IL TRITTICO DI UN COMPLESSO
Visar
Zhiti
1.
La porta di vetro dell'Europa
Ero
appena arrivato in una città straniera, nella vicina
Italia, che così spesso consideriamo come la porta per
entrare in Europa, ed avevo voglia di bere un caffè,
come capita dopo lunghi viaggi. Dietro portici tradizionali
vidi un bar di vetro molto vicino, aperto, dissi tra me e me,
e mi incamminai in quella direzione. Volevo salutare le statue
del complesso della fontana. All'ingresso del locale successe
ciò che non mi sarei aspettato, anche se non successe
niente, ma che divenne motivo per pensare a preoccupanti -
e non preoccupanti - cose del genere, più importanti.
Come la mela di Newton, che gli cadde sulla testa. Mentre dormiva
scoprì la Legge della Gravitazione Universale.
Accelerai il passo verso la porta aperta del bar, ma quando
colpii la vetrata con la testa capii che ero stato ingannato.
Era così trasparente
quella porta, così ben pulita, che mi sembrò che
non esistesse. La testa fece rumore, e il vetro allo stesso tempo,
ed alcune delle persone che si trovavano dentro si voltarono
con discrezione, ma non dissero niente, né risero come
sarebbe successo nella mia città. Solo il cameriere
corse ad aprirmi. La porta bella ed ingannatrice, illuminata
nella
stessa misura di quella giornata, tutt'uno con lei.
Gustavo il buon caffè e pensavo non senza tristezza alla
porta che mi era apparsa e che diventava sempre più grande,
come l'orizzonte. Ma perchè non ero riuscito a vedere
quella porta di vetro, che mi si fosse indebolita la vista, oppure
era così pulita da rendere la sua trasparenza perfetta
e, siccome vengo da un paese con molta polvere ed immondizia,
ed immondizia viva, inoltre, pieno di imprecazioni e stress,
ti può capitare di tutto, si va dalle sorprese delicate,
vitree, fino ai grandi grotteschi, spesso anche intergovernativi.
Forse anche l'Europa è così, brilla davanti a noi,
attraente, e fa che tu le vada incontro come una sua parte naturale,
ma un vetro trasparente ostacola l'ingresso: forte, antiproiettile,
impietoso. Dunque serve, oltre all'altro tipo di osservazione,
attenta e intelligente, più addestrata, forse anche
qualcuno che ti apra la porta, ma comunque sia, per non confonderti
e
per non sbagliare, serve (guarda un po') una patria pura.
2.
La Torre pendente
Avevo
sentito parlare della Torre di Pisa, ne sapevo qualcosa: lì Galileo
Galilei aveva fatto il suo importante esperimento, ma mi sfuggiva
quale esperimento. Aveva buttato qualcosa dall'alto, non una
persona, no, avevo visto delle foto di quella Torre nei libri
di scuola, nei libri di fisica; era diventata famosa, la Torre
secolare, solamente perchè ora se ne stava storta, strano,
e tutto quello che sta dritto in questo mondo, persone e cose,
rimane anonimo. Non avevo mai visto la Torre pendente, ma siccome
saremmo passati da quelle parti per arrivare nella città vicina,
dove mi avevano invitato, manifestai il desiderio di visitarla,
anche se pioveva forte. Succede che i desideri vengano esauditi,
soprattutto quando sei straniero, e la macchina girò verso
la Piazza dei Miracoli, veramente una piazza miracolosa, chiese
bianche, cupole e campanili come fatti di marmo celeste e la
meraviglia, la Torre inclinata, con quegli archi graziosi,
o Dio, come era bella, che ansia ti incuteva, e se cadesse
ora, in questo momento, perché, come se pendesse sempre
di più, lentamente, lentamente, in modo maestoso, senza
interruzione, piegava da una parte. Se non sapessi nulla, avresti
paura, vorresti fuggire in preda al panico gridando: "Sta
cadendo la Torre di Pisa, allontanatevi, distruggerà gli
edifici, seppellirà le persone". Numerosi turisti
giravano lì attorno nella pioggia, fotografavano da
sotto i loro ombrelli colorati. Si trovano qui da secoli questi
turisti, come sono ingenui, mi stava dicendo ridendo l'accompagnatrice,
e la Torre, come se mi terrorrizzasse, mi ricordava gli esami
scolastici, mi appariva in sogno e non cadeva la Torre, mentre
io continuavo a bagnarmi per metà, suggestionato.
All'inizio mi si bagnò un braccio, la spalla: non c'era
posto sotto l'ombrello; poi tutta la schiena, per intero. Perché il
peso dei turisti che salivano sulla Torre non la faceva pendere
ancora di più? Ci sono tanti progetti per raddrizzarla,
da tutto il mondo, giapponesi soprattutto, ascoltavo la voce
dell'accompagnatrice, oppure più giustamente che si mantenga
così, pendente, che non cada. Mi venne in mente una vignetta
di un giornale straniero, si raddrizzava, la Torre di Pisa, buttando
giù dall'alto del Viagra, abbiamo riso, illusione ottica,
no, no, la Torre non è storta, è dritta la Torre,
proprio dritta, non so perché al mondo sembrava così,
non credo che si fosse raddrizzata solo per me ora, per pietà,
mentre pioveva. La Torre è dritta, insistetti io, perché si
crede diversamente.
Quando siamo entrati in macchina, l'accompagnatrice stava parlando
con l'amato al volante sul perché capita che le persone
giungano da altri paesi, dove ogni cosa va nel peggiore modo
possibile, ho aggiunto io, dove ogni cosa è storta, le
mura, la politica, le leggi, le strade, la posizione geografica,
le conversazioni, il presidente, le costruzioni abusive, la disoccupazione,
la povertà, la memoria, pali della luce storti, deputati
storti, corriere, storie, ecc., ecc, all'improvviso la Torre
di Pisa, come mi disse anche un noto regista albanese, sembra
loro come l'unica cosa diritta sulla faccia della terra.
Io guardavo i rigagnoli della pioggia sul vetro, che colavano
dritti.
3.
L'uccello che viene accecato
L'incontro
di poesia iniziò con ritardo, e finì a mezzanotte,
in una delle sale del comune piccolo di Capannori. Per prima
parlò Mia Lecomte, poi Julio Monteiro Martins, lo scrittore
di origine brasiliana. Lessero anche poesie. Io rispondevo
alle loro domande e a quelle dei presenti in sala. Li guardavo,
erano giovani, per la maggior parte ragazze. La galassia dei
grandi occhi di fronte mi dava la sensazione dell'infinito.
Facevano più domande gli anziani, le donne soprattutto,
domandavano anche in tre contemporaneamente, volevano sapere
della prigione, non solo come ci si lavorava e come ci torturavano,
ma come leggevamo, come era possibile scrivere poesie anche
là. Eri stato condannato a causa loro (per le poesie)
e aumentava l'ammirazione per l'uomo, anche quando veniva da
lontano, ed era straniero. Perchè la potenza interiore,
l'amore, non ha nazionalità, è di tutti. Ma viene
apprezzato questo nel tuo paese? E quelli che vi hanno condannati?
Quelli che ci hanno condannati, ora non credono di averci condannati,
volevo dire. Soprattutto gli (sh)krimtarët (l'autore fa
un gioco di parole: da shkrimtarët , gli scrittori, mettendo
tra parentesi la sh, ne risulta una parola la cui prima parte è krim,
crimine, e la seconda parte un suffisso che indica l'agente.
n.d.t.) - gli scrittori del Realismo Socialista. Noi abbiamo
un uccello, iniziò a raccontare Julio con voce profonda,
come roca, forse per via della commozione non repressa, che
canta meravigliosamente, ma solo di notte. Alcuni vorrebbero
sentire il suo canto anche di giorno e sapete cosa fanno? Gli
trafiggono gli occhi, lo accecano, perché sia sempre
buio ed egli canti nella sua notte violentata ed eterna in
mezzo al giorno peccaminoso degli altri. Mi venne la pelle
d'oca. Forse anche il vostro paese, mi stava dicendo il brasiliano,
si comporta con i poeti come nel mio paese con l'uccello. Crea
la notte perchè cantiate. No, perché non cantiamo.
Il crimine è due volte più grave, volevo dire.
Ma cosa fanno gli intellettuali nel tuo paese ora, ha chiesto
un altro impaziente. Prendono le ferite dei perseguitati e
se le attaccano alla pelle, una specie di nuovo tatuaggio.
Mi sentivo stanco, non riuscivo a parlare. Mi opprimeva la cecità provocata
dell'uccello, mentre le ali di qualcuno morivano lentamente.
(Traduzione
di Edmond Çali e Nadia Tonziello)
Visar
Zhiti è nato a Durazzo, Albania, nel 1952. Laureato
in letteratura ha esordito giovanissimo sulle maggiori riviste
letterarie. Era già pronta per la pubblicazione la sua
prima raccolta quando è stato arrestato e processato,
nel 1979, per "propaganda e agitazione contro lo stato".
Le sue poesie, portate quale prova del processo, hanno costituito
l'atto d'accusa "per le influenze borghesi e decadenti
dell'autore". Condannato a dieci anni di carcere ne ha
scontati otto. Con la caduta del comunismo, dal 1993 hanno
visto la luce i suoi libri di poesia, narrativa e favole per
bambini. Ha tradotto in albanese Le preghiere di Madre
Teresa (1997), e la silloge di poesie di Mario Luzi Il
destino del giorno (1998). E' incluso in antologie in Germania, Inghilterra,
Francia. In Italia, dove ha vissuto alcuni anni con l'incarico
di consigliere culturale dell'Ambasciata albanese, ed è citato
nella Piccola Enciclopedia Treccani, ha pubblicato un racconto
nell'antologia Racconta il tuo Dio (Oscar Mondadori, 1995),
il volume di racconti Passeggiando all'indietro (Oxiana ed.
1999), e la raccolta poetica Croce di carne (Oxiana ed. 1997).
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