LA RELIGIONE È
ABUSO DI MINORE?
Christopher Hitchens
"Di'
tu sinceramente, sei tu che chiamo in causa, rispondi-mi: supponi che fossi tu
stesso a innalzare l'edificio del destino umano, con la meta suprema di rendere
felici gli uomini, di dare loro, alla fine, pace e tranquillità: ma, per
conseguire questo, si presentasse come inevitabile e necessario fare soffrire
per lo meno una sola minuscola creatura, per esempio proprio quella bambinetta
che si batteva col piccolo pugno sul petto, e sulle sue invendicate povere lacrime
fondare codesto edificio: con-sentiresti tu a essere l'architetto a queste condizioni
? Parla senza mentire". Ivan ad Alésa nei Fratelli Karamazov Quando
ci chiediamo se la religione abbia fatto "più male che bene"
- non che questo abbia minimamente a che fare con la sua verità o autenticità
- ci troviamo di fronte a una questione di dimensioni imponderabili. Come potremo
mai sapere quanti bambini siano stati irreparabilmente danneggiati nel corpo e
nell'animo da una forzata imposizione della fede? Il loro numero è difficile
da determinare quasi quanto quello delle visioni e dei sogni spirituali o religiosi
che si sono "avverati"; esso, per poter avere anche solo una modestissima
pretesa di validità, dovrebbe essere raffrontato con il numero di tutti
quelli che non si sono avverati e di cui non si conserva traccia o memoria. Possiamo
però star certi che la religione ha sempre desiderato approfittare delle
immature e indifese menti dei giovani e non si è fermata di fronte a nulla
pur di assicurarsi questo privilegio mediante terrene alleanze con il potere secolare. Uno
dei grandi esempi di terrorismo morale della nostra letteratura è il sermone
che padre Arnall pronuncia in Ritratto dell'artista da giovane di James Joyce.
Questo disgustoso vecchio prete sta preparando Stephen Dedalus e gli altri giovani
"affidati alle sue cure" per un ritiro spirituale in onore di san Francesco
Saverio (colui che portò l'Inquisizione in Asia e le cui ossa sono tuttora
venerate da chi ama venerare le ossa). Decide quindi di impressionarli con una
lunga e compiaciuta descrizione della dannazione eterna, del genere di quelle
che la chiesa era solita ammannire quando ancora aveva l'autorità per farlo.
È impossibile citare per intero l'ampolloso discorso, ma vi sono due elementi
particolarmente vividi - relativi alla natura della tortura e del tempo - che
rivestono un certo interesse. È facile rendersi conto che le parole del
prete mirano precisamente a spaventare i bambini. In primo luogo, le immagini
sono esse stesse infantili. Nel passo sulla tortura, il diavolo in persona fa
sciogliere come cera una montagna. Si evoca ogni genere di spaventosa infermità
e si gioca abilmente con la paura infantile che tali sofferenze possano durare
in eterno. Quando si arriva alla raffigurazione dell'unità di tempo, vediamo
un bambino giocare sulla spiaggia con dei granelli di sabbia e quindi assistiamo
alla tipica esagerazione infantile delle possibili unità ("Papà,
se ci fossero un milione di milioni di milioni di miliardi di gattini, riempirebbero
il mondo intero?"). A essa si accostano altre enumerazioni, quali l'evocazione
delle foglie esistenti in natura o il facile richiamo ai peli, alle piume o alle
squame degli animali domestici. Per secoli, uomini adulti sono stati pagati per
spaventare i bambini in questa maniera (e anche per torturarli, picchiarli e violentarli,
come emerge dal ricordo di Joyce e di innumerevoli altre persone). Anche le
altre idiozie e crudeltà escogitate ad arte dai religiosi sono facili da
individuare. L'idea della tortura è antica quanto la malvagità dell'uomo,
l'unico animale dotato dell'immaginazione necessaria a chiedersi come ci si possa
sentire a infliggerla a un proprio simile. Non possiamo incolpare la religione
per questo impulso, ma possiamo condannarla per averlo istituzionalizzato e per
averne raffinato la pratica. I musei dell'Europa medievale, dall'Olanda alla Toscana,
sono ricolmi di strumenti e marchingegni sui quali dei santi uomini si sono devotamente
lambiccati per capire quanto a lungo un uomo potesse essere mantenuto in vita
mentre era sottoposto al supplizio. Non c'è bisogno di entrare in ulteriori
dettagli, ma c'erano anche dei manuali per questa arte, preparati da religiosi,
e delle guide per la rivelazione dell'eresia attraverso il dolore. Coloro che
non erano abbastanza fortunati da ricevere il permesso di partecipare agli auto
da fé (o "atti di fede", come erano conosciute le sessioni di
tortura) avevano mano libera di immaginare i piú lividi incubi e poi di
infliggerli durante le prediche agli ignoranti per mantenerli in uno stato di
continuo terrore. In un'epoca in cui gli spettacoli pubblici non erano molti,
un buon rogo in piazza, o uno squartamento, o un supplizio della ruota erano spesso
tutto il divertimento che i pii uomini permettevano. Niente dimostra in modo piú
chiaro il carattere artefatto della religione come la mente squilibrata che ha
immaginato l'inferno, o ancor piú come la mente spaventosamente ristretta
che non è riuscita a descrivere il paradiso - se non come un posto o di
piacevolezze terrene o di eterna noia. Anche gli inferni precristiani erano
decisamente sgradevoli e venivano evocati con la stessa sadica ingegnosità.
Tuttavia, alcuni dei piú antichi che conosciamo - quello induista in particolare
- avevano una durata limitata nel tempo. Ad esempio, un peccatore poteva essere
condannato per un certo numero di anni all'inferno, dove ciascun giorno durava
quanto 6400 anni terreni. Se uccideva un sacerdote, la pena da scontare prevista
era di 149 miliardi e 504 milioni di anni. Dopodiché, al peccatore veniva
concesso di raggiungere il nirvana, ovvero l'annichilimento. L'onore di escogitare
un inferno al quale non ci fosse appello fu lasciato ai cristiani (e l'idea viene
volentieri plagiata: mi è capitato di ascoltare Louis Farrakhan, leader
della setta nera eretica "Nazione dell'Islam", mentre strappava un orribile
ruggito alla folla nel Madison Square Garden. Sputando insulti sugli ebrei, urlò:
"E non dimenticatelo, quando è Dio che vi mette nella fornace, è
PER SEMPRE! "). L'ossessivo interesse nei confronti dei bambini e per
un rigido controllo sulla loro educazione è sempre stata tipica dei sistemi
di autorità assoluta. È forse un gesuita il primo cui è stata
attribuita la frase: "Datemi un bambino fino a dieci anni e io vi darò
l'uomo", ma l'idea è molto piú antica della scuola di Ignazio
di Loyola. L'indottrinamento dei giovani ha spesso sortito l'effetto opposto,
come possiamo constatare anche dal destino di varie ideologie secolari, ma sembra
che i religiosi siano disposti a correre questo rischio pur di inculcare nella
media dei fanciulli o delle fanciulle la dose sufficiente di propaganda. Cos'altro
possono sperare di fare? Se l'insegnamento della religione non fosse ammesso fino
al raggiungimento dell'età della ragione, vivremmo in un mondo abbastanza
diverso. I genitori credenti sono combattuti su questo tema. Essi naturalmente
sperano di condividere le meraviglie e le gioie del Natale e di altre feste con
la loro progenie (e possono anche fare buon uso di dio, cosí come di figure
minori quali Babbo Natale, per domare i ribelli). Attenzione però: cosa
succede se la progenie si indirizza verso un'altra fede, per non parlare di sette,
anche nella prima adolescenza? I genitori di norma diranno che ci si approfitta
di un innocente. Tutti i monoteismi sfoggiano, o sfoggiavano, una proibizione
molto forte verso l'apostasia proprio per questa ragione. Nei suoi Ricordi
di un'educazione cattolica1, Mary McCarthy ricorda lo shock da
lei avuto nell'apprendere da un predicatore gesuita che il nonno protestante -
suo tutore e amico - era condannato alla dannazione eterna perché era stato
battezzato nella maniera sbagliata. Bambina dall'intelligenza precoce, non lasciò
cadere la cosa fino a che non costrinse la madre superiora a consultare le autorità
ecclesiastiche e a trovare una scappatoia negli scritti del vescovo Atanasio,
il quale sosteneva che gli eretici erano dannati solo se rifiutavano la vera chiesa
con piena consapevolezza di quanto stavano facendo. Suo nonno, quindi, poteva
essere sufficientemente ignaro della vera chiesa per sfuggire all'inferno. Ma
che angoscia per una bambina di undici anni! Senza pensare alla quantità
di bambini meno curiosi che semplicemente accettano simili maligni insegnamenti
senza discuterli. Coloro che mentono ai giovani in questa maniera sono perversi
all'estremo. Si possono fare due esempi - uno di insegnamento immorale e l'altro
di pratica immorale. Il primo riguarda l'aborto. Come materialista, credo sia
stato dimostrato che un embrione è un corpo e un essere separato e non
semplicemente (come qualcuno sosteneva) un'escrescenza del corpo femminile. C'erano
femministe che affermavano che era piú simile a un'appendice o - come è
stato seriamente sostenuto - a un tumore. Quest'assurdità sembra essere
cessata. Fra le ragioni che hanno contribuito a porvi fine, ci sono le affascinanti
e commoventi immagini fornite dal sonogramma e la sopravvivenza di bambini "prematuri",
del peso di una piuma, che hanno raggiunto la "capacità di vivere"
al di fuori del ventre materno. E questa un'altra maniera in cui la scienza può
fare causa comune con l'umanesimo. Come nessun uomo dotato di normale coscienza
morale può restare indifferente alla vista di una donna colpita allo stomaco,
cosí non c'è chi non si senta ancor piú indignato se la donna
in questione è incinta. L'embriologia conferma la morale. L'espressione
"bambino non ancora nato", anche quando è usata in modo ideologico,
descrive una realtà effettiva. Tuttavia, ciò apre solo il dibattito
anziché chiuderlo. Possono esserci circostanze nelle quali non è
desiderabile portare a termine una gravidanza. Sia la natura sia dio sembrano
pensarla cosí, viste le tante gravidanze "interrotte", per cosí
dire, a causa di malformazioni, che vengono delicatamente definite "aborti
spontanei". Per quanto la cosa possa essere triste, è probabilmente
un esito meno infelice del vasto numero di bambini deformi o idioti che nascerebbero
altrimenti, destinati a morire immediatamente o le cui brevi vite sarebbero un
tormento per loro e per gli altri. Come nella natura in generale, quindi, anche
in utero esiste un microcosmo sottoposto alle leggi evolutive. Cominciamo a esistere
come piccoli esseri anfibi, prima di sviluppare gradualmente polmoni e cervello
(e di crescere e perdere quell'ormai inutile coltre di pelo) e poi veniamo alla
luce e respiriamo aria fresca dopo un passaggio a volte difficile. Pure in questo
caso, il sistema è abbastanza spietato nell'eliminare coloro che non hanno,
fin dall'inizio, molte possibilità di sopravvivenza: i nostri progenitori
nella savana non sarebbero sopravvissuti se avessero avuto una nidiata di marmocchi
ciondolanti e malaticci da difendere di fronte ai predatori. Qui, l'evoluzione
può essere accostata non tanto alla "mano invisibile" di Adam
Smith (espressione della quale ho sempre diffidato) quanto piuttosto al modello
della "distruzione creatrice" di Joseph Schumpeter2, in base
a cui siamo disposti ad accettare un certo numero di fallimenti naturali, tenuto
conto della spietatezza della natura fin dai tempi dei nostri piú remoti
progenitori. Dunque, non tutti i concepimenti portano, o hanno mai portato,
necessariamente a una nascita. E fin da quando la cruda lotta per la sopravvivenza
iniziò a farsi meno pressante, è stato un obiettivo dell'intelligenza
umana pervenire al controllo del tasso di riproduzione. Le famiglie che sono alla
mercé della natura e della sua irresistibile spinta alla crescita sono
destinate a restare intrappolate in un meccanismo non molto dissimile da quello
animale. Il modo ottimale per realizzare delle misure di controllo è la
profilassi, che è stata incessantemente perseguita dagli albori della storia
e che al giorno d'oggi è diventata relativamente sicura e indolore. In
alternativa, il miglior ripiego, che a volte può essere auspicabile per
altre ragioni, è l'interruzione di gravidanza: un espediente che molti
riprovano, anche quando vi si fa ricorso per necessità pressanti. Qualunque
persona ragionevole riconosce che nella questione è insito un doloroso
conflitto di diritti e di interessi, e cerca di raggiungere un punto di equilibrio.
Di nessuna utilità, sia moralmente sia praticamente, è la stravagante
rivendicazione che lo sperma e gli ovuli siano tutti potenziali vite, cui non
bisognerebbe impedire di fondersi, e che, una volta unite anche se per poco, siano
dotati di anima e quindi vadano difesi dalla legge. In base a questa teoria, un
congegno intrauterino che impedisca agli ovuli di ancorarsi alle pareti dell'utero
è uno strumento di morte, e una gravidanza extrauterina (il disastroso
caso in cui l'ovulo inizia a crescere nelle tube di Fallopio) è da considerarsi
una vita umana, e non un ovulo già condannato che costituisce anche una
grave minaccia per la vita della madre. Ogni passo verso la soluzione di questo
problema è stato radicalmente osteggiato dal clero. Lo stesso tentativo
di educare le persone alla possibilità di una "pianificazione familiare"
fu inizialmente oggetto di anatema, e i suoi primi sostenitori e maestri vennero
arrestati (come accadde a John Stuart Mill), imprigionati o cacciati dal lavoro.
Solo pochi anni fa, Madre Teresa denunciò la contraccezione come moralmente
equivalente all'aborto, il che "logicamente" significava anche (dato
che lei considerava l'aborto un omicidio) che un profilattico o una pillola dovevano
essere reputati strumenti di morte. Madre Teresa era addirittura un po' più
fanatica della sua stessa chiesa, ma anche questo caso dimostra come le posture
estreme e dogmatiche siano moralmente nemiche di ciò che è bene.
Il clero pretende che si creda nell'incredibile e si metta in pratica l'impraticabile.
L'intera causa della difesa dei nascituri, e della vita in generale, è
stata rovinata da coloro che usano i bambini non ancora nati, cosí come
quelli già venuti al mondo, come meri oggetti strumentalizzabili per la
loro dottrina. Per quanto riguarda le pratiche immorali, è difficile
immaginare qualcosa di piú mostruoso della mutilazione genitale infantile.
Né è facile immaginare qualcosa di piú distante dalla tesi
del "disegno". Dobbiamo supporre che un dio che progetta faccia particolare
attenzione agli organi genitali delle sue creature, tanto importanti per la riproduzione
della specie. Ma fin dall'alba dei tempi, i rituali religiosi hanno insistito
nello strappare i bambini dalla culla per applicare pietre affilate o coltelli
alle loro pudenda. Presso alcune società animistiche e musulmane, sono
le bambine a subire le mutilazioni peggiori, con l'escissione delle grandi labbra
e della clitoride. Questa pratica è a volte posposta all'adolescenza e,
come si è già detto, viene accompagnata dall'infibulazione, ovvero
la cucitura della vagina, che lascia solo una piccola fessura per il sangue e
l'urina. Lo scopo è chiaro - uccidere o ottundere l'istinto sessuale della
ragazza e distruggere la tentazione di sperimentarlo con chiunque eccetto che
con colui al quale sarà data in moglie (e che avrà il privilegio
di squarciare quella cucitura nel corso di una temuta notte nuziale). Nel frattempo,
alla ragazza viene insegnato che le sue perdite di sangue mensili sono una maledizione
(tutte le religioni hanno mostrato orrore per esse, e molte ancora vietano alle
donne mestruate di assistere alle funzioni) e che lei stessa è un ricettacolo
di impurità. In altre culture, specialmente in quella "giudaico-cristiana",
si insiste soprattutto sulla mutilazione genitale dei ragazzini. (Per chissà
quale ragione, le bambine possono essere ebree senza manipolazioni genitali: è
inutile cercare coerenza nei patti che la gente crede di aver stretto con dio).
In questo caso, due sembrano essere gli scopi originari. Lo spargimento di sangue
- sul quale si insiste nelle cerimonie di circoncisione - è molto probabilmente
una sopravvivenza simbolica dei sacrifici animali e umani che erano un aspetto
cosí caratteristico delle atmosfere truculente dell'Antico Testamento.
Grazie a tale pratica, i genitori potevano cosí offrire in sacrificio una
parte del bambino in sostituzione dell'intero. Eventuali obiezioni che in tal
modo si interferisse con qualcosa - il pene umano - che dio dovette aver creato
con cura vennero superate inventando il dogma che Adamo fosse nato circonciso,
a immagine di dio. Addirittura, alcuni rabbini sostengono che anche Mosè
sia nato circonciso, per quanto nel Pentateuco la sua circoncisione non venga
mai nominata. Il secondo obiettivo - affermato con grande chiarezza da Maimonide
- era lo stesso che per le fanciulle: eliminare il piú possibile l'aspetto
piacevole dell'incontro sessuale. Cosí ci dice il saggio nella sua Guida
dei perplessi: Parimenti, anche per la "circoncisione", secondo me,
una delle cause è la diminuzione del coito e l'indebolimento di quest'organo
[cioè, del pene], così che limiti quest'atto e stia rilassato il
piú possibile. Si è pensato che la circoncisione fosse il perfezionamento
di un difetto di natura; ma allora chiunque potrebbe obiettare: come potrebbero
le cose della natura essere manchevoli così da aver bisogno di essere perfezionate
dall'esterno? Inoltre, è evidente l'utilità di quel pezzo di pelle
per quel membro! Ora, questo precetto non serve a perfezionare un difetto di natura,
ma a perfezionare un difetto morale, e il danno fisico che colpisce quel membro
è il suo obiettivo. [...] Il fatto che la circoncisione indebolisca la
potenza dell'eccitazione sessuale e, forse, ne indebolisca anche il piacere, è
cosa su cui non c'è dubbio perché, se il membro viene fatto sanguinare
e la sua protezione viene rimossa fin dall'inizio della crescita, indubbiamente
esso viene indebolito3. Maimonide non sembrava particolarmente impressionato
dalla promessa (fatta ad Abramo nel cap. XVII della Genesi) che la circoncisione
lo avrebbe portato ad avere una numerosa progenie all'età di novant'anni.
La decisione di Abramo di circoncidere gli schiavi e i domestici maschi fu una
scelta accessoria, forse frutto dell'entusiasmo, dato che i non ebrei non erano
compresi nel patto. Ma egli circoncise il figlio Ismaele, all'età di tredici
anni (Ismaele dovette soltanto separarsi dal suo prepuzio: suo fratello minore
Isacco - curiosamente descritto come il "solo" figlio di Abramo nel
cap. XXII della Genesi - fu circonciso all'età di otto giorni, ma successivamente
fu offerto tutto in sacrificio). Maimonide sosteneva inoltre che la circoncisione
fosse un modo per rafforzare la solidarietà etnica, e dava particolare
rilievo alla necessità di eseguire l'operazione sui bambini, prima che
raggiungessero l'età della ragione: 1 °, se si lascia stare il bambino
finché è diventato adulto, egli potrebbe non compiere quest'atto;
2°, il bambino non soffre come soffre l'adulto, per la morbidezza della sua
pelle e per la debolezza della sua immaginazione, giacché l'adulto vedrebbe
la cosa come terribile e difficile, immaginandosela prima che accada; 3 °,
i genitori non si preoccupano del bambino quando egli nasce, perché non
si è ancora consolidata la forma immaginativa che li spinge ad amarlo [...].
Dunque, se si lascia il figlio incirconciso per due o tre anni, va a finire che
la circoncisione non si fa, per la compassione del genitore e per il suo amore
nei confronti del figlio. Invece, al momento della nascita, questa forma immaginativa
è molto debole, specialmente nel genitore [cioè, il padre] al quale
è dovuto l'adempimento di questo "precetto"4.
In
parole povere, Maimonide è perfettamente conscio del fatto che, se non
la si ritenesse ordinata da dio, tale odiosa pratica creerebbe, anche nel genitore
piú devoto, una naturale e decisa reazione in difesa del bambino. Ma egli
reprime questa intuizione in nome della legge "divina"5. In
tempi piú recenti, sono stati addotti alcuni argomenti pseudosecolari in
difesa della circoncisione maschile. È stato sostenuto che la pratica è
piú igienica per il maschio e quindi piú sana per le donne, aiutandole
ad esempio a evitare il tumore alla cervice. La medicina ha demolito di simili
affermazioni, oppure ha mostrato come tali problemi si possano facilmente risolvere
"allentando" la strozzatura del prepuzio. La completa escissione, originariamente
ordinata da dio come il prezzo di sangue per il promesso futuro massacro dei cananei,
è ormai riconosciuta per quello che è: la mutilazione di un essere
inerme con l'obiettivo di rovinarne la futura vita sessuale. La connessione fra
barbarie religiosa e repressione sessuale non potrebbe essere piú evidente
di quando viene "marchiata nelle carni". Chi può calcolare il
numero di vite che sono state rese in tal modo infelici, specie da quando i medici
cristiani hanno iniziato ad adottare un'antica pratica folcloristica ebraica nei
loro ospedali? E chi può sopportare le lettura dei testi medici e storici
che tranquillamente registrano la grande quantità di bambini e fanciulli
che morirono di infezione dopo l'ottavo giorno di vita, o che soffrirono gravi
e insopportabili disfunzioni o deformazioni? I dati relativi alla sifilide o ad
altre infezioni causate dai denti marci o dall'imprudenza di un rabbino, o riguardanti
la goffa recisione dell'uretra e qualche volta di una vena sono semplicemente
spaventosi. E tutto ciò è consentito nella New York del 2006! Se
la religione e la sua arroganza non fossero coinvolte, nessuna società
sana permetterebbe tale primitiva amputazione o consentirebbe alcuna operazione
chirurgica ai genitali senza il pieno e informato consenso dell'interessato. La
religione è colpevole anche delle orribili conseguenze del tabú
della masturbazione (che forniva anche un'altra scusa per la circoncisione in
epoca vittoriana). Per decenni, milioni di ragazzi e giovani uomini sono stati
terrorizzati durante l'adolescenza da presunti "consigli" medici che
li mettevano in guardia contro la cecità, il collasso nervoso e lo sprofondamento
nella follia in cui sarebbero incorsi se avessero fatto ricorso all'auto-soddisfacimento.
Autorevoli prediche di sacerdoti, ricolme di assurdità concernenti lo sperma
come insostituibile e limitata fonte di energia, hanno dominato l'adolescenza
di intere generazioni. Baden Powell compose un intero e ossessivo trattato sul
tema, che utilizzò per rafforzare la muscolosa cristianità del suo
movimento dei Boy Scout. Venendo ai nostri giorni, la follia persiste nei siti
web islamici destinati a offrire consiglio ai giovani. Sembra proprio che i mullah
abbiano studiato attentamente gli stessi screditati testi di Samuel Tissot e di
altri che i loro predecessori cristiani erano soliti brandire a tale devastante
scopo. Viene offerta la stessa assurda e sessualmente maniacale disinformazione,
soprattutto da parte di Abd al-Aziz bin Baz, l'ultimo gran muftí dell'Arabia
Saudita, i cui moniti contro l'onanismo vengono martellati da numerosi siti islamici.
Questa abitudine - avverte - distrugge il sistema digerente, danneggia la vista,
infiamma i testicoli, erode il midollo spinale ("il luogo da cui ha origine
lo sperma! ") e porta brividi e tremori. E neppure le "ghiandole cerebrali"
sono immuni dal danno, col conseguente declino del quoziente di intelligenza e
la pazzia finale. Infine, il gran muftí tormenta ancora milioni di giovani
sani con angosce e sensi di colpa, raccontando che il loro sperma diventerà
sottile e senza nerbo, e impedirà loro di diventare padri in futuro. I
siti Inter-Islam e Voce Islamica ripropongono le stesse sciocchezze,
come se nel mondo musulmano non ci fossero già ignoranza e repressione
a sufficienza tra i giovani maschi, sovente isolati da ogni compagnia femminile,
indotti a disprezzare madri e sorelle, e sottoposti a istupidenti e ripetitive
recitazioni del Corano. Avendo conosciuto alcuni dei prodotti di questo sistema
"educativo", in Afghanistan e altrove, posso solo ribadire che il loro
problema non è tanto che desiderano delle vergini ma che sono vergini:
la loro crescita fisica e psichica è stata irrimediabilmente bloccata in
nome di dio, e la sicurezza di molti altri è minacciata in conseguenza
di tale alienazione e deformazione. L'innocenza sessuale, che può essere
affascinante nel giovane se non viene inutilmente protratta, è decisamente
dannosa e ripugnante in un adulto. Di nuovo, come possiamo calcolare il danno
causato da vecchi sporcaccioni e isteriche zitelle, incaricati come custodi religiosi
degli innocenti in scuole e orfanotrofi? La chiesa cattolica, in particolare,
si trova a dover rispondere a questa domanda nel piú doloroso dei modi,
ovvero calcolando il risarcimento in termini monetari dell'abuso di minori. Miliardi
di dollari sono già stati versati, ma non c'è prezzo per le generazioni
di fanciulli e fanciulle che sono stati introdotti al sesso nella piú allarmante
e disgustosa maniera, da coloro di cui essi e i loro genitori si fidavano. "Abuso
di minore" è veramente uno sciocco e patetico eufemismo per ciò
che è accaduto: parliamo di stupri e di torture sistematici di bambini,
avvenuti col concreto aiuto e favore di una gerarchia che, in piena consapevolezza,
spostava i peggiori violentatori in parrocchie dove sarebbero stati piú
al sicuro. Stando a quello che è emerso in tempi recenti, in società
moderne, si può solo rabbrividire al pensiero di ciò che poteva
accadere in epoche in cui la chiesa era al di sopra di ogni critica. Ma la gente
cosa si aspettava che accadesse quando dei bambini vulnerabili venivano messi
nelle mani di persone, disadattate e psichicamente invertite, cui era richiesto
il rispetto di un ipocrita celibato ? Persone alle quali era stato insegnato ad
affermare, come torvo articolo di fede, che i bambini erano "i diavoletti"
o "i monelli" di Satana? A volte la frustrazione che ne risultava trovava
espressione in un orribile eccesso di pene corporali, il che già di per
sé è abbastanza grave. Ma quando le inibizioni artificiali crollano
definitivamente, come abbiamo visto accadere, ne risultano comportamenti che nessun
comune peccatore, onanista o fornicatore che sia, può anche solo iniziare
a immaginare senza provarne orrore. Tutto ciò non è il risultato
della presenza di pochi delinquenti in mezzo ai pastori, ma la conseguenza di
un'ideologia che ha cercato di imporre il dominio clericale attraverso il controllo
della sessualità e degli stessi organi sessuali. E appartiene, come il
resto della religione, alla spaventosa infanzia della nostra specie. Alesa, alla
domanda di Ivan circa la sacra sofferenza di un bambino, rispose ("sommessamente"):
"No, non lo consentirei". La nostra risposta, alla repellente offerta
originaria dell'indifeso Isacco sulla catasta di sterpi fino agli abusi e alle
repressioni attuali, deve essere la stessa, solo non data cosí sommessamente. -
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NOTE:
1
Mary McCarthy, Memories of a Catholic Girlhood, Harcourt, New York 1946
(trad. it. Ricordi di un'educazione cattolica, SE, Milano 1988). 2 Il
modello della "distruzione creatrice" si trova in Joseph Schumpeter,
Capitalism, Socialism, and Democracy (1942), George Allen & Unwin,
London 1976, pp. 8r-86 (trad. it. Capitalismo, socialismo, democrazia, Etas Libri,
"Sassolino" [N.d.T.].Milano 1977, pp. 78-79). 3 Maimonide, La
guida dei perplessi, a cura di Mauro Zonta, Utet, Torino 2003, cap. xmx, p.
728. II corsivo è mio [N.d.T.]. 4 Ibid., p. 729 [N.d.T.]. 5 Per Maimonide
e la circoncisione, cfr. Leonard B. Glick, Marked in Your Flesh: Circumcision
from Ancient Judea to Modern America, Oxford University Press, New York 2005,
pp. 64-66.
(Testo tratto da Dio non è grande, Einaudi, Torino, 2007. Traduzione
di Mario Marchetti)
Christopher
Hitchens, nato nel 1949 a Portsmouth, in Inghilterra, è stato redattore
di "Harper's" e critico letterario per il "Newsday". Attualmente
collabora con vari giornali e riviste inglesi e statunitensi, tra cui "The
Nation", "Vogue", il "Times Literary Supplement",
la "London Review of Books" e la rivista "Internazionale". Erede
della grande tradizione del giornalismo liberal, Hitchens si è sempre distinto
per la forte indipendenza di giudizio e l'equanimità dei suoi attacchi
e delle sue critiche pungenti. Ha scritto uno degli atti d'accusa più]
incisivi sulle bugie dell'amministrazione Clinton (No One Left to Lie to, best
seller negli Stati Uniti), ma ha riservato un trattamento ancor più] duro
a Henry Kissinger nel libro-inchiesta Processo a Kissinger. Negli ultimi anni,
hanno destato particolare stupore i suoi articoli a favore dell'intervento americano
in Iraq e contro le ipocrisie di certo pacifismo.
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