IL LUCCICHIO DEL
MARE
- Brano tratto dal romanzo Adesso tienimi -
Flavia Piccinni
(
)
A scuola va sempre peggio. Ci vado, ma è come se restassi a casa. Le lezioni
passano. Gli insegnanti sbraitano, fanno domande, commentano, spiegano. Ripetono
che le lezioni, anche se obbligatorie, accolgono spesso asini travestiti che farebbero
meglio a lavorare nei campi o alle pompe di benzina. Io passo la mattina a
fare due cose. A pensare a te e a guardare la cartina dell'Italia in latino che
sta sopra la cattedra. È sbiadita, sbrindellata ai bordi, con i nomi scritti
in corsivo. Quelli delle città più importanti, come Roma e Napoli,
sono ripassati due volte. Anche Taranto con il suo golfo, il Sinus Tarentinus,
è in neretto. Segno di una potenza dimenticata dal tempo. Quando sono triste
e il ricordo di te è troppo forte inizio a intrecciare la S e la T sui
fogli dell'agenda. Ed è come se quelle iniziali, che rappresentano un porto
sicuro nel nostro mare, diventassero prima te e poi me. Poi tutti e due. Insieme. Invece
di tornare a casa, imbocco per i Tamburi. Ci sarò andata due, massimo tre
volte. È uno di quei quartieri che tutti, a torto, snobbano. È come
quando sai che dietro casa c'hai la discarica, sai che c'è e mica pensi
serva starla a guardare per fermarla. E poi, con il tempo, vedi solo la merda
che si è venuta a creare, le bottiglie vuote e i divani smembrati, e non
ci pensi più che sotto ci stava il paradiso. Paolo VI, Taranto 2, i Tamburi
sono per tutti piccole discariche, figlie di quella grande e meravigliosa pattumiera
di uomini e di bellezze che è Taranto Vecchia, che ti fa capire come Taranto
non sia né in Puglia né in Italia. Perché Taranto è
Taranto e basta. Con i cassonetti dell'immondizia incendiati, le ragazzine di
quattordic'anni con i bambini in braccio, le cose belle, quelle comuni, quelle
di tutti, che vengono trattate a merda. Il mare che luccica come io non l'ho mai
visto luccicare in vita mia, neanche quello dei Caraibi, i pescatori che guardano
il mare nnanz' e ret', che di mari ne stanno due come in nessuna
città d'Italia e forse del mondo. Non mi fermo ai Tamburi. Anzi accelero.
Mi lascio dietro la più alta percentuale di morti per cancro ai polmoni
della penisola. Uno al giorno. Mi lascio dietro le facce dei vecchi che stanno
sulle sedie di legno davanti ai portoni verde sbiadito con in mano bastoni, i
ragazzini che, a piedi nudi, prendono a calci un pallone sgonfio. Mi lascio dietro
anche il mare inghiottito dal mercurio, che il pesce lo sta drogando. Mi lascio
dietro soprattutto i pomodori appesi a grappolo e le lenzuola, che si sono già
colorati di rosso polvere. Rosso ILVA. Mi lascio dietro un Sud da cartolina che
è una realtà stupenda e pericolosa, che minaccia di scoppiare e
allo stesso tempo di gonfiarsi, senza esplodere mai. Domani
Giulia va via. Abbiamo organizzato una festa a sorpresa da Iolanda. Io dovevo
portare la famosa pizza cipolle e olive di Mina, ma visto che ormai non ci parliamo
più, ho ripiegato su una sfoglia con pomodorini e ricotta forte. Mi dà
un passaggio Michele, che non posso portare il vassoio in motorino e gli altri
sonotutti presi da pasta fredda, polpettone, zuccotto gelato. In casa ci sono
un sacco di persone, perfino i genitori di Iolanda. Alcuni già stanno commossi
e si nascondono in bagno o dietro fazzoletti di carta stropicciati. Iolanda
è andata a prendere Giulia. Credo che sia terrorizzata. Sa che, quando
lei partirà, resterà sola. Appena arrivano ci nascondiamo e Virgilio
spegne la luce. Poi gridano Sorpresa! e Giulia inizia a piangere, abbraccia
tutti e bacia Iolanda, che piange a sua volta, sulla bocca. Ce ne accorgiamo tutti,
ma facciamo finta di niente. Durante la festa si parla delle solite cose. Di come
stiamo cambiando, che presto tutti andremo via, che inizia già a fare troppo
caldo. Quando restiamo solo gli amici di sempre, Iolanda dice che ha una sorpresa
per Giulia. Prende una scatola rettangolare, tipo quella delle scarpe. La mette
al centro della tavola, sopra un vassoio di cartone vuoto. Si allontana. Giulia
apre e trova solo una grossa catena. La prende in mano.
"Che
cos'è?". "Il mio regalo. Ci sono quattro lucchetti, quanti
siamo noi. Ognuno adesso scriverà il suo nome e poi lo legherà alla
catena". "E poi?". "Mo' vedi". Io,
Virgilio, Iolanda e Giulia iniziamo a scrivere. Poi chiudiamo i nostri lucchetti
alle maglie della catena. Iolanda prende la scatola e dice che è ora di
andare. Arriviamo davanti alla Sirenetta, che sta a Taranto Vecchia, e parcheggiamo
i motorini. Andiamo sulla rotonda. Fa freddo, ma nessuno ha il coraggio di dirlo.
Iolanda prende la catena. Bacia Giulia e dice che deve lanciarla nel mare, che
da ora in poi sarà per sempre nostro. Giulia lo fa, mentre stringe la chiave
in mano e inizia a piangere. Quando vedo la catena cadere in acqua e sento il
suo rumore, accennato e doloroso, capisco che, oggi, anche Iolanda è sola
come me. Ha perso il suo amore. Apro gli occhi. Guardo il soffitto. Sono le
sette e so che Giulia sarà già partita. Iolanda l'avrà portata
a casa giusto in tempo per cambiarsi i vestiti, infilarli nello zaino e aiutare
i suoi a caricare la macchina. Me la vedo, Iolanda, che sta ferma davanti all'auto
che parte. Con Giulia che piange. Almeno, loro, hanno potuto salutarsi. Noi
neanche questo. Perché tu hai voluto lasciarmi così, senza dirmi
niente. E non c'è ricordo che valga oggi. E odio i cuscini che stanno sopra
il letto di giorno e che la notte li lancio per terra, odio le fotografie di bambina
con gli zii che stanno in cornici di legno sulla scrivania, odio le bambole e
i peluche che mi ricordano quanto sono stata triste da piccola. Odio la mia stanza
tutta, con il portapenne messicano comprato alla Fiera di Bari e la lampada di
carta di riso, regalo di un vecchio compleanno. Odio questa villetta che quando
sarà mia tingerò di un nero profondo, odio la strada intera con
le case belle sul lato destro e gli appartamenti popolari sul sinistro. (
)
(Brano
tratto dal romanzo Adesso tienimi, Fazi Editore, Roma, 2007.)
Flavia Piccinni
è nata a Taranto nel 1986 e vive a Lucca. Ha vinto, nel 2005,
il Premio Campiello Giovani. Ha partecipato nel 2007 all'antologia di minimum
fax Voi siete qui con il racconto "Manco un po'". Questo
è il suo primo romanzo.
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