I PIQUETEROS
– Movimenti sociali e nuove prassi politiche in Argentina –
Maristella Svampa
Introduzione
Nell'ultima decade sono emerse in Argentina nuove forme di organizzazione politica e di azione collettiva, che si caratterizzano prevalentemente per l'azione diretta, l'autonomia organizzativa e un'importante dinamica assembleare. Tre diverse tipologie di esperienza illustrano queste nuove prassi: il movimento dei piquetros, le assemblee di quartiere e le occupazioni delle fabbriche da parte dei lavoratori.1 Il seguente contributo si prefigge di abbordare alcuni aspetti di novità del movimento piquetero, il quale a dispetto delle sue svariate componenti ideologiche rappresenta il fenomeno piú irruente degli anni '90.
Il nostro saggio si divide in due parti: nella prima esamineremo evoluzione e caratteri generali del movimento, nella seconda ci concentreremo invece sui suoi aspetti politicamente piú innovativi. La nostra esposizione non potrà prescindere inoltre da alcune questioni di fondo, essenziali per comprendere gli obiettivi e le dimensioni dell'esperienza piquetera. Tra le altre cercheremo di tratteggiare sommariamente il processo di decollettivizzazione avvenuto in Argentina negli ultimi decenni, l'eterogeneità ideologica in seno al movimento piquetero e la sua relazione conflittuale con lo stato; in definitiva, le differenti concezioni sul soggetto politico e la questione, sempre spinosa, del suo rapporto con la persistente cultura peronista.
Parte I. Breve genealogia e caratteristiche del movimento piquetero.
1. Origini e correnti del movimento piquetero.
Per comprendere appieno l'origine dei nuovi processi di organizzazione e mobilitazione è necessario aver chiaro il contesto di trasformazioni economiche, sociali e politiche avvenute in Argentina negli ultimi trent'anni. L'applicazione continuata di politiche neo-liberali ha finito per stravolgere dalle fondamenta la società argentina. Un tale processo segnato dall'impoverimento, da vulnerabilità ed esclusione sociale, cominciò negli anni '70 con l'ultima dittatura militare2, raggiunse una svolta critica tra il 1989 e il 1991 con l'ascesa al governo di Carlos Menem3 - che esacerbò l'apertura commerciale e la ritirata dello stato - e subí un'accelerazione definitiva a partire dal 1995, con il precipitare della recessione economica e uno smisurato aumento della disoccupazione.4
Durante questo periodo di grandi trasformazioni la società argentina non poté contare su ammortizzatori sociali né su centri di formazione o di riconversione professionale, ovvero su quei meccanismi necessari a compensare gli effetti delle progressive misure di flessibilità del lavoro e dei licenziamenti di massa, che nel nuovo contesto di apertura commerciale fecero seguito alla privatizzazione delle imprese pubbliche e alla razionalizzazione di quelle private.
Dall'altro lato occorre ricordare che i grandi sindacati riuniti nella Confederación General del Trabajo (CGT)5, di ispirazione peronista come il governo di Menem, non si opposero alle riforme che virtualmente minavano la loro sfera di influenza, bensí negoziarono col governo la propria sopravvivenza materiale e politica, avallando le riforme e adeguandosi al nuovo contesto sociale ed economico.
In seguito a questi profondi mutamenti, nella società argentina si consolidarono nuove emergenze quali l'aumento della sperequazione sociale, la precarietà del lavoro e, puntualmente, la disoccupazione di massa. Col tempo tuttavia dai meandri della disgregazione sociale emersero nuove forme di organizzazione e mobilitazione. A partire dal 1996-97, per sottolineare la domanda di posti di lavoro, una parte di quell'Argentina immolata al modello neo-liberale e ignorata dai mass-media fece irruzione nelle strade, impedendo la libera circolazione di merci e persone. I primi blocchi stradali si formarono nell'interno del paese, nei centri petroliferi delle province di Neuquén e Salta6, e videro la partecipazione di intere città. È qui che nacque il termine "piquetero", colui che organizza il picchettaggio delle strade, una forma di protesta che grazie alla sua espressività non solo offriva il vantaggio di attirare l'attenzione - dei mass-media e del sistema politico -, ma rappresentava anche un'alternativa per tutti coloro ai quali risultava indegna la definizione di "disoccupato". In special modo per coloro che erano stati - e ancora si consideravano - lavoratori, la possibilità di definirsi "piquetero" aveva un effetto emancipatorio che facilitava l'ingresso nel movimento. Esplorando l'identità del "piquetero" e rimuovendo quella del "disoccupato", risultava piú agevole la ricerca di una nuova dignità che rimpiazzasse quella perduta insieme al lavoro.
È cosí che comincia la storia di piccole organizzazioni locali di disoccupati, che conquistarono una loro identità nel confronto col Partido Justicialista7 e con i sindacati ufficialisti, integrandosi piú tardi nella maggioranza dei casi in federazioni di portata nazionale.
Occorre subito mettere in chiaro che fin dalle origini il movimento piquetero non si presentò unito né omogeneo, bensí venne attraversato da tradizioni organizzative e correnti ideologiche e politiche differenti. In sostanza il processo di formazione del movimento è stato avviato da due spinte fondamentali: da un lato l'esplosione spesso effimera ma anche, almeno in un primo momento, coesiva dei picchetti stradali e delle sollevazioni popolari registratisi nell'interno del paese a partire dal 1996, risultato di una nuova esperienza sociale e collettiva scaturita dal collasso delle economie regionali e dalla privatizzazione delle imprese pubbliche negli anni '90. Dall'altro lato, fu il frutto dell'azione territoriale e organizzativa sviluppatasi nel Conurbano Bonaerense8, direttamente legata alle lente ma profonde trasformazioni del mondo popolare: il prodotto di un processo di deindustrializzazione e impoverimento della società argentina cominciato negli anni '70.
Non è possibile comprendere la genesi e il successivo sviluppo del movimento piquetero se si ignora questa doppia filiazione. In tale prospettiva i conflitti avviati nell'interno del paese rappresentarono un punto di partenza in cui confluirono una nuova identità - i piqueteros -, una nuova forma di protesta - il picchetto stradale -, una nuova modalità organizzativa - l'assemblea -, e una nuova rivendicazione politica - i piani sociali di investimento -, introducendo cosí un'importante novità nel repertorio di mobilitazione argentino. Per contro, l'azione collettiva che ebbe per epicentro alcune regioni del Conurbano Bonaerense contribuí in maniera decisiva allo sviluppo dei modelli di organizzazione su scala nazionale, cosí come alla produzione di nuovi modelli di militanza intimamente associati all'impegno nei quartieri.
Riassumendo, la convergenza tra l'azione spontanea, l'identità piquetera, il modello assembleare nell'interno del paese da una parte, e dall'altra il modello di militanza territoriale sviluppatosi paradigmaticamente in alcune regioni, soprattutto in La Matanza e sull'asse meridionale del Conurbano Bonaerense, sta alla base della ricchezza e della diversità del movimento piquetero, e a un tempo prelude già alla sua inevitabile frammentazione.
L'eterogeneità e la varietà di correnti all'interno dello spazio piquetero appaiono in continua crescita. Presentando le piú importanti organizzazioni di disoccupati, possiamo rendere conto dei diversi orientamenti politici all'interno del movimento, i quali possono essere compresi solo a partire da tre logiche, presenti in misura variabile in tutti i raggruppamenti costituitisi negli ultimi anni: una logica sindacale, una politico-partitica e una locale, circoscritta all'azione autonoma sul territorio.
Riguardo al primo punto, una forte impronta sindacale venne impressa al movimento piquetero sia dall'intervento diretto dei sindacati nell'organizzazione dei disoccupati - vedi il caso della Federación de Tierra e Vivienda (FTV), legata alla Central de los Trabajadores Argentinos -, sia dalla semplice presenza di militanti dai trascorsi sindacali.
Riguardo al secondo indirizzo, i partiti politici della sinistra che hanno messo le loro strutture a disposizione del movimento perseguono obiettivi elettorali e istituzionali, nei confronti dei quali l'organizzazione dei disoccupati rimane subalterna. È il caso dei movimenti Polo Obrero (dipendente dal Partito Obrero di matrice trockista), Barrios de Pie (sostenuto dal partito della sinistra populista Patria Libre), Movimento Territorial de Liberación (Partido Comunista Argentino), e Movimiento Teresa Vive9 (legato al Movimiento Socialista de los Trabajadores di ispirazione trockista).
In terzo luogo, molte organizzazioni piquetere sorte nelle realtà di quartiere decisero deliberatamente di restare svincolate da logiche sindacali o partitiche, e pur facendo tesoro di precedenti esperienze di militanza, preferirono optare per un radicamento autonomo e locale. Tra gli altri sono degni di menzione i diversi Movimientos de Trabajadores Desocupados (MTD) rappresentati nella Coordinadora Anibal Verón, oppure i numerosi raggruppamenti di disoccupati dell'interno quali per esempio l'emblematica Unión de Trabajadores Desocupados (UTD) de General Mosconi, che decise di non confluire in alcuna delle grandi correnti nazionali.
Le tre logiche di azione politica si fondono spesso anche all'interno di singole organizzazioni. È il caso per esempio della Corriente Clasista y Combativa (CCC), che si prefigge fin dalla sua costituzione obiettivi prettamente sindacali (e costituisce l'organizzazione con il maggior numero di affiliati a livello nazionale), mentre gran parte dei suoi referenti milita anche nel Partido Comunista Rivolucionario10 (PRC) di ispirazione maoista. Il Movimiento Teresa Rodriguez (MTR) di ascendenza guevarista e perfino il Movimiento de Jubilados y Desocupados11 (MIJD), che riveste uno spiccato ruolo movimentista e di forte esposizione mediatica, rappresentano ulteriori casi in cui la logica territoriale si mescola a quella politica generando una tensione permanente.
2. La relazione con lo stato
La traiettoria del movimento piquetero conosce diverse tappe: in un primo momento le incipienti organizzazioni di disoccupati avviarono una relazione conflittuale con il governo di C. Menem, ingaggiando in molti casi una lotta "corpo a corpo" contro le strutture clientelari a livello locale (tra il 1996 e il 1999); svilupparono poi una vertiginosa autonomia durante il governo De la Rúa (1999-2001), quando arrivarono a costituire un vero e proprio movimento sociale organizzato; ebbero quindi un ruolo da protagonista nelle grandi mobilitazioni del 2002-2003, rappresentando un indubbio fattore di pressione per il governo di transizione di Eduardo Duharte, cosí come per l'attuale guidato da Nestór Kirchner (2003-).
Le autorità istituzionali svilupparono nei confronti delle organizzazioni piquetere strategie differenti secondo il campo d'azione e le giurisdizioni (provincia o nazione), optando di volta in volta per la trattativa, l'inglobazione o la repressione. In tal contesto, l'unica misura negoziale e sistematica adottata dal governo argentino per far fronte alla progressiva crisi del mercato del lavoro fu il cosiddetto Plan Trabajar del 1996, che mantenne sempre (anche a partire dal 2002, quando venne ribattezzato Plan Jefes y Jefas de Hogar) un'ambiguità di fondo dovuta alla sua natura a metà strada tra sussidio di disoccupazione, emolumento assistenziale e contributo per il reinserimento sul mercato di lavoro. I sussidi ("planes") furono il nucleo intorno al quale si strutturò la politica di contenimento del governo, e si convertirono col trascorrere degli anni nel principale oggetto di trattativa con il movimento per porre fine ai picchetti stradali. Cosí il numero di sussidi aumentò dai 200.000 del 1997 al 1.300.000 dell'Ottobre 2003. Secondo le stime ufficiali, attualmente i beneficiari ammontano a piú di 2.000.000 di persone.12 È importante segnalare che approssimativamente solo il 10% dei sussidi viene gestito direttamente dalle organizzaioni piquetere.13
Nonostante ciò è lecito affermare che al di là dei "planes" sociali, la repressione rappresenta una delle preferenziali della politica neoliberale. La vertiginosa perdita dei diritti sociali e occupazionali venne accompagnata a tutti gli effetti da un inasprimento del quadro repressivo, riscontrabile dal rafforzamento delle forze dell'ordine sia nel numero che nella dotazione. L'esempio piú eloquente viene offerto dalla Gendarmería Nacional, che passò dalla vigilanza delle frontiere al controllo e alla repressione dei conflitti sociali nella provincia, con contromisure che variavano dall'assedio di interi centri abitati all'assassinio14 o all'intimidazione permanente di dirigenti e militanti del movimento.15 La politica repressiva delle forze dell'ordine venne accompagnata da una criminalizzazione della protesta da parte della giustizia. Il numero di imputati ad oggi ammonta a piú di 3.000, la maggior parte accusata di "impedire la libera circolazione" o anche di "sedizione".16
In ultima analisi, un'altra strategia adottata dai diversi governi nei confronti dei movimenti piqueteri è la cooptazione, sotto forma di prebende o piú semplicemente di un "trattamento privilegiato" verso i settori della protesta meno radicali. Questa strategia di corruzione del movimento ha cominciato a rivestire un ruolo centrale dopo l'ascesa al governo di Nestór Kirchner, soprattutto da parte di quegli ambienti politici e sociali che vedevano nel nuovo presidente la possibilità di un ritorno alle "fonti storiche" del Justicialismo.17 Questa speranza, associata alle forti aspettative risvegliate dal governo Kirchner in vasti strati della popolazione, affonda le radici nella crescente diversificazione ideologica dello spazio piquetero, all'interno del quale convivono anche diversi gruppi di ispirazione nazional-popolare. In effetti, l'universo piquetero non comprende solo visioni contestatarie di netta matrice anticapitalista, bensí offre riparo a un ampio spettro di organizzazioni populiste, il che rimanda una volta di piú al problema del forte radicamento del peronismo nella popolazione.
La strategia sviluppata da Kirchner durante il suo primo anno di governo può essere definita "efficace" non solo per l'inglobazione di frange della protesta piú o meno affini alla cultura peronista, ma anche e soprattutto perché conseguí il controllo e l'isolamento delle correnti piquetere che avevano scommesso su un confronto diretto col governo.
(Traduzione di Antonello Piana)
1Per esempio l'occupazione della fabbrica tessile Brukman. Gli operai occuparono la fabbrica il 18 Dicembre 2001 resistendo a tre tentativi di sgombero da parte della polizia. Il 18 Aprile 2003 tuttavia la fabbrica venne assaltata dalle forze dell'ordine contro la resistenza di circa 4.000 dimostranti. Successivamente venne sorvegliata come un edificio di massima sicurezza. Il 9 Maggio 2003 gli operai ripresero in parte la produzione per cucire indumenti destinati alla popolazione di Santa Fé colpita da un'alluvione. Durante quel periodo si susseguirono quasi quotidianamente azioni e dimostrazioni allo scopo di riconquistare il controllo della fabbrica, di strappare aumenti salariali e imdurre le istituzioni a varare misure contro la disoccupazione di massa (n.d.t.)
2L'ultima dittatura militare cominciò il 24 Marzo 1976 con il colpo di stato del generale Jorge Vileda e durò fino al 1983. Venne segnata da una forte stagnazione economica e dalla priorità data al pareggio della bilancia commerciale (v. Svampa/Pereyra 2003, pp. 18)
3Il governo di Carlos Saúl Menem succedette il 14 maggio 1989 a quello di Raúl Alfonsin. Il "decennio di Menem" rappresentò il ciclo piú lungo di un presidente argentino nel XX secolo. Il 10 Dicembre 1999 Menem passó le consegne a Fernando de la Rúa (n.d.t.).
4Secondo l'Encuesta Permanente de Hogares (EPH) dell'Instituto Nacional de Estadísticas y Censos il tasso di disoccupazione è cresciuto dal 6,9% (1991) al 18,4% (1995). Dopo un picco del 21,5% (2002) è attestato oggi al 21,4%.
5Confederazione sindacale sostenuta e "addomesticata" da Perón. Ne è presidente dal 1996 il peronista Rodolfo Daer (n.d.t.)
6Entrambe le province sono situate alle pendici delle Ande, Salta nell'Argentina nord-occidentale, Neuquén a Sud-Ovest di Buenos Aires (n.d.t.)
7Il partito Justicialista fu negli anni '40 un prodotto e uno strumento del populismo "bonapartista" di Juan Domingo Perón (1895-1974). Perón venne eletto presidente nel 1946 e scalzato nel Settembre 1955. Dopo un esilio di diciotto anni trascorso in Spagna, nel 1973 rientrò in Argentina e vi governò fino alla morte insieme alla seconda moglie, eletta vicepresidente. Come anche per esempio il MNR (Movimiento Nacionalista Revolucionario) boliviano, il nazionalismo justicialista (piú tardi "peronista") propugnava un generico antiimperialismo che offriva riparo a correnti di destra come di sinistra. Tra il 1985 e il 1987 si affacciò alla ribalta una nuova generazione di politici che riuscí ad imporre elezioni democratiche e un allentamento dell'abbraccio tra il partito e la confederazione sindacale. A questa generazione apparteneva anche Carlos Menem. Attualmente il Partido Justicialista è il primo in Parlamento con 132 deputati alla Camera e 41 al Senato, ed è al governo in 15 province su 24 (n.d.t.)
8Cintura periferica di Buenos Aires (n.d.t.)
9Il Movimiento Teresa Vive è un'organizzazione di disoccupati dalle forti radici guevariste, che in origine agiva prevalentemente nelle province Florencio Varela, Solano, Hurlingham e Mar de la Plata e oggi è una delle piú influenti del paese. Il nome del movimento ricorda Teresa Rodriguez, la madre di due bambini assassinata a Neuquén durante un picchetto stradale di protesta contro la privatizzazione e la chiusura di un'azienda petrolifera (n.d.t.)
10Partito maoista nato nel 1967 in seguito a una scissione dal Partido Comunista Argentino. Il suo fondatore Otto Vargas ne guida a tuttoggi le sorti (n.d.t.)
11Guidato da Raúl Castells e Nina Peloso. Dal 1996 al 2001 fece parte del CCC (n.d.t.)
12Per le stime ufficiali del 2003 si rimanda a "Siempro" (www.siempro.gov.ar). Il sussidio ammonta a 150 Pesos (circa 50 US$) mensili per famiglia.
13Attualmente ha diritto al "plan" almeno uno dei membri di ogni famiglia con bambini, in ossequio al "derecho familiar de inclusión social". Il sostegno può prevedere: a) un sussidio scolare o sanitario per i figli, b) la partecipazione a un corso di formazione professionale, c) la partecipazione ai progetti produttivi dei comuni. Si tratta del piú ampio intervento sociale applicato oggi in America Latina. Grazie ad esso vengono sostenute strutture preesistenti come panetterie, sartorie e piccole manufatture colletive.
14Per esempio lo spettacolare omicidio di Anibal Verón e piú tardi di Teresa Rodriguez, oppure quello dei giovani attivisti del CTD "Anibal Verón" Darío Santillán e Maximiliano Costecki. La pubblicazione di foto e sequenze del delitto portó all'iarresto del responsabile dell'azione, il commissario Alfredo Franchiotti, e di altri due correi. In seguito alla vicenda i vertici della polizia della provincia di Buenos Aires dovettero dimettersi (n.d.r.)
15Tutti i governi hanno cercato di disciplinare il movimento piquetero sollevando la distinzione tra una "protesta illegittima" e una "legittima", paventando tra il 1996 e il 2002 lo spauracchio di "una nuova guerrilla" volta a conquistare il potere cospirativamente. Attualmente la strategia governativa mira a tracciare un fossato tra la mobilitaazione delle strade e la "normalità istituzionale", con l'obiettivo non tanto di delegittimare la mobilitazione, quanto di consolidare l'immagine di una "democrazia assediata" dal movimento piquetero.
16Il conflitto politico è effettivamente anche un conflitto giudiziario. Nella maggior parte dei casi tuttavia la giustizia si è espressa per la "libertà di movimento", criminalizzando la protesta. In molte regioni periferiche dove sopravvivono retaggi feudali (per es. in Salta) esiste un'aperta e militante ostilità delle diverse istanze pubbliche verso il movimento piquetero. In questo senso la questione sociale viene deliberatamente degradata a problema di ordine pubblico.
17Dopo la vittoria alle elezioni del 1946, Perón promise un minimo di sicurezza sociale alle classi piú umili dei contadini e degli operai, contro il volere dell'oligarchia agricola tradizionale. Durante l'età dell'oro degli anni '40, la potenza economica argentina era l'ottava al mondo (n.d.t.)
Maristella Svampa è docente dell’Universidad Nacional di General Sarmiento e ricercatrice al CONICET di Parigi.
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