DA
QUI VERSO CASA
Davide
Bregola
Vi propongo in questo nuovo libro, “Da
qui verso casa”, undici dialoghi con altrettanti autori stranieri
che scrivono romanzi in italiano senza avere bisogno di un traduttore.
Con questi narratori ho parlato di scrittura, di narrativa, di
libri e ne sono nati, grazie alla loro benevolenza, pensieri
molto interessanti. Completate le undici interviste, ho tessuto
una specie di dialogo “immaginario” ponendomi domande alle quali
ho risposto con i contenuti di alcuni libri scritti da Armando
Gnisci, il più accreditato critico e studioso della letteratura
italiana della migrazione. Ne è venuto un dialogo intertestuale.
Nel suo Saggio sulla giornata riuscita,
Peter Handke dice: Chi ha già vissuto una giornata riuscita?”.
Sulle prime diranno di sì quasi tutti. Ma allora bisognerà fare
un’altra domanda.
“Intendi riuscita o semplicemente bella?”.
È grazie a questa sottile differenza
che ho compreso di aver tenuto dialoghi con undici scrittori
e di aver trascorso altrettante giornate riuscite. Ho diluito
queste giornate da Maggio 2001 a Gennaio 2002 e comprenderete
certamente perché mi considero un privilegiato: non capita spesso
di avere una media così alta di giornate riuscite. Quelle giornate
non sono passate in vano. Attraverso le parole degli autori ascoltati
ho appreso, mi sono divertito, il mio spirito ha avuto nutrimenti.
Lo scopo era di venire a conoscenza
di realtà diverse dalla mia, di trovare comunanze, diversità,
ricchezze sconosciute, di scoprire quelle Letterature dei Mondi
che contrastano la letteratura globale, ossia quella letteratura/mercato
che punta ai soldi e alle grandi vendite ma che il più delle
volte è letteratura di regimi in cui vige il “pensiero unico”.
Con questi dialoghi ho cercato di fare emergere la Letteratura
dei Mondi, che è la poetica dell’avvenire, è la cultura del futuro
le cui basi, in Italia, si stanno ponendo il questi ultimi anni
con testi come quelli degli autori che ho incontrato.
In alcuni casi ho realizzato le interviste
andando a trovare gli scrittori direttamente nelle città in cui
abitano: Milano, Roma, Reggio Emilia, Bologna, Torino. Li ho
conosciuti e abbiamo parlato a quattr’occhi. In altri casi ci
siamo telefonati, abbiamo avuto rapporti epistolari, ci siamo
scritti tramite posta elettronica. Il pretesto per tutta la durata
delle interviste è stato un libro di Ferdinando Camon, Il
mestiere di scrittore, trovato per caso nella biblioteca
di famiglia, che a trent’anni dall’uscita è ancora cristallino,
liminare.
Vedo la letteratura come unica forma
di comunicazione democratica, paritaria, plurale, reciprocante
e dotata di valore del senso, che funziona fra tutte le culture
ed è fonte di solidarietà fra tutte le persone del mondo. La
scrittura è una comunicazione generale che invita tutti i mondi
a interrogarsi e a darsi da pensare e questo mi sembra rivoluzionario!
Vorrei chiarire che l’essere o il sentirsi
stranieri riguarda un modo di rapportarsi al mondo piuttosto
che il provenire da qualche altro mondo. Questa scelta di raggruppare
e rappresentare gli “scrittori stranieri in Italia” (ma potevano
anche essere “scrittori solo italiani”, o “scrittori solo uomini”.
o “scrittori solo di confine”. “scrittori solo mancini”, ecc.) è una
scelta come un’altra, è una crestomazia arbitraria che nulla
ha a che fare con “l’esserestranieri” in virtù della provenienza
geografica e culturale. La letteratura, così come l’intendo,
mal sopporta di essere classificata in quanto, appunto, è la
zona franca dello spirito per eccellenza. Costringere chi scrive
in generiche ma ben connotate classificazioni, se pur strumentali,
mi pare un controsenso: è togliere alla letteratura e a chi ne è il
portavoce spazio e tempo vitale, privarla (privarci) di quel
Grande Respiro di cui essa si nutre, o meglio, che essa è o dovrebbe
essere.
Il letterato Predrag Matvejevic, esule
dalla ex-Jugoslavia i cui genitori erano emigrati dalla Russia,
nell’antologia Quaderno Balcanico II dedicata a poeti
di origine albanese, croata, bosniaca, scrive che ci sono due
tipi di emigranti, “coloro che rompono i legami con la cultura
d’origine senza rinunciare ad impadronirsi della nuova, e quelli
che partono con un libro in valigia e conservano la propria identità con
la quale fecondano il paese d’accoglienza, arricchendo al contempo
la propria cultura nazionale”. Le persone con cui ho parlato
fanno parte del secondo tipo di migranti.
Si può dire qualcosa di vero solo intorno
all’amore, all’amicizia, all’attesa della morte; tematiche presenti
in tutte le opere degli scrittori con cui ho dialogato. Gli autori
presi in considerazione mi sembrano scrittori importanti che,
attraverso l’arte, hanno colorato con sfumature proprie la lingua
italiana onorandone la ricettività e la bellezza.
Spero di donarvi, con questo libro,
lo stesso stupore infantile caro a Elémire Zolla, l’approccio
alla conoscenza simile, nella movenza, alle illuminazioni di
Rimbaud, l’attitudine desiderosa dell’uomo nascente, la sensazione
di vivere giornate riuscite come le ho avute io.
Buona lettura.
[Gli scrittori intervistati in questo
libro sono: Younis Tawfik, Alice Oxman, Ron Kubati,
Jadelin Mabiala Gangbo, Helga Schneider, Jarmila Ockayova, Tahar Lamri,
Christiana de Caldas Brito, Julio Monteiro Martins, Helena Janeczek
e Smari Abdel Malek]
(Questo testo è la “Premessa” del libro Da
qui verso casa, Edizioni Interculturali, Roma 2003)
Davide
Bregola ha trent’anni. Vive tra Sermide (Mn)
e Ferrara, dove lavora in un’agenzia libraria. Ha esordito
nel 1997 con tre racconti inclusi da Silvia Ballestra e Giulio
Mozzi
nell’antologia Coda. Undici “Under
25” nati
dopo il 1970, edita da Transeuropa. Nel 1999 ha vinto
il premio Tondelli per la narrativa coi racconti Viaggi
e corrispondenze,
pubblicati presso Mobydick. A breve uscirà il suo libro
Racconti felici – seguiti da – La
lenta sinfonia del male, presso l’editore Sironi.
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