GOTÀN
Juan
Gelman
Quella
donna assomigliava alla parola mai, dalla sua nuca saliva un incanto particolare, una
specie d'oblio dove conservare gli occhi, quella donna si piazzava nel mio
fianco sinistro.
Attenzione
attenzione gridavo attenzione ma lei m'invadeva come l'amore, come la notte, gli
ultimi segnali che feci per l'autunno si addormentarono tranquilli sotto l'ondeggiare
delle sue mani. Dentro
di me scoppiarono rumori secchi, a pezzi cadevano la furia, la tristezza, pioveva
dolcemente la signora, sulle mie ossa in piedi nella solitudine. Quando
se ne andò io tremavo come un condannato, mi uccisi con un coltello
brusco ora passerò tutta la morte disteso con il suo nome, che muoverà
la mia bocca per ultima volta. (Traduzione
di Gregorio Carbonero)
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lingua originale: GOTÁN Esa
mujer se parecía a la palabra nunca, desde la nuca le subía un
encanto particular, una especie de olvido donde guardar los ojos, esa mujer
se me instalaba en el costado izquierdo. Atención
atención yo gritaba atención pero ella invadía como el
amor, como la noche, las últimas señales que hice para el otoño se
acostaron tranquilas bajo el oleaje de sus manos. Dentro
de mí estallaron ruidos secos, caían a pedazos la furia, la tristeza, la
señora llovía dulcemente sobre mis huesos parados en la soledad. Cuando
se fue yo tiritaba como un condenado, con un cuchillo brusco me maté voy
a pasar toda la muerte tendido con su nombre, él moverá mi boca
por la última vez.
Juan Gelman
è nato nel 1930 a Buenos Aires, Argentina, terzo figlio di una coppia di immigranti
ucraini. Dopo aver abbandonato gli studi universitari, si è dedicato completamente
alla poesia, passando da un mestiere all'altro fino ad approdare al giornalismo.
Nel 1975, a causa della sua militanza, dopo il colpo di Stato militare è stato
costretto ad abbandonare l'Argentina, e si è rifugiato inizialmente a Roma, dove
ha lavorato per l'agenzia di stampa Inter Press Service. Nel 1976 i militari argentini
hanno sequestrato e assassinato barbaramente in un campo di prigionia suo figlio
Marcelo Ariel, ventenne, e la giovane moglie; la loro figlia, nata nel campo di
prigionia, verrà rintracciata soltanto nel 1999. Da quel momento Gelman è vissuto
spostandosi tra Roma, Madrid, Managua, Parigi, New York e il Messico, lavorando
come traduttore per l'Unesco. Nel 1988 ha potuto finalmente rientrare in Argentina
dove ha ricevuto il premio Nacional de Poesia, la massima onorificenza da parte
dello Stato, che gli ha assegnato anche una pensione vitalizia. Ma ha deciso di
risiedere definitivamente in Messico, paese della moglie. Tra le sue opere, tradotte
in molte lingue, si ricordano le più recenti: Composiciones (1983-1984) (1986),
Dibaxu (1983-1985) (1994), Anunciaciones (1988), Interrupciones I, Libros de Tierra
Firme/Ultimo Reino1 (1988), Interrupciones II, Carta a mi madre (1989), Salarios
del impio (1984-1992) (1993), Incompletamente (1997), Ni el flaco perdón de Dios/Hijos
de desaparecidos (1997), Valer la pena (2001).
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