I BEI CARATTERI
– Brano tratto dal romanzo La montagna incantata –
Thomas Mann
(…) Castorp sapeva perché ascoltava Settembrini, non proprio espressamente, ma lo sapeva. C'era quasi un senso del dovere, al di là della irresponsabilità del turista e ospite in vacanza che non oppone resistenza a nessuna impressione e non respinge le cose, ben sapendo che domani o posdomani aprirà di nuovo le ali e ritornerà alla vita usata: qualcosa dunque come un precetto di coscienza, e, per essere precisi, il precetto e il monito di una coscienza sudicia lo inducevano ad ascoltare l'italiano, tenendo le gambe accavallate e il “Maria Mancini” tra le labbra, o salendo, in tre, dal Quartiere inglese verso il Berghof.
Secondo il concetto e la parola di Settembrini, due principi sarebbero in lotta tra loro per il mondo: la potenza e il diritto, la tirannide e la libertà, la superstizione e la scienza, il principio dell'inerzia e quello del moto, del fermento, del progresso. Si può chiamare l'uno il principio asiatico, l'altro l'europeo, perché l'Europa è il paese della ribellione, della critica, dell'azione riformatrice, mentre il continente orientale incarna l'immobilità, l'inerte quiete. Non v'è da dubitare a quale delle due potenze debba toccare la vittoria finale. L'umanità trascina infatti con sé sempre nuovi popoli sulla sua strada luminosa, conquista sempre più terreno nell'Europa stessa e comincia ad avanzare in Asia. Ma molto manca ancora alla completa vittoria, e ancora grandi e nobili sforzi devono fare i benpensanti, coloro che hanno ricevuto la luce, finché spunterà il giorno in cui anche i paesi del nostro continente, i quali in verità non ebbero né un secolo XVIII né un 1789, vedranno crollare le monarchie e le religioni. Ma quel giorno verrà – diceva Settembrini con un sottile sorriso sotto i baffi – verrà, se non con zampe di colomba, con ali d'aquila, e spunterà come l'aurora dell'universale affratellamento dei popoli nel segno della ragione, della scienza e del diritto; e recherà la santa alleanza della democrazia borghese, splendido riscontro a quella tre volte infame alleanza dei sovrani e dei gabinetti, della quale il nonno Giuseppe era stato nemico mortale, … recherà, insomma, la repubblica mondiale. Ma a tal fine occorre anzitutto colpire il principio asiatico, il servile principio dell'inerzia, nel centro, nel nervo vitale della sua resistenza, cioè a Vienna. Occorre colpire a morte e distruggere l'Austria, prima per vendicare il passato, poi per instaurare il dominio del diritto e della felicità sulla terra.
Quest'ultima fase e la deduzione degli armoniosi sfoghi di Settembrini non avevano più alcun interesse per Castorp, gli dispiacevano, gli riuscivano anzi penose come una sorda irritazione personale e nazionale, ogni qualvolta erano ripetute… per non dire di Joachim Ziemssen il quale, quando l'italiano imboccava quella strada, si voltava dall'altra parte con la fronte aggrottata e non ascoltava più, o magari invitava al servizio imposto dalla cura o cercava di sviare il discorso. E così Castorp non si considerava obbligato a prestar attenzione a quelle aberrazioni: evidentemente esse erano fuori dei limiti, entro i quali un precetto di coscienza gli suggeriva di lasciarsi guidare in via di prova, e glielo suggeriva con tale chiarezza che, quando Settembrini si sedeva accanto a loro o, all'aperto, a loro si accompagnava, egli stesso lo invitava a esporre le sue idee.
Idee, ideali e aspirazioni che, osservava Settembrini, erano tradizionali nella sua famiglia. Ché tutti e tre avevano consacrato ad esse la vita e l'intelligenza, il nonno, il padre e il nipote, ciascuno a modo suo: il padre non meno del nonno Giuseppe, benché non fosse, come quest'ultimo, un agitatore politico e campione della libertà, bensì un dotto tranquillo e sensibile, un umanista a tavolino. Ma che cosa è infine l'umanesimo? Amore dell'uomo è, nient'altro, e perciò è anche politica, è anche ribellione a tutto ciò che infanga e degrada l'idea dell'uomo. Gli si è rinfacciata una eccessiva stima della forma; sì, ma esso coltiva anche la bella forma soltanto per amore della dignità dell'uomo, in splendido contrasto col medioevo che era immerso non solo nella misantropia e nella superstizione, ma anche in una ignominiosa trascuratezza di forma; e fin dal principio l'umanesimo si è battuto per la causa dell'uomo, per gli interessi terreni, la libertà del pensiero, la gioia del dovere, convinto che il cielo sia ragionevolmente da lasciare ai passeri. Prometeo! Ecco il primo umanista, il quale poi s'identifica con quel Satana al quale il Carducci ha dedicato l'inno!... Oh, Dio mio, peccato che i due cugini non avessero ascoltato a Bologna il vecchio nemico della Chiesa quando tuonava e lanciava frecciate contro il sentimentalismo cristiano dei romantici! Contro gli Inni Sacri del Manzoni! Contro la poesia delle ombre e del chiaro di luna di quel romanticismo che egli paragonava alla luna, “pallida monacella celeste”! Perbacco, era come lui, Carducci, interpretava Dante… come cittadino di una metropoli l'aveva celebrato, intento a difendere, contro l'ascesi e la negazione della vita, l'energia, quella che sconvolge e migliora il mondo. Col nome di “Donna gentile e pietosa” il poeta non aveva infatti onorato l'ombra malaticcia e mistagogica di Beatrice, bensì la moglie sua che nel poema incarna il principio della conoscenza terrena, della pratica operosità in questa vita…
Ora, Castorp aveva dunque udito questo e quello intorno a Dante, e da ottima fonte. Non se ne fidava del tutto, considerando la tendenza del mediatore a spararle grosse; ma metteva pur conto di sentire che Dante fu cittadino di una metropoli e uomo del progresso. E inoltre ascoltava Settembrini quando parlava di sé dichiarando che in lui, nel nipote Lodovico, si erano fuse le tendenze dei suoi prossimi antenati, quella politica del nonno e quella umanistica del padre, poiché era diventato un letterato, libero scrittore. La letteratura infatti non sarebbe altro che questo: l'unione di umanesimo e politica, tanto più facile ad avverarsi in quanto lo stesso umanesimo è già politica e la politica umanesimo… A questo punto Castorp stette in orecchi e cercò di comprendere bene; infatti gli era lecito sperare di intendere tutta l'ignoranza del birraio Magnus e di imparare in che senso la letteratura è pur anche qualcosa di più che “i bei caratteri”. I suoi ascoltatori, domandò Settembrini, avevano mai sentito nominare ser Brunetto, Brunetto Latini, cancelliere fiorentino intorno al 1250, il quale scrisse un libro intorno ai vizi e alle virtù? Questo maestro era stato il primo a insegnare il garbo a Firenze e il modo di parlar bene e l'arte di governare la loro repubblica secondo le norme della politica. “Ecco, dunque, signori!” esclamò Settembrini. “Eccoci arrivati!” E parlò della parola, del culto della parola, dell'eloquenza, che definì trionfo del senso di umanità; poiché, disse, la parola è l'onore dell'uomo, ed essa sola rende la vita degna degli uomini. Non soltanto l'umanesimo, l'umanità in genere, l'antica dignità umana, il rispetto dell'uomo e di se stessi, sono indissolubilmente legati alla parola, alla letteratura (“Vedi dunque” disse in seguito Castorp a suo cugino, “vedi che in letteratura ciò che conta sono le belle parole? Io l'avevo notato subito”…) e alla letteratura è legata anche la politica, o meglio: questa deriva dall'alleanza, dalla fusione di umanità e letteratura, perché la bella parola genera la bella azione. “Nel vostro paese” disse Settembrini “avevate duecento anni fa uno scrittore, un magnifico vecchio conversatore, che dava molto peso a una bella scrittura, perché era del parere che questa c'induca al bello stile. Avrebbe dovuto fare un passo avanti e dire che il bello stile conduce a belle azioni.” Scrivere bene significa quasi pensare bene, e di qui ci vuole poco per arrivare ad agire bene. Ogni costumatezza, ogni perfezionamento morale proviene dallo spirito della letteratura, spirito dell'onore umano, che è ad un tempo lo spirito dell'umanità e della politica. Sì, tutte queste cose sono una sola, sono la medesima potenza, la stessa idea, e si possono riassumere in un'unica parola. Quale? Ecco, la parola è composta di sillabe familiari, il cui significato e la cui maestà i due cugini certo non avevano ancora afferrato pienamente: la parola “civiltà”! E mentre essa gli usciva dalle labbra, Settembrini sollevò la piccola destra come uno che facesse un brindisi.
Per il giovane Castorp tutto questo meritava di essere udito, senza impegno beninteso e in via di prova, ma in ogni caso gli pareva che mettesse conto di ascoltare, e in questo senso ne parlò con Joachim, il quale però proprio allora aveva il termometro in bocca e pertanto non poteva dare risposte intellegibili, e in seguito era anche troppo occupato a rilevare la temperatura e a registrarla sulla tabella per poter dare il suo parere sulle vedute di Settembrini. Hans Castorp, dicevamo, ne prendeva nota volentieri e apriva loro l'animo suo per valutarle: donde appare anzitutto quanto sia in vantaggio l'uomo sveglio se confrontato con quello che balordamente sogna… e in sogno Settembrini era già stato più volte insultato da Castorp che l'aveva chiamato sonatore d'organetto e con ogni energia aveva tentato di respingerlo perché “li disturbava”; da sveglio invece lo ascoltava con attenzione e cortesia e, con spirito di giustizia, cercava di spianare e soffocare le resistenze che stavano per sorgere in lui contro le categorie e le affermazioni del mentore. Non si vuol negare, infatti, che certe resistenze si facevano sentire nel suo petto: erano quelle che vi erano sempre state, già da prima, fin dall'origine, nonché quelle che scaturivano dalla particolare situazione presente, dalle sue esperienze vuoi indirette, vuoi segrete, tra quelli di lassù.
Che cosa è mai l'uomo! Quanto è facile che la sua coscienza s'inganni! Come sa ricavare anche dalla voce del dovere il permesso di abbandonarsi alla passione! Per senso del dovere, per equità, per amore dell'equilibrio Castorp ascoltava Settembrini ed esaminava benevolmente le sue vedute sulla ragione, sulla repubblica e il bello stile, disposto a subirne l'influsso. Ma tanto più gli pareva lecito, in seguito, dare via libera ai suoi pensieri, ai suoi sogni, in direzione diversa, opposta… anzi, per esprimere tutto il nostro sospetto o la nostra intuizione, egli aveva probabilmente ascoltato Settembrini soltanto per ottenere dalla propria coscienza un lasciapassare che in antecedenza essa non gli aveva voluto concedere.
(Brano tratto dal libro “La montagna incantata”, Casa Editrice Corbaccio, Milano, ultima ristampa: marzo 2009, traduzione di Ervino Pocar.)
Thomas Mann
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