Il quartiere Lazzaro Nicola
Fortuna
Acquattati,
nascosti nella semi oscurità dello sfasciacarrozze Rossi & Figlio,
le solite ombre sospette celano con il corpo alla bene meglio le fiammelle che
hanno il compito di scaldare i coltelli che taglieranno l'hashish agli acquirenti
in attesa oltre il cancello, fatto da vecchie reti metalliche di letti adesso
inservibili. Lupa, la cagna che dovrebbe garantirne la guardia, sgranocchia
tranquilla un osso di prosciutto, stretto nella sapiente presa delle sue zampe. Acquattato,
nascosto nella luce del terrazzino, un cittadino poco lontano, stufo del continuo
andirivieni di gentaglia del luogo, mette in ansia la propria moglie con improperi
a loro diretti, che stavolta vanno oltre l'abituale e il giustificabile. -
Ora basta. - Ora basta cosa? - Ora mi sono stufato. Scendo e gliene canto
quattro a quei delinquenti di marocchini. Tu chiama la polizia e i carabinieri.
- Saverio, ma fregatene. - Fregatene? - Sì fregatene, che te
ne viene in tasca? - No, ma fammi capire, fammi capire, da quale parte stai?
Fammelo capire perché sono io allora che non ci capisco più nulla. -
Ma stai zitto, stai, che ci fai più bella figura; non sei capace di aggiustare
lo scaldabagno e vuoi fare il giustiziere della notte? - Giustiziere un cazzo,
bella mia. Sono anni che va avanti questa storia. Il Rossi lo sa, deve esserci
immischiato fino al collo e non fa nulla. - Ecco, allora vuoi pensarci tu?
Domattina, se ti sta tanto a cuore questa storia, prendi le gambe e vai in commissariato
a fare denuncia, la vuoi più semplice di così? E ora esci di li
che ti metti nei casini. - No, ma dico, guarda, guardali. Saranno una ventina.
Bastardi. Arabi bastardi; Allah Allah Allah, ma vengono tutti a qua a qua a qua... -
E questo cosa vorrebbe dire? - Vorrebbe dire che mi sono rotto di vedermeli
sotto casa a fare i loro sporchi traffici. Scendo. - Saverio per la madonna,
falla finita e vieni dentro. - Ho detto che scendo. Tu chiama la polizia e
i carabinieri. - Li chiamo sì, ma per te... per l'amor di Dio Saverio
vieni qua. - Dove hai messo la pistola, cazzo! - Oh, ma t'ha dato di balta
il cervello? - Dove diamine l'hai messa, collaborazionista... - Oh, dico,
sono tua moglie io. Passi tutto, in quarant'anni con te ne ho sopportate di cose,
ma che tu, all'una del mattino, te ne venga fuori con la pistola e con la collaborazionista...
ma non ti vergogni? Ora si che la chiamo la polizia, vedrai... - Brava, intanto
io scendo da quei farabutti di arabi bastardi, glielo faccio vedere io Allah...
rottinculo, che tornino a casa loro. Lupa,
seppur vecchia, conosce le voci amiche. A quella voce, troppo lontana nella memoria,
risponde abbaiando fortemente, certa si tratti di una intrusione nemica. Buon
per lei aver gustato quell'osso, l'ultima bontà di una vita fedele spesa
a proteggere il territorio Rossi e il suo. Il secondo, il terzo e il quarto
proiettile, tracciano una serie di traiettorie precisissime. Il secondo, il
terzo e il quarto bersaglio, rispettivamente un acquirente e due fornitori. Seguono
urla, auto che sgommano impazzite e alzano polvere di ghiaia e sassetti. Un fuggi
fuggi generale, ancora spari. Uno in particolare, dal suono diverso, di calibro
differente, lo coglie al petto e non gli dà modo di continuare una giustizia
sommaria iniziata con quattro centri su cinque. Poi ancora urla. Di donna.
Poi sirene che sguaiano stridule, assordanti, rimbombando fra gli alti palazzoni
prefabbricati, attoniti spettatori di un non c'è niente da vedere, circolare,
circolare.
(Tratto
da Curami, Edizioni Clandestine, Marina di Massa, 2006.)
Nicola
Fortuna è nato a Viareggio nel 1972.
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