FELICE DANNO NUOVO
( – racconto tratto del libro Racconti di adulteri disorientati – )


Juan José Millás



Vicente Holgado stava per telefonare, quando sentì attraverso il ricevitore una conversazione che si era introdotta nella sua linea:
– Fa un freddo spaventoso, – diceva la donna.
– Perché non telefoni dall’ufficio? – domandava lui.
– C’è solo un telefono ed è sulla scrivania del capo, non vorrai che senta ciò che ti dico.
– A me non importa...
– Ho voglia di vederti.
Il desiderio della donna provocò un silenzio che circolò attraverso il cavo telefonico per sfociare nell’orecchio di Vicente Holgado, al cui interno scoppiò con la stessa assenza di strepito di una bolla di sapone. Dopo il silenzio, giunsero i rumori della strada, che parevano infilarsi attraverso il telefono da cui parlava lei, intrecciati alla respirazione di lui, che aveva difficoltà a rispondere senza perdere il tono di neutralità con cui tentava di dominare la situazione.
– È meglio di no, – disse infine, anche se in un modo che poteva significare il contrario, se il contrario si produceva a richiesta di lei, liberando lui dal compromesso che poteva significare un incontro.
– Allora, perché mi hai chiamato? – rimproverò lei. – Mi ero abituata alla tua assenza, che è come possedere il negativo al posto della foto, e quando sono già rassegnata, richiami. Fai sempre così.
– Non ti ho chiamata, – rispose lui, – ho lasciato un messaggio in segreteria, che è come mandare una cartolina, per augurarti buon anno. Davvero, ti auguro il meglio.
– Il meglio sarebbe che ci vedessimo. Qui fa un freddo spaventoso e in più c’è un rompiscatole che mi guarda con odio perché non smetto.
– Be’, se vuoi, riagganciamo...
– No, ho acceso una sigaretta perché si accorga che ne ho per un pezzo.
Vicente Holgado dedusse che la donna parlava da una cabina. Erano le dieci di mattina e alla radio avevano annunciato temperature sotto lo zero. Cercò di immaginarla infagottata in un cappotto, con una sciarpa intorno al collo e guanti di lana macchiati di nicotina.
– Non vado bene per te, – disse lui con un tono che pretendeva di essere divertente.
– Non hai mai saputo cosa va bene per me. Non vederti è come se mi tagliassero le mani, ma appena mi abituo a farne senza mi crescono di nuovo.
– Per questo non ci dobbiamo vedere, perché a te crescono le mani e a me la voglia di rivederti e poi sto malissimo.
– Perché stai malissimo?
– Perché mi sembra scorretto obbligarti a mantenere una relazione senza futuro. Se non fosse altro che un’avventura, non m’importerebbe, ma sappiamo quanto questa storia ti danneggia ogni volta che ricominciamo.
Vicente Holgado capì che il tipo aveva voglia di andare a letto con la donna senza che ciò implicasse qualche compromesso per la settimana a venire. La sua strategia verbale era diretta a concertare un appuntamento in quei termini, cosa che avrebbe significato rimanere libero da qualsiasi responsabilità per il futuro. Dal suo ufficio – sembrava parlasse da un ufficio – maneggiava il desiderio di lei come un burattinaio con la sua marionetta.
– E se ti dicessi che preferisco che mi danneggi? Dopo tutto mi hai lasciato un messaggio con gli auguri per il danno nuovo.
– Molto ingegnosa. È sempre lì il rompiscatole?
– Sì, gira intorno alla cabina come un avvoltoio. Credo che appena esco mi divorerà sul marciapiede.
– Quanti soldi ti restano?
– Tutti quelli che voglio, sto usando una scheda.
Vicente Holgado sentì che il tipo era un po’ angosciato per il rompiscatole, come se si identificasse più con le sue esigenze che con quelle della donna.
– È coperto? – domandò.
– Chi?
– Il rompiscatole.
– Senti, guarda che dentro la cabina fa freddo tanto quanto fuori; inoltre c’è uno spiraglio in basso da cui passa una corrente più fredda della tua conversazione. Ci manca solo che ti preoccupi più dell’avvoltoio che di me.
– Sai bene che mi identifico sempre con chi rimane fuori.
– Io sono rimasta fuori della tua vita.
– Per questo ti amo, perché non sei dentro.
– Allora, come sopporti tua moglie, che dentro di te ci ha ficcato perfino la cucina?
– Non parlare di mia moglie.
– Dimmi come fai a sopportarla.
– È una questione che riguarda le mie regole morali.
– E riguardo a me non c’è nessuna regola?
– No, tu rappresenti il lato della vita in cui non ci sono regole.
– Fa freddo. Quando ci vediamo?
– Senza regole?
– Sì, senza regole, – cedette la donna.
– Domani, al solito posto, alle quattro. Cosa si vede dalla cabina? – domandò più rilassato.
La donna descrisse il paesaggio urbano che osservava dalla sua prigione di vetro e Vicente Holgado capì che parlava da una cabina che c’era di fronte a casa sua. Allora, riagganciò, scese correndo le scale, attraversò la strada e vide uscire da una cabina una ragazza con il naso rosso dal freddo. le si avvicinò e invece di chiederle l’ora o una sigaretta le disse:
– Non ci andare, è un miserabile.



(Tratto dalla raccolta Racconti di adulteri disorientati , Einaudi, Torino, 2004, traduzione di Paola Tomasinelli)



(Illustrazione di Juan Mildenberger, per gentile concessione dell'Autore.)



Juan José Millás (Valencia 1946) alterna al lavoro di giornalista quello di scrittore, e in ambedue le professioni ha vinto importanti premi.



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