JE NE SAIS POURQUOI


Giusi D'Urso

 



Sei su quel marciapiede da molto tempo. Hai una scusa ufficiale: aspetti il tram. In realtà ne sono passati molti ma tu non li hai visti, tutta intenta a reggere l'ombrello e a seguire i rivoli di pioggia che in strada segnano tante viuzze ed anse. Si vanno a riunire tutte un po' più in là, dove il tuo sguardo ha individuato una pozzanghera quasi tonda, che sembra un lago. Pensi che se fossi piccola piccola potresti passeggiare lungo le rive di quel lago scuro e magari incantarti a guardare i cerchi concentrici generati dalle rade goccia di pioggia.

Non avverti lo spintone maldestro di un gruppo di studenti che si accalcano alla porta automatica del tram. Non senti neppure il rumore delle auto, nonostante sia l'ora di punta.

Nelle tue orecchie invece e nei tuoi pensieri che da fuori sembrano fermi riecheggia altro rumore, che rumore in effetti non è.

Je ne sais pourquoi
Mon esprit amer
D'une aile inquiète et folle vole sur la mer.

Nessuno immagina, né sospetta i tuoi poetici pensieri. Ti stupisci anche tu di quei versi riaffiorati alla memoria senza preavviso e soprattutto ti meravigli che il tuo pensiero li pronunci correttamente. Mio caro Verlaine, ti dici, non ti ho dimenticato.

Come non hai dimenticato quel ninnolo che ti porti in tasca e che trasferisci da una giacca all'altra, senza mai scordartene. Una piccola ghianda secca, colta in un parco in un giorno felice. Chissà da quanto tempo era lì, orfana di tutto quell'amore con cui quotidianamente l'accarezzi, alla fermata di un tram o fra gli scaffali di un supermercato, o ancora lungo il tragitto per tornare a casa.

Come Verlaine, come i suoi versi e come quei ricordi allegri delle gioiose gite in barca e dei lavori di casa fatti con dedizione ed allegria. Era una vita fa, ma te lo ricordi bene. Non confondi immagini e parole, come quando la mattina dell'ultima seduta ti hanno fatto migliaia di domande, prima di lasciarti andare. Volevano essere sicuri che non ci avresti riprovato.

Quella mattina avevi confuso l'esito di quei giorni cupi: avevi raccontato che lui era disperato perchè tu ti eri innamorata di un altro e che poi, pentita, eri tornata a cercarlo. ma, niente, lui non c'era più. Non ti aveva perdonata!

Invece non era andata proprio così, vero? Adesso lo ricordavi bene.

Je ne sais pourquoi.

Il perché delle cose.quanto ci riflettevi a scuola sul perché delle cose. Perfino sul perché dei perché. Nessuno riusciva a sopportare il tuo continuo ritornare sui motivi e sulle relazioni fra le cose, fra azione e reazione, fra il prima e il dopo. Eppure tu trovavi pace solo quando tornava tutto, quando ogni cosa nella sua pur complessa relazione di causa ed effetto chiudeva nella tua testa un cerchio perfetto. Eri fatta così e nessuno lo capiva, nemmeno lui. Che dopo il tradimento ti aveva lasciata a rimuginare con i tuoi mille, centomila perché.

L'aria si sta facendo gelida. Le piccole strade d'acqua si sono gonfiate così tanto da formare un unico grande fiume lungo il quale tu ancora ti vedi minuscola a passeggiare, noncurante della piena spaventosa, e tutta intenta ad elucubrare sui perché della tua vita recente, anzi passata. Di recente non hai nulla che sappia di vita.

In tasca la ghianda è diventata calda e un altro tram ti sta sfilando davanti, giallo come gli altri, ma più affollato dei precedenti. È l'ora di cena, tutti s'affrettano a tornare a casa. La tua non è lontana, volendo potresti andare a piedi. Ma aspetti. Aspetti che tutto nella tua testa diventi sussurro, che non ci sia lo stridore di quel giorno. È andato via, dicevi, perché, perché, perché.

Ti ritrovarono dopo un lungo vagare delirante, seduta sulle tegole di un tetto lucido di brina, con la tua ghianda in tasca e Verlaine sulle labbra.

Je ne sais pourquoi
Mon esprit amer
D'une aile inquiète et folle vole sur la mer.
Tout ce qui m'est cher,
D'une aile d'effroid
Mon amour le couve au ras des flots, Pourquoi, pourquoi?






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