GLI
AMANTI
Jorge
Debravo
Sono
grandi, avventurosi, come fatti di luna nel mezzo della notte. Ardono come
legno. Distillano un' acqua fresca e deliziosa, come la linfa dei grandi alberi. Non
sembrano venire dalle rocce terrestri: li immaginiamo germogliati dalle caverne
più selvagge e profonde. O saliti forse da un fosso oceanico dove
hanno appreso dalle sirene l'arte dell'abbraccio fino ad avere braccia trasformate
in serpenti. Se non avessero nomi come i nostri, non li crederemmo umani.
Li penseremmo abitanti di stelle sconosciute, di pianeti di frumento. Nell'
ombra si confondono, a volte, con gli dèi. Scivolano e si spaventano
come animali, assomigliando oltremodo agli dèi. Non osano la parola:
usano il gemito e il sussurro. Le parole più corte della terra e più
parole, senza dubbio. Quando torno a casa chiederò alla Morte che
non venga per loro. Sarebbe bello che li lasciasse liberi per sempre e che
uscissero per strada abbracciati, come profeti di un rito vegetale e poderoso. Noi
gli canteremmo canzoni di allegria e gli metteremmo collari di foglie fresche.
Grandi collari utili come guanciali quando si trovassero senza cuscini in
qualche luogo amaro della terra. -
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originale:
LOS
AMANTES Son
grandes, venturosos, como hechos de luna en medio de la noche. Arden como
maderas. Destilan un agua fresca y deliciosa, como la savia de los grandes
àrboles. No parecen llegar de la rochas terrestres: los imaginamos
brotados de la cuevas màs salvajes y profundas. O salidos tal vez de
un foso oceànico donde han aprendido da las sirenas el arte del abrazo
hasta lograr que los brazos se transformen en culebras. Si no tuvieran
nombres como nosotros, no los creerìamos humanos. Los pensarìamos
habitantes de estrellas desconocidas, de planetas de trigo. Entre la sombra
se confunden, a veces, con los dioses. Resbalan y se asustan como animales,
que es otra manera de parecerse a los dioses. No osan la palabra: usan
el gemito y el arrullo. Las palabras màs cortas de la tierra y màs
palabras, sin embargo. Cuando regrese a casa le pedirè a la Muerte
que no venga por ellos. Bello serìa que los dejara libres para siempre
y que salieran a la calle enlazados, como profetas de un rito vegetal y poderoso.
Nosotros les cantarìamos canciones de alegrìa y les pondrìamos
collares de hojas frescas. Grandes collares que les sirvieran como almohadas
cuando se hallaren sin almohadas en algùn sitio amargo de la tierra.
(Introduzione
e traduzione di Tomaso Pieragnolo)
Jorge
Debravo nacque a Guayabo de Turrialba, in Costa Rica, il 31 gennaio 1938 e
morì a San Josè, la capitale, nel 1967, a soli 29 anni, a causa di un incidente
stradale; un autista ubriaco a bordo di una jeep lo investì mentre viaggiava sulla
sua moto. La morte fu istantanea. Debravo nacque in una famiglia molto povera:
il padre e la madre erano campesinos e lui il maggiore e unico maschio di cinque
figli. Fin da piccolo aiutò i genitori nel lavoro dei campi, alzandosi alle tre
del mattino e lavorando spesso fino alle due del pomeriggio. Non essendoci scuola
nel suo villaggio, Jorge frequentò saltuariamente quella più vicina nel paese
di Santa Cruz, a quattro ore di cammino da casa, fino a che la maestra non conseguì
per lui una borsa di studio che gli permise di terminare le primarie a Turrialba
e di isciversi al liceo. A Turrialba, ospite della nonna paterna, pubblicò i suoi
primi versi nel giornale locale; a causa delle forti ristrettezze economiche,
decise però di abbandonare gli studi al terzo anno di liceo per impiegarsi presso
il Seguro Social. A ventuno anni, nel 1959, conobbe Margarita, la donna che fu
compagna della sua vita e che sposò dopo poche settimane. Dello stesso anno la
pubblicazione del primo libro di versi "Milagro abierto" attraverso il "Circulo
de poetas Turrialbeño", di cui facevano parte altri poeti di spicco come Laureano
Albàn e Marcos Aguilar. Attraverso il "Circulo de poetas" approfondì la conoscenza
dei suoi autori preferiti, Vallejo, Neruda, Becker, Withman, Dario, Hernàndez
e la Bibbia, leggendo con insaziabile sete moltissimi testi letterari, quasi a
colmare il ritardo culturale in cui si era trovato a vivere e la sua crescente
inquietudine. Uomo dolce con tormenti improvvisi e profondi, trovò una delle sue
maggiori fonti di ispirazione nel rapporto con la moglie Margarita di cui fu molto
innamorato e alla quale dedicò i versi migliori della sua produzione. L'esperienza
lavorativa gli permise inoltre di conoscere da vicino le miserie e le contraddizioni
del suo paese, che spesso divennero l'assillo e il movente di un filone molto
prolifico della sua poesia. Pur nelle grandi difficoltà quotidiane, Debravo ripose
un costante impegno nella produzione e nell'apprendimento, sacrificando spesso
il riposo notturno, stimolato da uno smisurato desiderio di conoscenza e dalla
speranza di superare in qualche modo la limitazione culturale dell'epoca e della
propria condizione in particolare, che gli facevano percepire la vita come deriva,
senza risorse, nè aiuto. Riuscì a terminare il liceo frequentando corsi serali;
l'anno della morte, il 1967, fu l'anno in cui avrebbe dovuto iniziare l'università.
Una morte precoce e tragica, di cui appaiono numerose premonizioni nella sua poesia.
Nell'opera
di Debravo si percepiscono il timore e il rispetto di fronte al mistero poetico
che egli sente come motivo esistenziale e vive in modo intuitivo, cercando il
massimo contatto con il mondo reale e quotidiano. I suoi versi sono privi di istanze
ermetiche e surreali, anche quando l'influenza della natura poderosa del suo paese
evoca in lui immagini di grande forza emotiva e quasi oniriche nel loro realismo;
predilige così quel cammino artistico sentito come mezzo di conoscenza che cerca
di fondere l'obbiettività e la soggettività, il realismo e il romanticismo, il
limite umano e il suo superamento. Uno sforzo che Jorge intraprende e sviluppa
nell'arco di tutta la sua esistenza, nella cui vasta materia sente la necessità
di immergersi per onorare un dovere imprescindibile; e questo stimolo interiore,
incessante e modellante, è strumento insostituibile per il poeta. La poesia di
Debravo è sempre legata alla sua vita, perchè cerca i temi d'ispirazione nella
realtà che lo circonda; la famiglia, la natura, lo spettro vicino o lontano di
qualunque ingiustizia, in una dialettica sempre antropocentrica. E il popolo,
che conduce le sue battaglie più dure contro le difficoltà del vivere, l'abbandono
e l'isolamento, come espressione in carne ed ossa della concretezza terrena. Nelle
opere più mature, Jorge approda a una poetica che vuole essere espressione dell'animo
umano, intima e viscerale, capace al tempo stesso di afferrare gli oggetti e i
simboli del quotidiano con totale devozione, poetica in cui la vita e la morte,
la solitudine e l'assenza (o un' immanente presenza) abitano un mondo doloroso
e duro ma mai vinto; in questo mondo tumultuoso, per mezzo della poesia, la fratellanza
tra gli esseri, l'amore e il senso di una giustizia da ricreare che tutto trascenda,
pur non riscattandola nell'immediato, rendono comunque un'ampia materia erede
del disincanto biblico e dell'amara ma lirica sapienza india, che tenta di recuperare
il senso dell'esistenza e del ruolo del popolo latinoamericano nel mondo. Il valore
intrinseco e prezioso della sua poesia, a distanza di trent'anni dalla morte,
si riscontra ancor oggi nel successo che i suoi libri continuano ad avere soprattutto
tra i giovani, facendo di Debravo uno dei pochi poeti costaricensi che si vendono
e si leggono, figlio continuo della sua terra e della discendenza meticcia, portatore
nella sua opera di tutto il peso delle aspettative, delle disillusioni, degli
incanti ancestrali e dei timori storico-religiosi del continente latinoamericano.
(fonte parziale: Editorial Costa Rica)
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