L'amore più grande

Romain Gary




(...) Ai ragazzi di otto anni che fossero arrivati a questo punto della mia storia, e che avessero vissuto, prematuramente come me, il loro amore più grande, vorrei dare qui qualche consiglio. Suppongo che tutti costoro abbiano freddo, come me, e che stiano lunghe ore al sole tentando di ritrovare qualcosa di quel calore che hanno già conosciuto. Io raccomanderei loro anche dei lunghi soggiorni ai tropici. Non è da scartare neppure un buon fuoco di caminetto e l'alcol può essere di un certo aiuto. Segnalo loro la soluzione di un altro ragazzo di otto anni amico mio, anche lui figlio unico, che attualmente è ambasciatore del suo paese in qualche parte del mondo. Si è fatto fare un pigiama riscaldato elettricamente, e dorme sotto una coperta e su un materasso anch'essi elettricamente riscaldati.
È da provare. Non dico che tutto questo vi faccia dimenticare l'amore materno, ma val lo stesso la pena di farlo.
E forse venuto il momento di dare una spiegazione franca su un punto delicato, a rischio di scioccare e sconcertare qualcuno dei lettori o di passare per un figlio snaturato, secondo le teorie di certi psicanalisti in voga: non ho mai avuto, per mia madre, tendenze incestuose. So che questo rifiuto di guardare in faccia le cose farà immediatamente sorridere gli smaliziati e che nessuno può essere garante del proprio subcosciente. Mi affretto ad aggiungere che anche il beota che sono s'inchina rispettosamente davanti al complesso d'Edipo, la cui scoperta e divulgazione onorano l'Occidente e costituiscono indubbiamente, insieme col petrolio del Sahara, una delle più feconde conquiste delle ricchezze naturali del nostro sottosuolo. Dirò di più: consapevole delle mie origini un po' asiatiche, e per dimostrarmi degno della comunità occidentale evoluta che mi aveva accolto con tanta generosità, spesso mi sono sforzato di richiamare l'immagine di mia madre da un punto di vista libidinoso, al fine di liberare il mio complesso, del quale non mi permettevo di dubitare, per sbandierarlo alla piena luce culturale e, in maniera generale, dimostrare che non battevo ciglio per la paura e che quando si tratta di tenere il mio posto tra i nostri luminari spirituali, la civiltà atlantica poteva contare su di me sino in fondo. Ma non ebbi successo. Eppure, io ho senza dubbio da parte mia antenati tartari, cavalieri veloci che non hanno tremato, se la loro fama è giustificata, né davanti allo stupro, né davanti all'incesto, né davanti a nessun altro dei nostri illustri tabù. Ancora: posso cercare di spiegarmi meglio, senza tuttavia volermi giustificare. Se è vero che non sono mai arrivato a desiderare fisicamente mia madre, ciò non dipese tanto da quel legame di sangue che ci univa, ma piuttosto perché lei era già una donna d'età e perché per me l'atto sessuale è sempre stato legato a una certa condizione di giovinezza e di freschezza fisica. Confesso che il mio sangue orientale mi ha reso sempre particolarmente sensibile alla tenerezza dell'età e che, col passare degli anni, questa tendenza, mi dispiace doverlo dire, si accentua in me: regola quasi generale, mi si dice, presso i satrapi dell'Asia. Non credo di aver provato dunque, verso mia madre, altro che sentimenti platonici e affettuosi, non avendola conosciuta mai veramente giovane. Non più stupido di altri, so che una simile affermazione non mancherà di essere interpretata come si deve, e cioè alla rovescia, da quei saltellanti parassiti succhiatori dell'anima che costituiscono i tre quarti dei nostri psicoterapeuti attualmente in immersione. Mi hanno spiegato con molta precisione, quei sottili studiosi, che se, per esempio, voi cercate troppo le donne, ciò significa in realtà che siete un omosessuale in fuga; se il contatto intimo con un corpo maschile vi repelle - devo confessare che è il caso mio? - ciò significa che siete un amatore di poco conto; e, per andare sino al fondo di questa logica di ferro, se il contatto con un cadavere vi ripugna profondamente, ciò significa che nel vostro subcosciente siete portato alla necrofilia, e attirato irresistibilmente, ora come uomo ora come donna, da tutta quella bella rigidità di membra. La psicanalisi sta prendendo oggi, come tutte le nostre idee, una forma di aberrante totalitarismo; cerca di racchiuderci nella berlina delle sue stesse perversioni. Ha occupato il terreno lasciato sgombro dalle superstizioni, si nasconde abilmente in un linguaggio che fabbrica i propri elementi di analisi e attira la clientela con mezzi d'intimidazione e di ricatto psichico, un po' come quei racketeers americani che vi impongono la loro protezione. Lascio perciò volentieri ai ciarlatani e agli spostati, che ci governano in tanti settori, il compito di spiegare il mio sentimento verso mia madre con qualche stortura patologica: visto cosa sono diventate in mano loro la libertà, la fratellanza e le più nobili aspirazioni dell'uomo, non vedo come la semplicità dell'amore filiale possa non deformarsi nei loro cervelli malati allo stesso modo del resto.
Mi adatterò con molta facilità alla loro diagnosi, perché non ho mai guardato all'incesto sotto la terribile luce da sotterraneo e da dannazione eterna che una falsa morale si è deliberatamente ingegnata a gettare su una forma di esuberanza sessuale che, per me, non occupa che un piccolissimo posto nella scala monumentale delle nostre abiezioni.
Tutte le frenesie dell'incesto mi sembrano di gran lunga più accettabili che non quella di Hiroshima, di Buchenwald, dei plotoni d'esecuzione, del terrore e della tortura da parte della polizia; mille volte più piacevole della leucemia e delle altre probabili, belle conseguenze che deriveranno dagli sforzi dei nostri scienziati. Nessuno mi convincerà mai a vedere nel comportamento sessuale degli individui il criterio del bene e del male. La lugubre fisionomia di un certo illustre fisico, che raccomanda al mondo civile di continuare le esplosioni nucleari, mi è incomparabilmente più odiosa di un figlio che va a letto con la madre. Di fronte alle aberrazioni intellettuali, scientifiche e ideologiche del nostro secolo, tutte quelle che riguardano il sesso mi risvegliano nel cuore il più tenero perdono. Una ragazza che si fa pagare per allargare le cosce al popolo mi sembra una suora di carità e un'onesta dispensatrice di buon pane, se si raffronta la sua modesta venalità alla prostituzione degli scienziati che prestano i loro cervelli all'elaborazione dell'avvelenamento genetico e del terrore atomico. A paragone della perversione dell'anima, dello spirito e degli ideali a cui si abbandonano i traditori della specie, le nostre elucubrazioni sessuali, venali o meno, incestuose o meno, prendono sui tre umili sfinteri di cui dispone la nostra anatomia l'innocenza angelica di un sorriso infantile. Per finire e chiudere del tutto questo circolo vizioso, dirò ancora che mi rendo conto come questo tentativo di difendere l'incesto possa essere facilmente interpretato come un'astuzia del subcosciente che cerca di addomesticare ciò che nello stesso tempo gli fa orrore e lo attira deliziosamente; e fatte così le mie piroette e i miei tre giri di pista sul motivo di un caro, vecchio valzer viennese, me ne ritorno al mio umile amore.
Perché non è necessario ch'io dica che ciò che mi ha spinto a tentare questo racconto è proprio il carattere comune, fraterno e riconoscibile del mio amore: ho voluto bene a mia madre né più né meno, né diversamente, di un comune mortale. Con altrettanta sincerità credo che il mio tentativo giovanile di mettere il mondo ai suoi piedi fu in gran parte impersonale e, quale che fosse - ciascuno ne giudicherà a suo gusto, a sua misura e secondo il suo cuore - quale che fosse la natura, complessa o elementare, del legame che ci univa, una cosa per lo meno mi appare chiara quest'oggi, mentre do un ultimo sguardo a quella che fu la mia vita: si trattava, nel mio caso, non tanto di gettare una luce di vittoria sul destino di una sola creatura amata, quanto sul destino dell'uomo.



(Brano tratto dal romanzo La promessa dell'alba, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2006. Traduzione di Marcello Venturi.)


Romain Gary (pseudonimo di Romain Kacev) nacque nel 1914 in Lituania, figlio naturale di un'attrice di scarso talento, ebrea russa fuggita dalla rivoluzione, e di Ivan Mosjoukine, la più celebre vedette, insieme a Rodolfo Valentino, del cinema muto. A trent'anni, Gary è un eroe di guerra (gli viene conferita la Legion d'honneur), scrive un libro di racconti, Education européenne, che Sartre giudica il miglior testo sulla resistenza, gli si aprono le porte della diplomazia. Sofia, Berna, l'Onu come portavoce della Francia, il consolato generale a Los Angeles. Nel 1956, vince il Goncourt con Les racines du ciel, primo romanzo ecologista. Nel 1960 pubblica La promessa dell'alba. Nel 1962 sposa la bella Jean Seberg, l'attrice americana di Bonjour tristesse, l'interprete romantica di A bout de souffle. Nel 1975 pubblica, con lo pseudonimo di Emile Ajar (identificato all'inizio come Paul pavlovitch, nipote reale di Romain Gary), La vita davanti a sé (Neri Pozza, 2005) che, nello stesso anno, vince il Prix Goncourt.





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