UNA COLTELLATA SECCA, AL PETTO
Enzo G. Baldoni
Sabato notte. Nella piccola posada di Váquiro palloncini, ghirlande, luci colorate: è la festa per i quindici anni di Sonia, la figlia di Santos il ganadero , l'allevatore di bovini. Aguardiente , salsa, musica sparata altissima. Los Pozos è piena di ganaderos , venuti dalle fincas dei dintorni. Tino, ventotto anni, è ubriaco. E anche un noto violento.Trova da dire con Milciade, ventidue anni, due figli. C'è una breve scazzottata in strada. Poi Milciade afferra una bottiglia, gli mena una bottigliata. Tino fa un gesto secco, gli affonda qualcosa nel torace. Milciade gli tira la bottiglia, poi si allarga la camicia bianca della festa, si guarda il petto. Ha una ferita larga quattro dita sopra la mammella sinistra. Il feritore lo guarda, ansimando, piegato, coltello in mano. Milciade si guarda le mani imbrattate di sangue e urla: ¡Oy me mataron! ¡ Oy me mataron! .
Si siede per terra, si preme sul petto con la mano, il sangue gli inzuppa di rosso la camicia candida. Si mette la mano in tasca, tira fuori una manciata di banconote e la dà alla moglie: Tieni, tieni, è tutto quello che ho, tienili tu rantola. Dalla bocca gli gorgoglia un fiotto di schiuma rossa. Si accascia a terra. La moglie urla, piange, gli guarda la ferita: ¡ Oy mataron a mi esposo, mataron a mi esposo! ¡Llamen a la guerrilla, llamen a la guerrilla! .
Le sorelle, la madre, la moglie di Milciade urlano. La gente sta in silenzio, guarda. Quattro persone prendono Milciade per le gambe e per le braccia, come un fagotto, lo portano affannosa-mente al puesto de salud publica , che è proprio li davanti. Per fortuna c'è un medico di guardia. Le condizioni sono disperate, probabilmente la coltellata ha squarciato il polmone.
Per una trentina di minuti una folla silenziosa aspetta davanti al piccolo puesto de salud : ma più che bende e flebo non ci sono. C'è un silenzio mortale. Qualcuno porta un pick-up Chevrolet rosso carico di fusti di benzina e tira giù la sponda. Il ferito, avvolto in un lenzuolo chirurgico verde, il viso di un pallore livido e giallastro, viene adagiato nel cassone del pick-up con una flebo in ciascun braccio. La moglie e la sorella salgono nel cassone, attaccano le flebo alla cornice di ferro che regge il telone. Il pick-up parte piano, la strada per San Vicente del Caguán è orrenda, tutta buche. Ci vorranno due ore, due ore e mezzo per arrivare in ospedale.
Il silenzio carico di tensione esplode in nuove risse. Gli amici e i parenti di Milciade contro quelli di Tino. Tino è scappato via. Ora il centro dell'attenzione è Gabriel, il fratello del feritore. E magro e atletico. Tiene in mano un machete avvolto in uno straccio bianco. Uno degli amici di Milciade rotea un'accetta, altri han-no machete e coltelli. Arriva il padre di Tino e Gabriel, in moto, camicia bianca, baffoni, cappello di paglia. Sembra tranquillo, non fa nulla, si limita a riparare un po' il figlio, a interporsi tra lui e i parenti di Milciade senza scendere dalla moto, come un vaquero che cerca di mantenere un vitello nella mandria.
Gli amici di Milciade lo circondano, lo sfidano. ¡ Pelea a ma-no limpia, si eres un hombre! . Un biondo si toglie la camicia, lo sfida. Gabriel butta il machete. Schermano un po' con i pugni, si girano intorno, guardinghi, piegati in due, pronti a scattare. Gabriel fa l'atto di prendere qualcosa dalla tasca posteriore dei pantaloni, il biondo sta in guardia. L'altro giocherella con la mano dietro. Avrà un coltello o una pistola? La gente, intorno, li aizza: ¡No tiene nada, no tiene nada! ¡Golpéalo, que no tiene nada! .
Il biondo si butta addosso a Gabriel, una breve zuffa, gli dà quattro, cinque botte secche, lo afferra alla cintura, gli si butta sopra con tutto il peso, lo trascina a terra e lo finisce con una scarica di mazzate potenti e incazzate alla testa, alla mandibola, agli zigomi. Il rumore dei colpi sull'osso risuona secco nella strada. Gabriel è un mucchietto nero in un angolo buio della strada centrale di Los Pozos. Respira a fatica. Gli altri se ne vanno ridendo, battono le mani sulle spalle al biondo.
La gente ritorna al centro della strada. Il padre per un po' non fa nulla, osserva il figlio per terra. Poi parcheggia la moto, lo raccoglie, lo tira su.
Gabriel si rialza, si allontana zoppicando, poi si ferma, torna indietro, si strappa via la camicia, si lega uno straccio verde in testa per fermare i capelli lunghi, è come impossessato da una specie di amok , di follia, sfida gli altri. ¡ Hijos de puta! ¡ Hijos de putaaaa! Fa qualche mossa di kickboxing, rotea calci e pugni nell'aria. Forse ha preso dell'anfetamina o della coca. Suo padre gli si fa davanti: con calma, sempre a cavallo della moto, lo stringe contro un palo come un torello nel corral . Fa impressione lo stacco tra la furia cieca e ubriaca di Gabriel e la calma paciosa del padre.
Il biondo si rifà sotto, lo sfida. La rissa minaccia di diventare generale, con le sorelle di Milciade che gridano: ¡ Asesinos! ¡ Asessiiiinos ! .
Poi la gente si ferma. Dal fondo della strada spunta la comandante Mariana, mitra in spalla, seguita da quattro guerrilleros . Mai vista tanta energia in una donna così piccina. Avanza, da sola, sicura, rapida: Bene, la festa è finita. Abbiamo fatto abbastanza sciocchezze per questa sera, giusto? Chiudete i bar e tutti a dormire. Chamorro: entro mezz'ora spenga il generatore. Domani sarà una giornata lunga.
Non sono le armi, non sono i quattro guerrilleros che la seguono cinquanta metri indietro: è la sicurezza assoluta di questa donna che si guadagna il rispetto. Questa non ha paura, ha fatto scontri a fuoco e attentati. Gli omoni imbriachi abbassano la testa, si allontanano borbottando. Mariana passa di capannello in capannello e ripete il messaggio: La festa è finita. A casa! Tra mezz'ora spegniamo la luce.
Mi fa un gran sorriso. ¡ Hola, italiano! Sorride, abbraccia un bambino, poco fa era una guerriera dura e pura, ora è tenerissima. Questa donna è davvero affascinante. Dio quanto mi fanno sangue le donne in uniforme.
Mi passo le mani sulla camicia. È fradicia.
La mattina dopo la pelea
La mattina dopo, ascolto la gente. Naturalmente non si parla d'altro che della coltellata a Milciade. Mi dicono che anche un altro è stato ferito, poca roba: un colpo di machete in faccia.
¿Que pasó? chiedo.
¡Nada, una peleita! (una piccola rissa).
Chiedo a Niriyet, la bimba di dieci anni che vive in casa mia con la sorellina, se si è spaventata.
¡No, me gustò!
¿ Es la prima pelea che ves?
Mi guarda come se fossi tonto.
¡Oh, no, he visto muchísimas! con il sorriso di chi è stato alla fiera.
Davanti al puesto de salud incontro il biondo che ieri sera ha steso Gabriel a cazzotti: scopro che è il fratello di Milciade. Chiedo notizie del ferito. Non si sa se sia ancora vivo. Ieri notte all'ospedale di San Vicente non c'erano medicinali, e allora lo hanno portato a Florencia: altre tre ore di carretera a sbalzelloni.
Morte a Los Pozos
Stamattina tutti a Los Pozos hanno l'aria grave. Si riuniscono in capannelli, parlano a voce bassa scuotendo la testa. Milciade è morto.
Contessa, cos'è mai la vita? Oh, marchese... quella cosa che non conta un cazzo, nel Caguán.
(Brano tratto da Piombo e tenerezza, Editoriale Diario, Milano, 2005.)
Enzo G. Baldoni nasce l'8 ottobre 1948 a Cittΰ di Castello, Perugia. Si diploma in agraria, ma fa tutt'altro: "Il muratore in Belgio, lo scaricatore alle Halles, il fotografo di nera a Sesto San Giovanni". Capisce "che fare il copy θ meglio che lavorare" e nel 1980 fonda l'agenzia Le balene colpiscono ancora. Traduce la striscia Doonesbury di Garry Trudeau. In estate, parte. Nel 2004 θ in Iraq doce organizza due missioni umanitarie a Najaf. L'agguato avviene il 20 agosto, mentre guida un convoglio della Croce rossa italiana con l'amico Ghareeb. La notizia della sua morte arriva nella notte del 26 agosto 2004.
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