COME SI DICE "PACE" IN CECENO?


Tre testi del cronista di guerra russo Igor Trutanov

1° Testo:
Madina, un’adolescente e la guerra

“Come si dice pace in ceceno?”, domando a Madina. Lei fruga tra i suoi ricordi in cerca di quella parola, ma invano. La ragazza quattordicenne l’ha dimenticata sebbene a casa, quando è con le zie, continui a parlare la sua lingua madre. La dimora di questi profughi provenienti dal villaggio ceceno di Samaški è da qualche anno una minuscola abitazione in uno dei tanti quartieri dormitorio di Mosca. Le zie hanno portato Madina nella capitale russa perché possa essere sottoposta ad un’operazione. La ragazza ha una scheggia di granata conficcata nell’occhio sinistro.
Domando alle mie ospiti come si dice guerra nella loro lingua e tutte e tre rispondono senza esitare: tghom. La parola con il suono fricativo “gh” risuona rapida e secca come un colpo di mitragliatrice. Quattro anni fa la guerra ha strappato alla ragazza cecena infanzia, salute, patria e famiglia. Il ricordo risveglia nell’anima di Madina un dolore profondo e lacerante proprio come le undici schegge di granata che porta nel suo corpo.
Alle quattro del mattino del 16 marzo 1996 i carri armati delle truppe federali di Samaški assediarono il paese natale di Madina. Il rombo svegliò gli abitanti del piccolo paese, e più tardi i militari dissero alla popolazione che tra di loro si trovavano dei terroristi. E fu per questo che i soldati intendevano fare una “pulizia” del luogo. All’operazione presero parte i Kontraktniki, membri delle truppe del ministero degli interni russo partiti volontariamente in missione. Questi mercenari sono particolarmente conosciuti per la loro brutalità e avidità di guadagno. Molti di loro sono venuti in Cecenia con l’intento di arricchirsi, e di fatto hanno privatizzato la guerra per fare lauti affari. Così i militari vendettero agli ostaggi ceceni un’ora di tempo, entro la quale chi voleva salva la vita, doveva abbandonare il paese. Questa possibilità fu accordata solo tra le 10 e le 11 del mattino, per un prezzo che ammontava a circa 58 milioni di vecchie rubli (intorno ai 10.000 dollari). I 18.000 abitanti di Samaški avrebbero dovuto pagare questo riscatto agli ufficiali del posto di blocco che era stato allestito all’entrata del paese.
I genitori di Madina consegnarono un milione di rubli, tutti i soldi che la famiglia possedeva, per ottenere salva la vita. Tuttavia, non riuscirono a beneficiare di questo diritto, perché il posto di blocco era stato chiuso poco prima che loro potessero passare. La madre di Madina, tenendo tra le braccia il figlio Islam di nove mesi, spiegò ad un alto ufficiale di essere russa e che la sua famiglia aveva pagato la cifra richiesta per ottenere la libertà. Al che il suo compatriota armato le gridò: “Tu, sporca cecena, dovresti essere fucilata per aver sposato un ceceno.”
Alle 11 del mattino alcuni soldati incappucciati presero tutti i giovani e gli uomini fra i 10 e i 65 anni e li arrestarono con l’accusa di essere “terroristi”. La famiglia di Madina si mise in salvo ritornando al villaggio. Ben presto i colpi d’artiglieria diedero inizio all’azione di “pulizia”. Madina, il fratellino e i genitori si rifugiarono nella cantina della loro casa. Qui trovarono anche quei vicini le cui case erano state distrutte o ridotte in cenere proprio durante la precedente “pulizia”.
Verso sera alcuni soldati bussarono alla porta di Madina e imprecando, ordinarono che tutti si radunassero nel cortile. Donne, anziani e bambini abbandonarono terrorizzati il loro nascondiglio e si trovarono davanti un’orda di soldati ubriachi. Mentre un gruppo controllava i loro documenti, un altro saccheggiava la casa vicina, portando poi il bottino nei blindati. Erano particolarmente avidi di tappeti, videoregistratori e mangiacassette. Nella casa di Madina non c’era niente da portar via, e così i soldati si misero a sparare dalla rabbia. Per intimidire le persone indifese in cortile uccisero un vitello ed un cane, e “per congedarsi” la soldataglia lanciò due granate contro di loro. Alla prima esplosione quattro abitanti del villaggio furono feriti, tre uccisi. La seconda fece altre vittime. Da quell’episodio rimasero a Madina undici schegge d’acciaio conficcate nel corpo, una delle quali ha danneggiato il suo occhio sinistro.
La stessa notte i soldati ubriachi ritornarono e diedero il colpo di grazia ai feriti rimasti inermi; in seguito appiccarono il fuoco alle case già depredate per cancellare ogni traccia del saccheggio. Anche la casa di Madina fu incendiata e qui Barbos, il suo amato gatto, trovò una morte orribile. Dopo aver vissuto questi terribili momenti, la ragazzina ha smesso di sorridere.
Ogni soldato russo con la sua sfrontatezza si considera nel contempo indagatore, accusatore, giudice ed esecutore. I mercenari avrebbero avuto ragioni sufficienti per uccidere anche lei: si chiama Madina, ha i capelli neri e suo padre è ceceno. Le zie sono convinte che sia stato Allah a salvare la ragazza perché porta il nome della città dove Maometto diventò profeta.
Nel 1996 Madina e le sue due zie comparirono come testimoni oculari a Mosca, nel processo internazionale condotto in Russia dell’Organizzazione per i diritti umani, durante il quale vennero messi sotto accusa i militari per i crimini di guerra ai danni dei civili durante il conflitto ceceno. La società russa ha ignorato questo processo, non ha imparato a rispettare la vita e la dignità di ogni singola persona. Finché mamma Russia rimpiange la sua storia trascorsa, in cui la vita umana non aveva alcun valore, rimarrà sempre prigioniera del suo passato e continuerà ad inciampare nel presente.
Nella mia successiva visita ai rifugiati, Madina mi disse che pace in ceceno si dice mascher
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Traduzione a cura di:
Boscato Serena Giovanna, Resi Rossella, Pierobon Pamela, allieve del corso di Traduzione dal Tedesco II presso la “Scuola Superiore Universitaria per Traduttori e Interpreti” di Vicenza, con la supervisione del Prof. Bruno Persico

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2° Testo:
Benvenuti in Putistan

La Russia dopo l'uniformazione dei mass-media

Lo scultore Alexander Palmin, membro del partito filogovernativo Jedinstvo, ha ultimato a San Pietroburgo un busto di Vladimir Putin, con l'intenzione di esporlo nella città sulla Neva. In Russia si ricorda solo un precedente di un capo di stato celebrato in vita con dei monumenti - si tratta evidentemente di Josif Stalin. A San Pietroburgo la produzione di ritratti del presidente in carica prospera magnificamente.

Il partito del presidente Jedinstvo ha intenzione di presentare al pubblico animato da spirito patriottico un nuovo prodotto di massa. Il gioco si intitola "Il presidente è patriota". Su un campo ispirato al tricolore russo si muovono figure di nemici (di colore bianco) e di patrioti (di colore rosso). Il Presidente è bianco, blu e rosso. I patrioti di plastica rossa cercano di mettere insieme una bandiera russa, i nemici bianchi li ostacolano nell'impresa. Il Presidente sta dalla parte dei patrioti. Il gioco è già stato registrato come marchio ed è pronto per una diffusione di massa.
La sezione pietroburghese di Jedinstvo si era già messa in evidenza lo scorso anno con uno scandaloso libercolo per bambini dedicato al "ragazzino esemplare" Wladimir Putin. Per fortuna la distribuzione del libro nelle scuole è stata bloccata in tempo.
All'inizio di quest'anno un gruppo di artisti di Mosca ha presentato una collezione di quadri dal titolo "Il nostro Putin". Il Presidente vi era raffigurato puntualmente in posa eroica.
Il museo del complesso metallurgico di stato "Magnitogorsk" ha dedicato una mostra alla visita del Presidente: vi si può ammirare il casco o il kimono da combattimento indossati da Putin durante la visita.
Un ex-kolhoz della Siberia meridionale già intitolato a Lenin ha deciso, per iniziativa del suo direttore, di fregiarsi del nome dell'attuale capo di stato.

La Russia è uno stato eurasiatico. Sebbene le due teste d'aquila dello stendardo russo guardino sia verso Oriente che verso Occidente, in Russia la mentalità europea non è molto spiccata. La quotidianità ricorda invece sempre piú quella dell'Asia Centrale, specialmente dopo i fatti riguardanti la società televisiva privata NTV. Gli antichi funzionari del partito comunista di quelle regioni dopo il crollo dell'Unione sovietica si sono fatti nominare Presidenti dei nuovi stati indipendenti; con la puntuale instaurazione di regimi autoritari, hanno dichiarato guerra ai mass-media indipendenti. Dopo l'uniformazione in questo senso di tutti mass-media russi, all'atto pratico la steppa kazaha si estende fino a Mosca.

Con l'eliminazione dei mass-media indipendenti nell'Asia Centrale, ogni critica ai satrapi locali è stata severamente vietata. Successivamente sono state proibite le dimostrazioni di protesta e le organizzazioni politiche di opposizione. Perfino le barzellette politiche sono state inserite nel codice penale dai potenti dell'oriente post-sovietico, sotto il reato di lesa maestà. Con il boicottaggio dei mass-media indipendenti, anche la Russia rischia di trasformarsi in un Putistan.

Ecco una barzelletta, un piccolo capolavoro del folklore metropolitano russo che ha cominciato a circolare dopo le elezioni presidenziali:
Un russo riceve in regalo per il suo compleanno un giornale, un televisore, una radio e un grosso barattolo di carne in scatola. Sfoglia il giornale e vi trova un'immagine del presidente. Allora accende la televisione e sullo schermo appare Vladimir Putin al Cremlino. Quindi prova il funzionamento della radio e sente un discorso di Vladimir Vladimirovic. Il barattolo di carne in scatola preferisce non aprirlo
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3° Testo:
Ordine tedesco per i propri polli

Putin organizza la Russia secondo il modello della DDR


L’amore dei tedeschi per l’ordine dovette fare una straordinaria impressione su Vladimir Putin, un laureato in giurisprudenza originario della grigia Leningrado che era stato assegnato alla sezione di Dresda del KGB. Si trattava del suo primo soggiorno all’estero. Le impressioni che si ricevono sono come il primo amore, non si dimenticano piú. La Galleria di Dresda con la sua Madonna Sistina, le ferrovie imperiali relativamente in orario, i vasi di fiori davanti alle case e sui davanzali delle finestre, commesse solerti, scarsi assembramenti per il salame, camerieri comprensivi nei locali, la deliziosa birra Radeberger e l’ottima soljnka, le strade che nessuno attraversa col rosso. In breve: gente sobria, ordinata, alacre.
Finalmente un germanofilo governa il grande paese: Putin e sua moglie Ludmilla padroneggiano perfettamente la lingua tedesca. Le loro figlie frequentano una scuola tedesca. German Graf consiglia il Presidente in questioni economiche. All’amico pietroburghese di Putin, Anton Miller, è stato affidato il monopolio del gas naturale. Alfred Koch dirige l’infleuente holding ”Gasprom media”. E Putin ha fatto della Germania il partner russo numero uno.
La storia russa conosce in verità solo due regnanti filotedeschi: il ritratto di Pietro il Grande è appeso nello studio di Vladimir Putin. Il primo imperatore di tutti i Russi è l’idolo del secondo presidente russo. Fu proprio Pietro I a risvegliare brutalmente l’inerte e orientaleggiante paese, cercando di europeizzarlo con l’ausilio di collaboratori occidentali: ufficiali, scienziati, costruttori e artigiani, tedeschi e non solo. La nuova potenza dovette alle qualità di questi uomini la sua ascesa. Perfino la capitale di Pietro assunse un nome nuovo, tedesco.

Il secondo grande germanofilo giace nel mausoleo del Cremlino. Anche Vladimir Lenin parlava bene il tedesco. La ”Guida della rivoluzione proletaria” e il suo partito, rinforzati dalle teorie dei tedeschi Karl Marx e Friedrich Engels e sponsorizzati da Guglielmo II, diedero la definitiva spallata all’impero dello zar. I due ”paria” nell‘Europa degli anni venti – la Russia Sovietica e la Repubblica di Weimar – collaborarono fruttuosamnente sia in campo economico che militare.
Putin considera come sua missione principale sul fronte interno la lotta alla corruzione, agli oligarchi, al terrorismo e alla criminalità, cosí come il rafforzamento del potere centrale e del diritto.
Il Presidente intende farla finita col caos post-comunista. Si tratta di un obiettivo estremamente ambizioso, dato che Putin conosce molto bene i suoi polli e i loro istinti, avendo tirato loro il collo in campagna elettorale cosí come durante la lotta contro ”Media-Most”.
I messaggi del Presidente contengono due notizie per la società russa, una buona e una cattiva: Putin vuole un ordine ”tedesco” – ma lo intende secondo il modello della DDR.
Un’altra Germania il Presidente di tutti i Russi non l’ha mai conosciuta. Di ciò fanno fede le innovazioni introdotte dall’ex ospite di Dresda: la suddivisione del paese in sette circoscrizioni (nella DDR ce n’erano comunque quindici), l’intenzione di costituire un partito unitario filo-governativo (”Jedinstvo” piú ”Otecestvo”); anche la Duma sottomessa al Cremlino ricorda la Volkskammer della DDR, con un pluripartitismo solo apparente. E la nuova organizzazione giovanile ”Andare insieme”, che si mette in luce nelle manifestazioni in onore del Presidente, è la versione di Putin del FDJ.
La ”Staatssicherheit” (sicurezza dello stato) è una delle parole preferite dell’ex tenente colonnello del KGB Vladimir Putin. Nella società russa il servizio segreto acquista nuova importanza. Nel settembre dello scorso anno il Presidente ha diramato la sua ”dottrina sulla sicurezza delle informazioni”, attraverso la quale la burocrazia può bollare qualsivoglia critica alla politica militarista del Cremlino come ”propaganda contro lo stato”.
Tale ”dottrina” è stata la risposta al giornalismo critico dei mass-media russi in occasione della catastrofe del ”Kursk” e della guerra in Cecenia. Putin resta coerente: dalla fine di maggio ogni contatto con l’estero degli scienziati russi viene sorvegliato dal servizio segreto. Appunto per la ”sicurezza dello stato”.
Particolarmente interessante è la tesi di Putin sulla democrazia ”dirigibile”. La nuova definizione ricorre sempre piú spesso nel vocabolario scritto e parlato dei politici del Cremlino. Il neologismo suona cosí assurdo come ”democratica popolare” nell’autodefinizione della Corea del Nord o della vecchia Germania Orientale di Honecker e Mielke.

2001





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