I DETTI DEL PAZZO DELL'ISOLA


Lyonel Trouillot

 


A volte abito un lungo prologo. Ingordo, all'ora del tramonto inghiotto tutto il blu del mondo. Questo eccesso di colore, quando ne ho voglia, alimenta il mio passatempo preferito: la meditazione degli inizi. I guardiani dicono che ne morirò, come se si potesse annegare nel fondo della propria tazza di tè. A dar retta a loro, sono morto tre volte quest'estate. La prima volta, è venuta una donna che mi ha guardato con tristezza. E' restata a lungo a chiacchierare con loro. Le altre volte, non hanno ritenuto necessario avvisarla. Capisco la loro ostilità nei miei confronti. Probabilmente non amano i colori. E come potrei spiegare, annegato nei miei pensieri, che ogni volta muoio lucido. Inquieto, ma lucido.



A volte abito un lungo prologo. Qualcosa come una frase blu, inchiostro gettato tra le isole. Pittore, sbavo meraviglie. La notte getto l'ancora nel mio delirio. Un cielo blu savoia scorre sotto la mia lingua.


secondo fatto di cronaca


Durante il processo, ho raccontato loro tutte le mie vite. I più intelligenti si sono pronunciati per l'autenticità dei miei racconti. Solamente un genio dell'affabulazione si sarebbe potuto inventare tante infanzie differenti. Gli altri non mi hanno mai perdonato di non aver potuto indicare quale isola abitava la mia testa il tal giorno, la tal ora, il tal anno. Hanno scambiato per arroganza e per doppiezza il mio desiderio puerile di complicità. Solo molto più tardi ho capito che mi accusavano di un crimine. Non si giudicano mai le persone se non sotto il loro falso nome. In prigione, ho conservato le mie scarpe di sabbia.


martedì 14
 

All'epoca mi permettevano ancora di viaggiare, di circolare liberamente, voglio dire di precipitarmi verso qualche paradiso idiota alla mia portata. In quei tempi, possedevo la follia spendacciona dei neofiti della trance . Una sera, su Biscayne Boulevard, ho fatto la bestia con un angelo. Lei parlava country roads, blue grass e dixieland. Io le raccontavo le mele cannella, il corso del fiume Massacro che scorre sempre in controluce, le acque fangose del grande bacino della Plaine du Nord dove le donne immergono il loro desiderio in onore di san Giacomo Maggiore. All'alba, il gestore del motel risvegliò il nostro parlar-franco: un tot per la puttana, un tot per la cassa. Odio le verità diurne: è la storia delle mie insonnie. Hanno un sapore di quotidiano che rende banali gli incontri. La notte mente meglio. La notte, infesto l'internet delle memorie apocrife in cerca di immagini che si rassomigliano. Tenerezza delle capigliature d'infanzia. Ricongiungimenti. Scoperte. Godimento dell'altro e del medesimo. Sorvolo delle frequenze disponibili. Crocevia di percorsi insulari.


primo novembre
 

Oggi i miei ventisettemila chilometri quadrati mi bastano.


primo fatto di cronaca


Vi sono isole più segrete di altre, come seni di scolarette. Altre astute e vanitose come donne d'affari. Ed altre su più piani che guardano la vita dall'alto. I detti del pazzo dell'isola, ma di quale?


primo novembre


Ho confidato ai guardiani che ero un artista della resurrezione. Ho esposto la mia teoria delle nascite contrarie. Mi hanno chiesto: che cos'è un artista senza travestimento? Mi sono tolto i vestiti per provare loro che non avevo più il corpo del giorno prima. Ho parlato in una lingua che prima io stesso non conoscevo. Non chiedetemi quale, perché da allora ho cambiato di nuovo. Mi capita anche di abitare un corpo di pietra, senza occhi, senza lingue. Fiero e liscio. Come un valico di montagna.


giorno blu


Ormai isolo, ondeggio, abisso. Frivolo senza vertigine. Risalendo dagli scavi dove si eternizzano, sedentari, gli uomini di fibre metalliche, scarabocchio ricette d'ali. I guardiani mi hanno cercato ovunque, nei movimenti terzo-mondisti, nei culti antichi e nel vento delle savane. Hanno intrappolato branchi di cani perché sanno che mi piacciono. Ho fuggito anche i miei amici cani. Questa solitudine mi si addice, visto che il più grande successo filosofico consiste nel colorare le antitesi sino a confondere tutti i riferimenti. Ho i miei nascondigli nei vuoti d'aria per condurre le mie guerre di movimento.


Hanno finito per trovarmi, in una fogna, proprio sotto la sala di lettura della Biblioteca Nazionale.


giorno del crimine


Sono stato da lei. Non mi ha visto. Come tutti i lunedì, lavorava alla sua Storia delle Colonie. Sostiene la tesi che i piccoli paesi debbano preservare la loro identità. Adora le sconnessioni. Tranne la mia. Assistere alla mia decadenza l'aveva tanto addolorata. Subisce l'auto-tirannia della coscienza responsabile. Che sciocchezza credere compatibili gli isolotti umani. Eppure la malattia di voler vivere insieme mi anima ancora. Ho interesse a lasciarmi convincere dai guardiani che affermano che, ad ogni modo, siccome lei non è mai esistita .


terzo giorno grasso


Enigma di cartolina: tutte le terre sono rotonde? Quale lingua parlano gli alberi tra di loro? Se il bambino che sorride fossi stato io, quale sorriso avrei fatto al turista?


A volte abito una roccia guercia. Un'isola mi è entrata nell'occhio, in una folata di vento, a volo d'azzurro. A volte abito un punto d'orgoglio da dove sparo di nascosto alle megalopoli. Cinquecento anni che coopero, che pacifico, che collaboro, che dream o all'americana, che socializzo alla vecchia Europa, che gli scudi mi rientrano nel culo con dei dollari leccati. Eccomi puttana in plexiglas di Curaçao ad Amsterdam, calciatore della nazionale francese, spazzino di cappelle sistine nel rincorrersi di trasferimenti esotici. Se per una volta fossi il mondo quanto si riderebbe a Fonds des Nègres!


A volte abito un punto d'orgoglio, e la pietra che lancio sempre a campana mi ritorna. E' la mia arma, la mia dimora. Fionda barbara. Indistruttibile.


martedì 39


Solo il pensiero delle donne straniere rende sopportabili i viaggi. Non che io nutra il minimo complesso di panoplia - mi basta la masturbazione - ma, nel treno notturno, mi concedo di sollevare gli occhi dalla mia isola solo al passaggio di una di queste figure anonime della bellezza. Per un piccolo delitto di fatuità. Straniera, non si oppone affatto a una nazionalità. Quando abitavo a Port-au-Prince, per me tutte le donne erano straniere. Lo sono restate. Le città d'acqua che cantano nella mia testa sono le sole specie femminili con cui ho fatto amicizia.


giorno del crimine


Ho amato una donna. Ma era la stessa? Lei ha conservato sino alla fine il dono di rompere con se stessa. Cambiando portamento, look ad ogni desiderio. Cambiando origine ad ogni incontro. Come amare insieme tutte le stagioni del mondo? A volte le piaceva nascere nel Mar della Cina. C'erano ore in cui per giocare alla nostalgia ritornavamo da una stessa infanzia, altre ancora in cui faceva a meno di affinità, di filiazioni. Ho amato una donna senza fondamento. Quando le chiedevo se un giorno avremmo fatto l'amore, scoppiava a ridere. A forza di voler dormire nel letto del diverso, ci si addormenta soli con le proprie carte. I guardiani affermano che l'ho uccisa per fissare la sua identità. Io ripeto loro che è fuggita, e che, da allora, vago al caso degli arcipelaghi.


giorno dei morti


Morirò di incoerenza in una via di Port-au-Prince, quella vecchia civetta tropicale, che si dà arie di città obesa, quella grossa puttana mal lavata che getta in mare le sue lordure per ingannare l'occhio dei piroscafi. Morirò di incoerenza fra lo scorrere dei giorni ed il volo degli aerei, a costituire, da qui, da altrove, con morti simili, la mia corrispondenza di miseria.


giorno della festa del lavoro


Che uno sia di Atene o di La Paz c'è lavoro a Jurassic Park. E sogni per i fine settimana. Non c'è che dire: press any key, the world is one. I grandi decorati del gadget lavorano nelle nascite sincrone, e i fantasmi elettronici a corto di nuove genesi fanno shopping via satellite nel grande mall egalitario della virtual reality. Io ho troppa paura dei dinosauri, ho preso la mia isola sulle spalle . Quando il piccolo gobbo va a prendere il pane, non va mai .


ultimo giorno


Il loro ultimo stratagemma consiste nel provocarmi. Oggi mi hanno paragonato al più terribile degli adolescenti. Proprio io che ho sempre disprezzato gli adolescenti. La loro stupidità mi fa venir la pelle d'oca. Una civiltà dell'infanzia produrrebbe forse il fauvismo, Chaplin o Pollicino. Immaginatevi la catastrofe di una civiltà dell'adolescenza: i paradossi dell'ignoranza, la rivendicazione dei diritti dell'individuo per seguire le leggi della maggioranza. Questi anarchici di paccottiglia aspettano che si paghi loro l'affitto e che l'umanità finanzi le reti di unanimità che li fanno sentire sicuri. Pensano in gruppo. Papà, comprami dell'erba e migliaia di Venerdì. Nessun adolescente potrebbe vivere da solo su un'isola. Ne conosco soltanto uno su cui si sarebbe potuto fare affidamento: Arthur Rimbaud, professione inventore.


confessione


Non posso aver commesso il crimine di cui mi accusano. Per quel poco ch'io ricordi, quell'anno navigavo, come tutti gli anni, su una piccola imbarcazione. Tutta la mia vita, tutto il mio pensiero, tutti i miei amori si sono giocati in questa zona equivoca fra la costa e il mare aperto. Come accade ai popoli, la storia ha fondato i miei dolori. Appartengo a quel luogo dove attraccano le mie ferite. Eppure ho sempre avuto voglia di prendere in parola i venti. No, non posso aver commesso questo crimine. Mi ricordo di essermi perduto su una piccola imbarcazione.


martedì 39


La poesia mi ha sempre abitato. Una delle rare forme di comunicazione che giustifichi il disturbo. Si sta così bene con se stessi. Eppure, non ho mai saputo realizzare un solo verso. Ho provato sotto vari pseudonimi e molteplici identità. Qualcuno mi aveva sempre preceduto, forzato i miei antri, usurpato le mie derive, camminato sulla mia isola. Mi costa rendermi conto ad ogni lettura che non sono affatto così solo come avevo creduto. Non potendo fare causa per i miei diritti d'autore a mille miliardi di usurpatori, lavoro ad una grande opera raffazzonata. Ho scritto tutto sulla stessa pagina in modo che ogni immagine si appoggi sulla precedente e la renda totalmente illeggibile. Riscrivendo tutti i libri sul mio vecchio foglio strappato, conservo nella mia testa come un grande segreto tutte le parole del mondo. Cancello scrivendo. Scrivo cancellando. Io, l'uno o l'altro, o il contrario. Non importa. Coltivo le passerelle.


momento di calma


Ho fatto una tregua col mondo. Il tempo di un pasto. Aggrappato alle sbarre della mia cella, in una via di Port-au-Prince o di una città che le assomigli, ho potuto vedere una bambina che mangiava a sazietà. Con denti da prima volta.


ultimo giorno


Mi hanno annunciato il mio trasferimento. Mi hanno avvertito che sarà un soggiorno ben più penoso di questo. Basterebbe confessare per evitare questa catastrofe. No, non ho ucciso nessuno. Una donna? Di lei so le sue spalle voltate. E' pressappoco tutto. Di me so delle lunghe assenze. Dei guasti che mi appartengono ed altri che mi sono arrivati per conto loro, senza forzare. Degli oggetti, delle frasi, tutte le goffaggini dell'esistenza. A volte sono un faro spento dove tutti i rifugiati del mondo fanno un baccano enorme.


termidoro


Agli Stati Generali ho danzato il congo paillette . Poi ho musicato tutta la notte con un chitarrista pop, un vecchio cantante di blues e una soprano di Madrid. Una coppia di bambini nacque nella nostra camera d'accordi. L'abbiamo chiamato(a) René(e) (1), in ricordo dell'uomo che percorreva le terre mescolate.


In fin dei conti i guardiani non sono così stupidi. Conoscono i miei gusti, le mie paure. Il che mi offende. Toccano, come si dice, i miei tasti scoperti, per farmi uscire da me stesso. Il mio rifiuto di comunicare mi varrà l'imprigionamento a vita? Che dire? Abitare la cancellatura, l'eterna rottura, il volere mal sintonizzato dei segnali di riconoscenza. Così piccola la mia parte di mondo. E così grande.


Che mi si rinchiuda a doppia mandata in una gabbia senza uscita. Pazienza, non ho più niente da dire. Sono un'isola senza compromesso.


(1) René Philoctète, poeta e romanziere haitiano, morto nel 1995, autore di Le Peuple des Terres mêlées.


(Traduzione di Alessandro Corio.)






Lyonel Trouillot, nato a Port-au-Prince (Haiti) nel 1956, è scrittore, giornalista, autore di canzoni e militante politico. Dopo gli studi in legge si è dedicato alla letteratura, collaborando con numerosi giornali e riviste di Haiti e della diaspora, senza mai abbandonare la militanza politica e culturale e la lotta contro la dittatura e l'oppressione che regnano nel suo paese, rifiutando di abbandonare il suo paese ed esponendosi a gravi rischi e minacce. Attualmente è capo di gabinetto del ministro della Cultura e insegna letteratura all'Università di Haiti. E' membro del collettivo della rivista Les Cahiers du vendredi e co-direttore dell'omonima collana. Ha scritto numerose raccolte di poesie, racconti e romanzi, pubblicati in patria e in Francia, tra cui Rue des pas perdus (1998), Les Enfants des héros (2002) e L'Amour avant que j'oublie (2007), tutti pubblicati da Actes Sud; in Italia sono stati pubblicati i due romanzi Bicentenario (Edizioni Lavoro, 2005) e Teresa in mille pezzi (Epoché, 2008). Il racconto che presentiamo è parte dell'omonima raccolta, Les dits du fou de l'île (Port-au-Prince: Éditions de l'Île, 1997).

Ulteriori notizie bio-bibliografiche sono reperibili all'indirizzo web: http://www.lehman.cuny.edu/ile.en.ile/paroles/trouillot.html


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