QUALE
AVVENIRE PER LA LETTERATURA?
- Tzvetan Todorov e François Bégaudeau
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Bégaudeau |
| Todorov |
Mentre non meno di 353 romanzi francesi escono in questa ripresa delle attività
a inizio d'anno, Tzvetan Todorov e François Bégaudeau si interrogano
sul ruolo della letteratura e sull'insegnamento del francese. I loro punti di
disaccordo sono rivelatori dell'evoluzione del romanzo attuale. Vi proponiamo
un'intervista incrociata a Tzvetan Todorov, storico e saggista e François
Bégaudeau , romanziere e professore di francese.
La
Croix: Quali sono i pericoli che minacciano la creazione letteraria contemporanea?
T.T:
Il “pericolo” di cui parlo procede da diverse cause che sono, tuttavia , collegate
a una certa concezione della letteratura. La prima risiede nell'insegnamento nelle
scuole, che subito dopo il 1968 ha subito un cambiamento, al quale io ho partecipato
in modo attivo. Quello che si voleva era stabilire un equilibrio tra l'approccio
alla letteratura attraverso dati esterni, biografici e aneddotici, e l'analisi
più attenta delle opere stesse. Ci
si è spinti però troppo in là e il risultato è che
oggi l'insegnamento si incentra sugli strumenti dell'analisi letteraria più
che sulle opere stesse. Questa
stessa concezione austera è presente in buona parte della critica giornalistica
e persino in numerosi scrittori, che sono come immobilizzati dal loro stesso desiderio
di conformarsi alle teorie che ritengono essere alla moda. F.B.:Il
professore di francese che è in me rifiuta le osservazioni che lei fa sull'insegnamento.
Siamo costretti a essere pragmatici, soprattutto nelle realtà scolastiche
difficili, e di fatto ci prendiamo delle libertà rispetto alle indicazioni
ufficiali che, secondo lei, esortano al formalismo, cosa alla quale comunque io
non credo: chiedersi se Kafka appartenga al registro comico o tragico è
una domanda che ci porta molto lontano, per quel che riguarda il senso e non solo
la forma. Del
resto, bisogna rendere giustizia allo spirito di quella riforma e alla svolta
post 68: si trattava di adattare l'insegnamento alla sua democratizzazione. Passare
per procedimenti di analisi formale permette di stabilire un contatto anche con
coloro cui tendenzialmente un testo non evoca nulla. Consideriamo a titolo d'esempio
lo schema attanziale¹,schema formale che analizza la struttura delle opere
teatrali svincolando soggetto, oggetto, finalità, aiutante, opponente:
permette a ciascuno di penetrare nell'opera, anche nel caso in cui la lingua non
gli fosse congeniale o la storia non gli dicesse nulla. T.T.
E' normale che chi pratica questo metodo d'insegnamento lo difenda. Io considero
piuttosto il punto di vista degli alunni. Alla scuola secondaria l'indirizzo letterario
non attira più nessuno, con una simile impostazione dello studio della
letteratura gli alunni non capiscono a cosa serva. Trovo sconfortante pensare
che per appassionarli si debba parlare loro di aiutanti e opponenti! Bisognerebbe
piuttosto mostrare agli allievi che i grandi testi del passato parlano di loro,
danno senso alla loro vita interiore e li aiutano a vivere meglio. Il
problema del senso si affianca a quello dell'impegno in letteratura, che lei affronta
e difende, François Bégaudeau, nel suo testo dell'opera collettiva
“Devenirs du roman” (Prospettive di evoluzione del romanzo) F.B:
Questo libro collettivo mette insieme numerose ipotesi, e tale eterogeneità
è quello che volevamo soprattutto esprimere. E' molto complicato classificare
l'esperienza del romanzo contemporaneo secondo due o tre etichette, e io non credo
che la letteratura francese attuale soffra di un deficit di realismo. E' la sua
freddezza di fronte alla parola “impegno” che volevo sottolineare nel mio testo.
I romanzieri
francesi temono legittimamente di venire subordinati a un'intenzione militante,
ma bisogna ricordare quello che diceva benissimo Sartre: “impegnati, lo si è
di fatto”. Ed è su questo che io mi separerò da Tzvetan Todorov.
Credo che a modo loro tutti i romanzi attuali ci dicano qualcosa del mondo. La
cosa alla quale Todorov trova difficile mettere una pietra sopra forse è
una letteratura il cui progetto sia rendere conto del mondo nel suo insieme. Quest'ambizione
è sparita dal romanzo attuale, come segnala Tzvetan Todorov? F.B.
Ritengo che il romanzo attuale metta in evidenza il concetto che non esiste un
solo mondo! Esso affronta le cose da un'angolazione minore, cosa che io ho fatto
con “Entre les murs” (tra le mura): Piuttosto che elaborare grandi teorie sulla
scuola, ho scelto di entrare in un'aula per vedere come stanno le cose li. Ognuno
è libero di dedurne quello che vuole sulla condizione della società.
Ma lungi da me la pretesa di spiegare il mondo. T.T.
L'impegno, nel senso dato da Sartre, è sempre presente, dunque non si può
darselo come scopo. L'impegno nel senso di inquadramento a servizio di una causa
è contrario allo spirito stesso del romanzo, che non è un genere
didascalico. In
compenso si può auspicare che gli autori si sentano responsabili, cioè
che si facciano carico della continuità tra il mondo nel quale vivono e
il mondo che creano. Io e gli altri, reale e immaginario formano un mondo comune.
Cosa che non significa assolutamente mondo unico. Ma io noto che questa esigenza
è scarsamente rappresentata nel romanzo contemporaneo. F.B.
Un fondamentale punto di disaccordo tra noi è il nesso che lei stabilisce
nel suo libro tra nichilismo (“il mondo è abominevole”), solipsismo (“l'io
è infinitamente interessante”) e formalismo (“la forma prima dell'essenza”),
nesso al quale lei imputa l'impoverimento della letteratura. Ora, io ritengo che
queste tre tendenze siano ampiamente antagoniste. T.T.
Non sono io che stabilisco questo legame, è la nostra epoca. Le tre tendenze
che io cito non coincidono tra loro, ma sono complementari: si considera che per
uscire dal formalismo non ci sia scelta che tra il nichilismo e il solipsismo.
Apparentemente i due ultimi sono in opposizione, in realtà partono da una
base comune. L'autore
nichilista non partecipa del mondo che descrive, dato che lo sa vedere dall'esterno.
Il solipsista si attiene unicamente alla sua esperienza personale. Ora, la letteratura
può immensamente di più, non c'è nessun motivo per limitarla
a queste sole tendenze. Il mio libretto è una perorazione della causa della
letteratura, un richiamo al fatto che è una cosa meravigliosa che può
aiutarci nella nostra vita. F.B.
Penso che sarà più facilmente percepito come un grido d'allarme,
mentre la nostra strategia, come è detto in “Inculte” , è piuttosto
di accompagnare lo sforzo verso la letteratura. In questo modo affermiamo che
è vitale e diamo la prova concreta che essa si mantiene nel tempo, che
è in continuo movimento. T.T.
Non cerco di dare consigli agli scrittori, so bene che scrivono come possono!
Ma noto che il loro mondo è talvolta estremamente povero e monotono, ridotto
a una sola esperienza, mentre può essere infinitamente ricco, complesso,
multiforme. La
letteratura francese contemporanea sembra avere un problema sotto questo aspetto,
con poche eccezioni, come è messo in evidenza dallo scarso interesse che
suscita all'estero. Io individuo una delle grandi cause di questo impoverimento
nel modo stesso di concepire la letteratura: L'insegnamento e la stampa letteraria
sono dominati dalle tendenze di cui parlo. F.B.
Attraverso uno scritto di cui desidero sottolineare la chiarezza, lei fa la cronistoria
dell'evoluzione che ha portato a questo ripiegamento dell'arte su se stessa, del
quale le tre tendenze di cui sopra sarebbero il prodotto. Io, questo non lo posso
accettare! Proporrò un esempio: Huellebecq. Questo autore, che si situa
di preferenza tra i nichilisti, sempre si è pregiato di essere in rottura
totale con la tradizione formalista, ha sempre detto di non essere interessato
allo stile, la qual cosa si dimostra puntualmente vera nei suoi libri. La tradizione,
la scuola nichilista in nessun caso può essere messa tra i prodotti di
quella filiazione. T.T.
Come ho detto, la scuola nichilista non è figlia dell'arte in sé,
ma è piuttosto figlia della reazione contro l'arte. F.B.
Si, ma lei mette queste tre tendenze sullo stesso sullo stesso piano, quello di
una stessa negazione del reale, o un isolamento e chiusura dell'arte in sé.
T.T.
L'arte partecipa comunque di un rifiuto del mondo comune. F.B.
Se un mondo comune non esiste, non esiste! Non si può decretare che lo
scrittore debba impadronirsi di un mondo che a suo avviso non esiste. Beckett
osserva che il mondo comune non esiste più e fa il teatro e il romanzo
che fa. Neanche Kafka sarebbe stato molto d'accordo ad affermare l'esistenza di
un mondo comune. Proprio i suoi romanzi sono la testimonianza che qualcosa si
sta perdendo, che non sarebbe del resto tanto il mondo comune in quanto tale,
quanto l'idea che possa essercene uno. Quando
Christine Angot racconta la sua storia amorosa, senza risparmiarci nessun dettaglio
né stato d'animo, non si tratta in nessun momento di un mondo comune. Ma
è il suo mondo e lei fa bene a riportarlo! E questo ha valore di documento
tanto quanto un romanzo che tratti un ambito più vasto. Si può non
amare questo genere di libri, ma non si può negare loro la categoria di
realtà. T.T:
Ma è l'unica cosa che possiamo chiedere all'esperienza, che sia reale?
Quanto al rifiuto del mondo comune, io non la seguo. Se le cose stanno così,
non si scrivono libri, ci si rifugia nel silenzio. F.B.
Si possono certamente proporre temi universali che creino degli automatismi di
identificazione, ma io non sono sicuro che sia per questa via che un libro arrivi
a toccarci profondamente o a trasformarci. Direi piuttosto che ci “confermi” in
quello che siamo. Il mio continuare a essere piuttosto attento alla forma è
alimentato dalla convinzione che, in un libro, sono la sua forma, la lingua, la
musica i veri veicoli di trasformazione del lettore, molto più che la tematica
e il senso, che in fondo producono solo uno status quo. Tzvetan
Todorov nel suo libro mette in evidenza il ruolo della letteratura e insiste sulla
nozione di piacere, che non sembra essere una delle principali preoccupazioni
del libro collettivo. T.T.
La lettura deve essere associata al piacere, non si porterà nessuno alla
lettura con la costrizione. E può essere associata al piacere perché
dà gioia seguire una storia, immaginare esseri diversi da noi, cogliere
il senso e scoprire la bellezza. F.B.
Nel libro collettivo affrontiamo solo in modo limitato questo concetto semplicemente
perché la causa è condivisa. Un professore di francese desidera
solo una cosa: che gli alunni provino piacere nel leggere i testi che egli propone
loro; di fatto ci si trova con l'80% degli allievi, per i quali questo piacere,
al primo approccio, non è cosa scontata. L'imposizione del piacere può
anche essere di grande violenza e creare delle discriminazioni escludendo alcuni
alunni dalla comunità letteraria. Presa questa situazione come punto di
partenza, dobbiamo inventarci nuove strategie per giungere a questo piacere, e
l'approccio formalista è una tra mille altre. N.d.t.
1-A.J.Greimas,
linguista lituano, introduce lo schema attanziale , modello di
analisi testuale, articolato sulle coppie destinante-destinatario, soggetto-oggetto,
aiutante-opponente . Il modello attanziale e' un modello paradigmatico fondato
sulle relazioni di opposizione esistenti fra sei fondamentali attanti o ruoli
narrativi che sono : soggetto , (colui che compie l'azione), oggetto (che è
la meta dell'azione), aiutante (che aiuta il soggetto), opponente (che ostacola
il soggetto), destinante (che è il mandante del soggetto all'inizio della
narrazione), destinatario (a cui viene affidato alla fine l'oggetto o attante
finale della comunicazione).
(Tratto
dalla rivista on-line La Croix, gennaio 2007. Intervista realizzata da
Sabrine Audrrie. Traduzione di Maria Antonietta Murgia.)
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