INTERMEZZO SULLA CONDIZIONE STUDENTESCA
Félix Guattari
La situazione di studente implica un modo d'essere transizionale sui vari piani della maturazione biologica, psico-sessuale, sociale, intellettuale, politica: l'immagine della società adulta nasconde l'insieme del suo campo intenzionale. Essa è vissuta come esterna, alienante, a volte desiderabile, nella misura in cui è il supporto di una serie di valori economici e di prestigio. Troviamo qui il formalismo della rottura dei piani di referenza che "prende le misure" dello studente dal ruolo che dovrà assumere quando "avrà finito". Nell'attesa egli non è che una specie di embrione, un futuro "grande ruolo" mal sbocciato, in nessun caso mai un soggetto "intero". Il fatto che l'istituzione universitaria sia organizzata in modo da corrispondere a dei bisogni di promozione gerarchici, così come la definiscono le imprese provare e statali, soffoca l'aspetto culturale e formativo che dovrebbe essere l'essenziale negli "anni di apprendistato. Le organizzazioni studentesche dovrebbero avere, a modo loro, "una vocazione terapeutica", nel senso che esse devono riconoscere ed assumere, a seconda delle loro possibilità, le dimensioni di alienazione dell'ambiente che esse rappresentano. Noi conosciamo tutto lo smarrimento dello studente che arriva nel mondo kafkiano dell'università. Noi sappiamo quanto gli sarà penoso superare da solo tutte le difficoltà e le inibizioni. L'esistenza dei gruppi di lavoro universitario sembra dover rispondere ad un aspetto di questo problema. Forse si obietterà che rischieremo, con un tale orientamento, di ritornare ad una prospettiva corporativistica del movimento studentesco. Ciò potrebbe esser vero nella misura in cui una tale strutturazione non fosse strettamente legata alla fondazione di un vero movimento sindacale studentesco.. Si può tuttavia immaginare che l'esistenza di tali "focolari", che darebbero possibilità ad una massa imponente di studenti di incontrarsi, di lavorare, di discutere, di distrarsi, potrebbe favorire un rafforzamento del movimento studentesco. Ma ciò dipende essenzialmente dal dinamismo rivoluzionario del movimento, dal suo impianto reale e dal rapporto di forze presenti. Andiamo avanti. Non si potrebbe considerare che una tale strutturazione dell'ambiente, realizzata su grande scala, potrebbe permettere agli studenti di uscire dal loro "ghetto"? Da una parte essi potrebbero essere portati a dibattere tutta una serie di problemi che essi non sono abituati a trovare nei programmi universitari e, d'altro canto, si impadronirebbero dei mezzi per entrare in rapporto con una serie di settori della società da cui sono separati, per esempio, invitando dei ricercatori, dei tecnici, dei rappresentanti sindacali e politici di diverse tendenze, degli scrittori, degli artisti, ecc. Ugualmente si potrebbero organizzare delle inchieste collettive tipo quelle che sono state messe a punto nell'ambiente scolastico dai tecnici dei metodi attivi e anche dagli incontri di studenti con operai. Sono sicuro che il primo risultato di un'inchiesta del genere sarebbe di metter in evidenza il desiderio, in numerosi giovani operai, di stabilire delle relazioni continue con gli studenti. Mentre il movimento studentesco apporterebbe così la testimonianza concreta del proprio rifiuto della situazione imposta ai giovani lavoratori, e così la modificherebbe almeno un po', gli studenti, da parte loro, potrebbero guadagnar molto da questa frequentazione. Tale prospettiva mi sembra anche coerente con la rivendicazione di un sussidio di studio che sistemerebbe lo studente come l'operaio in via di formazione. La formazione professionale così com'è organizzata per i giovani lavoratori, implica una impossibilità quasi assoluta di accesso ad una cultura approfondita. Anche su questo piano i risultati meriterebbero di essere confrontati. Su questo piano, fortunatamente, la situazione è diversa almeno per gli studenti, nonostante le pretese dei gruppi industriali e tecnocratici, che vorrebbero modellare l'università a loro immagine e somiglianza. L'emergere di una struttura sociale che tenda ad assumere deliberatamente per finalità la risposta ai veri bisogni dei soggetti umani sarebbe la sola capace di apportare delle soluzioni durevoli che nessun gruppo sociale avrebbe interesse a rimettere in questione. Ancora una volta, è solo a condizione di porsi in una prospettiva rivoluzionaria e in rapporto ad una pratica effettiva della lotta di classe che potranno prendere il loro vero valore le "riforme" che io suggerisco qui: la coscienza della loro precarietà costituisce anzi una garanzia che saranno vissute come delle tappe della lotta piuttosto che come palliativi capaci di servire da "buona coscienza" all'ordine stabilito.
(Tratto dalla raccolta di saggi Una tomba per Edipo.)
Pierre-Félix Guattari (Villeneuve-les-Sablons, 30 aprile 1930 - Parigi, 29 agosto 1992) è stato un medico, psicanalista, filosofo e politico francese. È principalmente noto per le sue collaborazioni intellettuali con Gilles Deleuze, e per le opere con lui scritte quali "L'Anti-Edipo" (1972) e "Millepiani" (1980).
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