COME
COI CANI A CARNEVALE
Camilo
José Cela
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...messo
Sancho nel mezzo della coperta, cominciarono a buttarlo
per aria, divertendosi con lui, come si fa coi cani a
carnevale
Chisciotte
...cominciarono
a buttarmi per aria con una coperta, come si fa coi cani
a carnevale.
Marcos de Obregón |
Quello di cane è un brutto mestiere, un mestiere senza
mezzi termini: si sa che tra i cani non c’è classe
media, ma solo aurea aristocrazia e sudicio e affamato popolino.
Alcuni cani vivono come duchi e mangiano petti di pollo e bevono
latte, mentre altri bazzicano per i macelli, prendono bastonate
e, quando viene carnevale, volano per aria, con la spina dorsale
spezzata in due. I cani, a carnevale, li dipingono a strisce
a maggior beffa loro e allegria degli altri, e così, quando
van per aria, la gente dice: sembrano farfalle!”, e gode
onestamente e senza far male a nessuno (il cane non conta, ché apposta è cane
e non consigliere comunale, diciamo, o proprietario di una catena
di negozi di souvenir).
A Blas Trouchón, Farinella, quando finì la partita,
lo misero nel mezzo della coperta e cominciarono a buttarlo per
aria, divertendosi con lui, come con un cane a carnevale. La
scena fu divertente e brutale, e il pubblico, mentre a Blas Tronchón,
Farinella, si frantumavano le ossa, si divertì con grande
compostezza.
“Un’altra volta impara a non sbagliare il rigore,
vero?”.
“È
quello che dico anch’io: un’altra volta non sbagliava
il rigore. Così impara ad aggiustare la mira!”.
Blas Tronchón, Farinella, aveva un tiro potente e spietato
che era l’orgoglio dei tifosi della squadra del club e
il terrore dei portieri avversari. Blas Tronchón, Farinella,
era molto bravo e tirava sia con un piede sia con l’altro;
la testa, da fuori, la usava bene e al momento opportuno. Blas
Tronchón, Farinella, era il boia dei rigori, il fiero
e freddo esecutore della pena di morte del calcio. A volte, però,
falliva il colpo e allora i suoi compagni, alla fine della partita,
lo sballottavano su una coperta come un cane a carnevale, per
punizione.
“
Ma che state facendo con quel disgraziato?”.
“
Niente, signora; sballottandolo, così impara a mirare
meglio. E poi non è un disgraziato, è il famoso
Bras Tronchón, Farinella, il nostro centravanti, sette
volte nazionale. Noi siamo comandati, non facciamo che eseguire
gli ordini”.
“
Dell’allenatore, quel fantasma senza carità?”.
“
No, signora, delle nostre coscienze”.
Blas Tronchón, Farinella, è scrivano nella fabbrica
di mangimi Ruiz Hermanos, famosa anche a l’estero per la
fine qualità dei suoi prodotti. Il suo capo, don Felipito
Lancillotto, fa ginnastica yoga, di nascosto, perché non
ridano di lui. Don Felipito è un nano molto diligente,
che porta il mezzo tacco, scrive versi e dorme con la retina
(come le donne civettuole e tubercolotiche di trent’anni
fa e le vedove dei brigadieri del corpo dei carabinieri). Blas
Tronchón, Farinella, che è un subalterno di fiducia,
lo aiuta ad aggiustarsi le onde con la saliva.
“
E perché ieri hai sbagliato il rigore, disgraziato?”.
“È
la vita, don Felipito! Le cose della vita!...”.
Quando Blas Tronchón, Farinella, durante lo sballottamento,
va per aria, ne approfitta per pensare.
“
Di solito le bionde vanno in tribuna e le brune in curva; si
sa che i fidanzati delle bionde stanno meglio a soldi. Don Felipito
dice di no, che non c’entra. Magdalenita, quella che sta
alla cassa, che è bruna, è fidanzata con un ragazzo
che ha da poco ereditato una vera fortuna, un ragazzo ricchissimo,
il Samuel (che è strabico e ha le orecchie come cavolfiori).
Da qualcosa dipenderà, ma in tribuna si vedono più bionde
e in piccionaia più brune; forse è il sole che
le abbronza, chissà”.
L’arte dello sballottaggio (si dice sballottamento, giovanotto,
si dice sballottamento!) è la sorella scema dell’arte
del diabolo, che è quella intelligente e raffinata, la
sorella giocherellona ed elegante ( e intelligente e raffinata).
Nel cuore delle bimbe che giocano a diabolo si annida la cauta
larva del peccato mortale, il sonnolento vermiciattolo che, a
volte, se gli spuntano ali colorate, si trasforma in capricciosa
e volubile farfalla. Quando Blas Tronchón vola sopra le
teste dei suoi sballottatori (così come ondeggia sulla
testa della bimba la falsa clessidra del diabolo), pensa:
“
A don Felipito presto lo manderanno in pensione; ai nani li mandano
in pensione giovani, così non rompono le scatole. Un nano
che rompe le scatole è difficile da sopportare. Don Felipito è molto
atletico, però porta il tacco cubano, come i cantanti
di flamenco. Quando tirerò un altro rigore, ci metterò tutta
l’attenzione, e vediamo se sbaglio; questi barbari mi stanno
facendo a pezzi, a furia di eseguire gli ordini della loro coscienza.
Allora sono meglio i nani senza coscienza, i nani strafottenti,
i nani spietati; in fondo, siccome quasi non hanno fiato, sono
più sopportabili. Le brune non hanno niente da invidiare
alle bionde; viceversa, nemmeno. Non voglio azzardare giudizi
temerari su nessuno, non vale la pena”.
Ai pompieri, quando sballottano sulla coperta le vittime delle
inondazioni (per regola generale, al grido: Viva gli scherzi
e la baraonda!), aprono a loro carico un procedimento disciplinare
e finiscono per buttarli in mezzo a una strada.
“
E non si porti via il casco; lo lasci sull’attaccapanni,
per favore”.
Nonostante la loro cattiva condotta, non è che li sballottino
sulla coperta come a un cane il martedì grasso (in modo
umiliante e doloroso). Blas Tronchón, Farinella, è un
trionfatore a cui non si perdona il fatto di non trionfare. La
gloria ha le sue esigenze, i suoi capricci e i suoi salati pedaggi.
“
Faresti a cambio con don Felipito, Blas?”.
“
No, signora”.
“
E con un pompiere?”.
“
Nemmeno”.
“
Allora stringi i denti e sopporta, ragazzo, e rassegnati a farti
sballottare quando sbagli il tiro. C’è chi sta peggio”.
A Blas Tronchón, Farinella, spuntarono le lacrime.
“
Sì, signora, ha ragione. Me ne rendo conto!”.
Quello di cane è un brutto mestiere: la rendita del capitale è direttamente
proporzionale al rischio. Quello di calciatore è un mestiere
rischioso, di premi e castighi inusuali, imprevisti. Blas Tronchón,
Farinella, di solito non liscia i rigori, sebbene il fatto di
tirare rigori abbia anch’esso i suoi rischi, le sue preoccupazioni
e il suo azzardo.
(Tratto
da Undici racconti sul calcio, Passigli editori, Firenze,
2000, Traduzione di Bruno Arpaia)
Camilo
José Cela, nato in Galizia nel
1916, ha ricevuto nel 1989 il Premio Nobel per la letteratura.
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