FERNANDO
SAVATER E I CATTIVI MAESTRI
Mino Vignolo
Fernando
Savater
Fernando Savater spiega perché non gli piace essere chiamato Filosofo,
una parola imponente, con effe maiuscola. "La parola Filosofo vorrei riservarla
per i grandi maestri come Kant o Spinoza. In altri contesti mi pare pretenziosa.
Io mi guadagno la vita insegnando Filosofia e mi accontento di essere un filosofo,
con effe minuscola". Il filosofo e saggista Savater, che a giudizio di molti
merita la maiuscola, addita come "cattivo maestro" intellettuale Emile
Cioran, lo scrittore e filosofo romeno vissuto quasi tutta la sua esistenza a
Parigi, il franco tiratore del pensiero, il nichilista alle cui spalle si annida
un altro grande e cattivo maestro, Friedrich Nietzsche, un tempo ammirato. "Cioran
l'ho conosciuto bene ed ero diventato suo amico - dice -. Era anche un grande
scrittore in francese e ne ho tradotto le opere in spagnolo. Il suo pensiero
aveva molti elementi nietzschiani e non poteva non attrarmi quand'ero giovane,
appartenendo io alla corrente dei neonietzschiani. Il suo nichilismo era perfetto,
ed era affascinante a quei tempi leggere parole come le seguenti che spiegano
la ragione per cui scriveva: "Non si scrive perché si ha qualcosa
da dire ma perché l'inconveniente di essere nati risulta talmente insopportabile
che non si può più fare a meno di vomitare i propri segreti. Questa
è l'illusione che ci resta". O un'altra frase come: "Annientare
con le parole offre un senso di potenza e lusinga qualcosa di oscuro in noi. Non
è erigendo, è polverizzando che possiamo intuire la segreta soddisfazione
di un dio"". Cioran sembrava un Nietzsche redivivo. Ed era intriso del
pensiero nietzschiano. "Nietzsche è un autore "pericoloso"
- commenta Savater -, un pensatore chiaramente antidemocratico, occasionalmente
antiumanista, che è stato oggetto di una lettura perversa da parte dei
nazisti tedeschi e di altri personaggi politici indesiderabili del XX secolo".
Un autore, insomma, da maneggiare con prudenza. E la prudenza può essere
una virtù rara nei giovani studiosi che, alle prese con pensatori molto
brillanti e a volte truculenti, ne sono affascinati. "Quando si è
giovani si può essere insensibili. Ti piace sentir dire enormità
del tipo: "Io non sono uomo, sono dinamite". Chi è giovane vuole
essere dinamite e si può innamorare del Nietzsche più rumoroso e
truculento o di Cioran, autore nel pieno della sua attività, lucido nel
suo pessimismo, un uomo sedotto dal nulla, affascinato dall'irrazionale. In seguito
si potrà essere attratti da aspetti più profondi di un pensiero,
che esistono anche se sono stati ignorati a profitto delle frasi a effetto. "Conobbi
Nietzsche a 16 o 17 anni. Così parlò Zarathustra mi fu regalato
da mia madre, maestra di scuola e amante dei libri, che mi aveva insegnato il
piacere della lettura con Salgari, Verne, con romanzi di avventura e polizieschi.
Generi che mi piacciono ancor oggi. Avevo già letto libri di filosofia,
Bertrand Russell, filosofi democratici, illuminati. Nietzsche fu una rivelazione.
I suoi toni eccessivamente acuti, sonori, che ora non mi piacciono, mi attrassero
in modo incredibile e posso dire che il filosofo tedesco è stato uno dei
pensatori che più mi hanno influenzato negli anni giovanili. Mi attraeva
il pensiero secondo cui l'autentica esistenza filosofica è quella di chi
gioca e comanda, quella di chi determina i valori e distrugge le vecchie tavole
delle leggi che regolano la collettività, di chi non obbedisce alla necessità
ma decide ciò che è necessario. Conta l'Io, l'Unico: di fronte a
lui nessuna istituzione, Stato, Chiesa o partito politico prevalgono. Proprio
lo Stato è definito "il più freddo dei mostri freddi".
Guardando le cose con occhio più maturo e scettico si può sorridere,
ma un ragazzo può rimanere impressionato. In seguito conobbi Cioran e ne
fui affascinato alla stessa maniera, anche se ero meno giovane". Era l'epoca
della dittatura di Franco quando il giovane Fernando Savater venne folgorato da
Così parlò Zarathustra . E non fu il solo nella Spagna dell'epoca.
Entrò dunque a far parte del gruppo dei neonietzschiani. "Eravamo
un gruppo di giovani che volevano scrivere di filosofia o almeno "fare"
filosofia. Non volevamo essere incasellati in una delle due grandi famiglie filosofiche
spagnole che si opponevano, all'inizio degli anni Settanta, all'ortodossia conservatrice
e clericale impartita nelle aule universitarie. Le due famiglie erano la "marxista"
e l'"analitica", della scuola di Oxford. Essere neonietzschiani allora
significava essere antifranchisti, antiautoritari, anticlericali, irriverenti
come qualsiasi materialista dialettico, però con un supplemento attraente
di corpo emancipato e allegria individuale che la ferrea disciplina marxista o
maoista non approvava. Esser neonietzschiani era essere solennemente antisolenni,
dire "gioco" quando altri dicevano "lavoro" o "impegno",
ripudiare l'ordine stabilito in un caos danzante". Nelle parole di Fernando
Savater, uomo allegro e divertente, coltissimo senza nessuna pedanteria, l'inizio
degli anni Settanta, ultima tappa del lungo regime franchista, emerge come un
periodo estremamente vitale nell'attesa del cambiamento. "Essere neonietzschiani
era una maniera di essere giovane in Spagna. Non certamente l'unica, né
la migliore. Il franchismo era talmente noioso che di conseguenza pure l'antifranchismo
tendeva a diventare noioso. Una vernice nietzschiana servì allo scopo.
I giovani di oggi, più fortunati e più liberi, non ci giudichino
troppo severamente... C'era un grande contrasto fra le nostre rivendicazioni di
fronte alla dittatura (libertà di espressione e di riunione, diritto di
sciopero e di associazione sindacale, partiti politici, stampa e cinema senza
censura) e lo smisuratamente truculento dei nostri modelli intellettuali: Nietzsche,
Cioran, Sade o Bataille. Sognavamo l'inaudito o l'incredibile, ma eravamo segretamente
impazienti di accontentarci del buonsenso e dei limiti della democrazia parlamentare.
Questa disposizione borghese servì da antidoto contro gli ingredienti intellettuali
più velenosi". La retorica franchista non ricordava in alcuni aspetti
la retorica nietzschiana? "I proclami della retorica franchista non mi erano
mai piaciuti. Mai avevo provato lo stesso fascino intellettuale che provavo per
i proclami di Nietzsche, un autore stimolante che portava elementi necessari alla
filosofia. Nulla di tutto ciò si trovava nella retorica franchista".
Dopo la morte di Franco e la transizione alla democrazia, certi aspetti del pensiero
di Nietzsche e di Cioran sono sottoposti a revisione e i due si trasformano pian
piano da maestri intellettuali in "cattivi maestri"... "Nel mio
caso personale, per parlare, come ha detto Unamuno, dell'unico rappresentante
dell'umanità che ho a portata di mano, sono stati forse lo stesso Nietzsche
e lo stesso Cioran a servirmi da profilassi contro la mancanza di misura. Il contrasto
fra una affermazione della forza senza misericordia e una constatazione non misericordiosa
dell'umana debolezza mi ha portato verso la misericordia. Verso gli altri, certamente,
però in primo luogo verso me stesso. Per questo motivo ho cercato di recuperare
la riflessione etica non a partire dall'altruistica compassione ma dall'amor proprio,
bene inteso". Da Nietzsche Savater ha imparato a ridere di chi crede di essere
un "uomo superiore" e da Cioran ha appreso che la pretesa più
risibile fra tutte è quella di credersi "uomo superiore". E tanto
da Nietzsche che da Cioran ha imparato che per essere nella verità occorre
"marciare in deserti senza dei". Fra gli dei aboliti il filosofo e saggista
mette in prima fila razzismo e nazionalismo, "i Moloch del sangue e della
terra, gli idoli della rapina o dei lavori forzati, la venerazione nei confronti
dei tiranni salvifici che liberano gli incauti del peso della libertà con
la promessa di una ricompensa maggiore". Se sono stati proprio i "cattivi
maestri" Nietzsche e Cioran a liberarla degli influssi nietzschiani, allora
è difficile considerarli ancora "cattivi maestri"... "Lo
hanno fatto a loro insaputa e contro la loro volontà. Non direi che mi
hanno insegnato ad amare, però mi è rimasto il consiglio che "quando
non si può continuare ad amare si deve passare al largo". Per non
perder il mio tempo e la mia vita odiando sono passato molte volte al largo. Continuo
a passare al largo, però di tanto in tanto getto provvisoriamente l'ancora.
Senza tormento ritorno dal neonietzschianesimo a un certo Nietzsche. Lui e Cioran
saranno stati cattivi maestri, ma rimangono fra i più affascinanti pensatori
moderni. Hanno influito sulla mia vita quotidiana, dato che i miei pensieri sono
la mia vita".
(Articolo tratto dal sito SWIF - Sito Web Italiano
per la Filosofia.)
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