.)







Tennessee Jones
è una giovane scrittrice nata nella regione montana degli Appalachi, negli USA. Liberami dal nulla è il suo primo romanzo.



     
  Precedente       Copertina