LA PUTTANA CONTADINA



Cesare Pavese






La muraglia di fronte che accieca il cortile

ha sovente un riflesso di sole bambino

che ricorda la stalla. E la camera sfatta

e deserta al mattino quando il corpo si sveglia,

sa l'odore del primo profumo inesperto.

Fino il corpo, intrecciato al lenzuolo, è lo stesso

dei primi anni, che il cuore balzava scoprendo.

 

Ci si sveglia deserte al richiamo inoltrato

del mattino e riemerge nella greve penombra

l'abbandono di un altro risveglio: la talla

dell'infanzia e la greve stanchezza del sole

caloroso sugli usci indolenti. Un profumo

impregnava leggero il sudore consueto

dei capelli, e le bestie annusavano. Il corpo

si godeva furtivo la carezza del sole

insinuante e pacata come fosse un contatto.

 

L'abbandono del letto attutisce le membra

stese giovani e tozze, come ancora bambine.

La bambina inesperta annusava il sentore

del tabacco e del fieno e tremava al contatto

fuggitivo dell'uomo: le piaceva giocare.

Qualche volta giocava distesa con l'uomo

dentro il fieno, ma l'uomo non fiutava i capelli:

le cercava nel fieno le membra contratte,

le fiaccava, schiacciandole come fosse suo padre.

Il profumo eran fiori pestati sui sassi.

 

Molte volte ritorna nel lento risveglio

quel disfatto sapore di fiori lontani

e di stalla e di sole. Non c'è uomo che sappia

la sottile carezza di quell'acre ricordo.

Non c'è uomo che veda oltre il corpo disteso

quell'infanzia trascorsa nell'ansia inesperta.





(Poesia tratta dalla raccolta Dopo.)



Cesare Pavese






        
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