Parole Irina
Boutourline-Young
Ula sedeva accanto
a Zen e guardavano scoppiettare il fuoco. Era estate, le braccia e le gambe dei
due giovani erano scoperte e i loro visi abbronzati. "Incredibile",
esclamò entusiasta. "Si", rispose Zen annuendo con la testa. "
Se dire si - lo corresse Ula - non essere bisogno di fare segno con capoccia" Gli
sorrise ma Zen sbuffò, e così cambiò discorso: "Volere
giocare con fuoco?" "No! Essere ammattita? Troppo pericoloso" "Che
noia" A Zen , che era il più pigro, non piaceva altro che dipingere
sulle pareti delle caverne, e lo faceva anche bene, pur essendo diventato in questo
modo lo zimbello della famiglia. Ula cominciava ad essere stufa del suo solito
comportamento e le sarebbe piaciuto fare nuove amicizie. "Che volere fare?",
sospirò. "Scribolare!", rispose Zen con occhi pieni di desiderio. "Meglio
se guardare fuoco allora" Le scintille sembravano danzare tra di loro,
questo piaceva ad Ula e inoltre scacciava i pensieri cattivi che la tormentavano.
Vi chiederete che pensieri cattivi potesse avere una benestante ragazza primitiva:
prima di tutto si sentiva evolvere ogni giorno di più. Evolvere non significa
che da bambina diventava donna, ma da scimmia essere umano. E poi doveva occuparsi
della comunicazione tra i suoi simili e quindi inventare ogni giorno almeno dieci
parole nuove o cinque simboli per la scrittura, perché se non l'avesse
fatto le avrebbero impedito di mangiare. A Zen il fuoco faceva l'effetto contrario,
ma si era talmente invaghito di Ula che avrebbe sopportato di tutto pur di stare
con lei. "Essere bella", diceva sempre Zen "Tua mamma?" "No" "Tua
sorella?" "No!No!" "Chi allora?" "Niente,
niente" A quel tempo non avevano ancora inventato il 'tu'. Il posto
dove a Ula piaceva andare di più era il mare, che distava pochi chilometri
dalla loro tribù. Una sera, mentre camminava sulla spiaggia, vide Zen che
le veniva incontro. "Ciao Ula", la salutò un po' imbarazzato. "Che
fare qui?" "Parlare" Ula si sedette sulla sabbia e lui la
imitò. Zen sudava tantissimo e questo attraeva leggermente Ula perché
a quel tempo veniva considerato espressivo e naturale. "Nonno racconta
sempre storia. - cominciò Zen - Dice che se baciare su impronta di qualcun
altro, dopo la persona che appartiene impronta prova qualcosa di forte al cuore.
Si sente male, non riuscire a mangiare, pensa troppo
" "Davvero?
- lo interruppe Ula - Allora volere provare perché così riuscire
a pensare per inventare parole e se non riuscire non importa, tanto non riuscire
a mangiare" Zen volle farla felice e così baciò l'impronta
di Ula. Tornarono a casa e la leggenda del nonno cominciava ad avverarsi. Appena
Ula guardava Zen sentiva una stretta al cuore e un brivido che le attraversava
la spina dorsale. Non riusciva più a concentrarsi sul lavoro da svolgere
e non pensava altro che a Zen. Era un sentimento fortissimo che non aveva mai
provato in vita sua, e doveva assolutamente dargli un nome. Un giorno le venne
in mente quello perfetto: amore. Suonava bene ma si vergognava a pronunciarlo,
perché nessuno ne aveva mai sentito parlare. A quel tempo non esisteva
neanche, si facevano i figli soltanto perché altrimenti la razza si sarebbe
estinta. Ula diventava sempre più bella e più grande e Zen cominciava
a pensare che la leggenda del nonno fosse solo una frottola, visto che cercava
sempre di evitarlo. Un giorno si fece avanti e chiese a Ula: "Cosa c'è?" "Amore"
"Non capire
" Ula sembrava disperata. "Volere scribolare
a casa mia?", chiese Zen dopo un po'. "Si", rispose per la prima
volta Ula. Zen dipinse un ometto che cercava una donna e non la trovava da
nessuna parte perché era sempre nascosta dietro a qualcosa. Ula invece
dipinse un'altra donna che se ne stava da sola e che si teneva le mani fra i capelli. Questi
disegni infantili non crearono subito un'intesa tra i due giovani, ma presto Ula
cominciò a sentire il bisogno di un contatto fisico con Zen. Nove mesi
dopo nacque una bambina che chiamarono Selfe, e poi ne sfornarono molti altri.
Così è stato nominato il sentimento senza capo né coda
che si è tramandato di generazione in generazione.
Irina Boutourline-Young, di padre russo e madre francese, è nata a Roma nel 1992, dove vive e frequenta una scuola internazionale.
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