LA BESTIA

- Brano tratto dal romanzo Il signore delle mosche -


William Golding

 


(...) La sera scendeva, non con la solita calma bellezza, ma con minacce di violenza.

Jack parlò.

"Datemi da bere."

Enrico gli portò una noce di cocco ed egli bevve, osservando Piggy e Ralph sull'orlo frastagliato. Le sue braccia abbronzate esprimevano la forza, e sulle sue spalle pesava l'autorità del capo, che gli parlava all'orecchio come una scimmia.

"Sedetevi tutti."

I ragazzi si disposero sull'erba davanti a lui su varie file, ma Ralph e Piggy restarono più in basso, in piedi sulla sabbia soffice. Per il momento Jack fece finta di non vederli, abbassò verso i ragazzi seduti la sua maschera dipinta, e accennò a loro con la punta della lancia,

"Chi di voi viene con la mia tribù?"

Ralph fece un movimento improvviso come se incespicasse, e alcuni dei ragazzi si volsero a guardarlo.

"Vi ho dato da mangiare," disse Jack "e i miei cacciatori vi proteggeranno dalla bestia. Chi vuol venire con la mia tribù?"

"Io sono il capo," disse Ralph "perché mi avete scelto. E noi dovevamo mantenere il fuoco acceso. Ma adesso vi mettete a correre dietro all'arrosto."

"Anche tu!" gridò Jack "guarda l'osso che hai in mano!"

Ralph si fece di porpora.

"Ho detto che voi eravate i cacciatori. Era affar vostro."

Jack di nuovo fece finta di non accorgersi di lui.

"Chi vuol venire con la mia tribù, e divertirsi?"

"Io sono il capo" disse Ralph con voce tremante. "E il fuoco? E io ho la conchiglia."

"Non ce l'hai con te," disse Jack con scherno "l'hai lasciata a casa. Furbo, eh? E la conchiglia non vale da questa parte dell'isola."

D'improvviso, scoppiò il tuono. Invece del brontolio in lontananza, ci fu una specie d'esplosione vicina.

"La conchiglia vale anche qui," disse Ralph "e vale su tutta l'isola."

"Come te la caverai, allora?"

Ralph esaminò le file dei ragazzi. Non c'era da attendersi aiuto, e Ralph distolse lo sguardo, confuso e tutto sudato.

Piggy sussurrò:

"Il fuoco. il salvataggio."

"Chi vuol venire con la mia tribù?"

"Io vengo!"

"Anch'io!"

"Suonerò la conchiglia" disse Ralph senza fiato "e convocherò l'assemblea."

"Non la sentiremo."

"Piggy toccò Ralph sul polso.

"Andiamocene. Sta per succedere un guaio. E la carne l'abbiamo avuta."

Una luce vivida balenò al di là della foresta, e il tuono scoppiò di nuovo, facendo frignare uno dei piccoli. Cominciarono a cadere delle grosse gocce di pioggia, e ciascuna, secondo dove batteva, faceva un rumore diverso.

"Ci sarà una tempesta," disse Ralph "e pioverà come quando siamo arrivati. Chi è il furbo, adesso? Dove sono i vostri rifugi? Come ve la caverete, adesso?

I cacciatori guardavano preoccupati il cielo, esitando sotto le gocce di pioggia. Un'ondata d'inquietudine fece ondeggiare i ragazzi, che presero a muoversi incerti. I lampi erano sempre più abbaglianti e i tuoni si potevano appena sopportare. I piccoli cominciarono a correre qua e là, strillando.

Jack balzò sulla sabbia.

"Facciamo la nostra danza! Avanti! La danza!"

Egli corse, affondando nella sabbia, fino allo spazio aperto, sulla roccia, al di là del fuoco. Tra un lampo e l'altro l'aria era oscura e terribile, e i ragazzi lo seguirono con grandi clamori. Ruggero diventò il maiale, grugniva e si buttava contro Jack che si tirava da parte. I cacciatori presero le loro lance, i cuochi i loro spiedi, e gli altri i rami pronti per il fuoco. Cominciò un movimento in tondo, e insieme cominciò la cantilena. Mentre Ruggero rappresentava il terrore del maiale, i piccoli corsero fuori del cerchio. Piggy e Ralph, sotto la minaccia del cielo, provarono anch'essi una gran voglia di far parte di quella società demente ma in qualche modo sicura, e furono lieti di toccare le schiene brune di quella siepe che si stringeva intorno al terrore e lo governava a suo modo.

" Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo!"

Il movimento diventò regolare mentre la cantilena perdeva il suo primo orgasmo artificiale e cominciava ad essere scandita con un ritmo sempre uguale. Ruggero cessò di fare il maiale e diventò un cacciatore, così il centro dell'anello restò vuoto. Alcuni dei piccoli formarono un cerchio indipendente, e i due cerchi complementari giravano e giravano come se la ripetizione fosse di per sé un mezzo di salvezza. C'era il calpestio e il pulsare di un solo organismo.

Il cielo oscuro fu squarciato da una cicatrice bianco-azzurra. Un istante dopo il tuono si rovesciò su di loro come una frustata gigantesca. La cantilena salì di tono, freneticamente.

"Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo!"

Ora dal terrore nasceva un altro desiderio, compatto, impellente, cieco.

"Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo!"

Di nuovo balenò su di loro la cicatrice bianco-azzurra e proruppe l'esplosione sulfurea. I piccoli strillarono e si buttarono intorno alla rinfusa, fuggendo dall'orlo della foresta, e uno di essi, terrorizzato, spezzò il cerchio dei grandi.

"La bestia! La bestia!"

Il cerchio diventò un ferro di cavallo. Qualcosa veniva fuori dalla foresta. Veniva avanti al buio, strisciando, non si capiva come. Gli strilli acuti che s'innalzavano davanti alla bestia erano pungenti come una ferita. La bestia entrò barcollando nel ferro di cavallo.

"Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo!"

La cicatrice bianco-azzurra era continua, il rumore insopportabile. Simone gridava qualche cosa a proposito di un morto sulla collina.

"Prendetelo! Ammazzatelo! Scannatelo! Finitelo !"

I bastoni scesero con forza e la bocca del nuovo cerchio stritolò e urlò. La bestia era in ginocchio nel centro, le braccia piegate sul volto. In mezzo a quel terribile fracasso, gridava qualcosa a proposito di un corpo sulla collina. La bestia si trascinò avanti, spezzò il cerchio e piombò giù dall'orlo della roccia, cadde sulla sabbia presso l'acqua. Subito la folla la inseguì, scese dalla roccia, balzò sulla bestia, strillò, colpì, morse, strappò. Non ci furono parole, solo una furia di denti e di unghie che laceravano.

Poi le nuvole si aprirono e lasciarono venir giù la pioggia, impetuosa e abbondante come una cascata. L'acqua scese giù dalla cima, strappò foglie e rami dagli alberi, si riversò come una doccia fredda sul mucchio che lottava sulla sabbia. Dopo un po' il mucchio si ruppe e si risolse in figure barcollanti che se ne andavano. Solo la bestia restò ferma, a pochi metri dal mare. Anche nella pioggia essi poterono vedere che bestia piccola era, e già il suo sangue macchiava la sabbia.

Ora un gran vento spingeva la pioggia di traverso, buttava giù dagli alberi cascate d'acqua. Sulla cima della montagna il paracadute si aprì e si mosse: la figura scivolò, si alzò in piedi, ruotò su se stessa, scese ondeggiando per un golfo d'aria umida, camminò con piedi maldestri sulla cima degli alti alberi; cadendo, sempre cadendo, scese verso la spiaggia, e i ragazzi si precipitarono, urlando, nel buio della foresta. Il paracadute portò la figura avanti, a solcare la laguna, a sbattere contro gli scogli, e via nel mare aperto.



Verso mezzanotte la pioggia cessò e le nuvole se ne andarono, così il cielo fu di nuovo sparso di prodigiose lampade di stelle. Poi morì anche la brezza, e non ci fu altro rumore che il gocciolio dell'acqua che correva per le fenditure e si riversava da una foglia all'altra fino alla terra bruna. L'aria era fresca, umida e chiara: e dopo un po' anche il rumore dell'acqua cessò. La bestia giaceva rannicchiata sulla pallida spiaggia, e le macchie si allargavano adagio adagio.

L'orlo della laguna diventò una striscia di fosforescenza che avanzava adagio adagio, col procedere della marea. L'acqua chiara specchiava il cielo chiaro con tutte le sue strane, lucenti costellazioni. La linea fosforescente si gonfiava intorno ai granelli di sabbia e ai ciottoli, li avvolgeva con una curva tesa, poi improvvisamente li assorbiva senza rumore e passava avanti.

Sull'orlo interno della laguna, dove l'acqua era più bassa, quel chiarore che avanzava era pieno di strane forme che sembravano animali dal corpo fatto di raggi di luna e dagli occhi di fuoco. Qua e là un ciottolo più grande emergeva, ricoperto da uno strato di perle. La marea raggiunse la sabbia bucherellata dalla pioggia e coprì tutto con uno strato d'argento. Raggiunse la prima delle macchie che sgorgavano dal corpo massacrato e le forme lucenti la invasero, ne fecero una chiazza di luce. L'acqua s'alzò e rivestì di bagliori i capelli arruffati di Simone. Il contorno della guancia si fece d'argento e la curva della spalla diventò come di marmo. Le strane forme dagli occhi di fuoco si affaccendarono intorno alla testa. Il corpo si alzò impercettibilmente dalla sabbia, e dalla bocca con un sommesso rumore sfuggì una bolla d'aria. Poi l'acqua lo voltò, delicatamente.

In qualche parte del cielo, sopra la curva oscura del mondo, il sole e la luna esercitavano la loro attrazione, e la superficie dell'acqua, sul pianeta terra, si gonfiava leggermente da una parte, mentre la massa solida girava. La grande onda della marea veniva avanti su tutta l'isola e l'acqua si alzava.

Adagio adagio, circondato da una frangia di forme lucenti che sembravano indagare, il corpo morto di Simone, fatto d'argento anch'esso sotto le costellazioni tranquille, si mosse verso il mare aperto.(...)




(Brano tratto da Il signore delle mosche , Edizione speciale per Famiglia Cristiana pubblicato su licenza della Arnoldo Mondadori Editore, Milano,1997. traduzione di Filippo Donini.)





Sir William Gerald Golding (1911 - 1993) era uno scrittore britannico, Premio Nobel per la Letteraturta 1983.


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