LA LETTERATURA ANTIFASCISTA
INTERNAZIONALE
Enrico Galavotti
La
letteratura antifascista, sia prebellica che postbellica, è stata ed è
parte della lotta politica vera e propria contro il nazifascismo. E questo a livello
mondiale, poiché il fascismo non fu un fenomeno esclusivo dell'Italia e
della Germania. Moltissimi rinomati scrittori si opposero al fascismo non
solo attraverso una diretta attività sociale e civile: meetings internazionali,
appelli, petizioni, articoli, ma anche usando strumenti letterari non immediatamente
influenti, come appunto i racconti, i romanzi, i diari, ecc. I romanzieri,
quando sono di talento, hanno il privilegio di poter toccare i sentimenti umani,
di potersi rivolgere al mondo spirituale dei singoli individui, anche parlando
di classi e di masse popolari. Vladimir Pozner, scrittore francese, usando la
tecnica del dialogo con i primi martiri di Auschwitz, scrisse Descent to the
Inferno: un libro che per i mostruosi fatti che racconta, peraltro in tono
molto semplice, lascia alquanto sconcertati. Esso praticamente sta a cavallo fra
la letteratura documentaria e la fiction. L'esperienza ha dimostrato che il
lettore moderno, interessato a capire il fenomeno del fascismo, ha bisogno di
leggere sia libri che contengono solo fatti, sia libri che, pur essendo fondamentalmente
veritieri, sono basati sulla fantasia dell'artista. E' noto che i sociologi
e i pubblicisti borghesi tendono ad attribuire le cause della formazione del fascismo
a un'esplosione di forze irrazionali, siano esse individuali o collettive. Una
versione, questa, che contrasta alquanto con quella che vede nel fascismo un modo
reazionario di difendere gli interessi degli strati sociali più elevati
contro i movimenti rivoluzionari che li minacciano. Durante il primo anno
del suo esilio, T. Mann ripensò attentamente la concezione del fascismo
come ribellione delle masse piccolo-borghesi contro lo "Spirito" che
allora dominava in Occidente. E nel suo diario scrisse: "Il nazionalsocialismo
una concezione del mondo? Che stupidaggine! Esso è solo uno strumento per
tutelare la struttura sociale ed economica minacciata dal socialismo". In
effetti, il magnate capitalista strettamente legato alle massime gerarchie fasciste
e loro finanziatore, in modo occulto o palese, era una figura abbastanza consueta
nella prosa antifascista prima e durante la guerra: si pensi al milionario bavarese
Reindl, uno dei protettori più influenti del futuro führer, nel Success
di Feuchtwanger; o al commendatore Leone Dzara, potente businessman e amico
personale del duce in The Soul Enchanted di Rolland; o al plutocrate praghese
Bondy nel racconto di K. Capek; o al Kommerzienrat Castrizius, personaggio
caratteristico delle novelle di Anna Seghers. In tutte queste opere la fantasia
non era molto lontana dalla realtà. Gli stretti rapporti fra la Germania
e l'Italia fascista con il capitale monopolistico sono stati così ampiamente
riconosciuti nel dopoguerra dalla critica storica, che gli autori dei più
recenti romanzi antifascisti, come R. Hughes in Inghilterra, Elsa Morante in Italia
o W. Styron negli USA, li danno quasi per scontati. Durante il congresso parigino
del 1935 in difesa della cultura, lo scrittore americano W. Frank disse che se
c'erano sicuramente dei motivi politici ed economici all'origine del fascismo,
vi erano anche dei fattori di carattere psicologico e culturale, tipici di un
determinato popolo, con i quali si poteva spiegare la sua formazione e il suo
sviluppo. Già T. Mann, con il suo Doktor Faustus, aveva cercato
di ricreare l'atmosfera spirituale in cui erano cresciute intere generazioni di
intellettuali tedeschi, trovatesi improvvisamente senza difese di fronte all'aggressione
dell'ideologia irrazionalista e anticomunista dei seguaci di Nietzsche. Ma
come si può descrivere il tipo umano del fascista? Negli anni della guerra,
e specialmente subito dopo, scrittori di diversi paesi si accinsero in questa
impresa. Nel 1949 un volume di brevi racconti di J.L. Borges apparve a Buenos
Aires. Il titolo di uno di questi racconti era in tedesco: Deutsches Requiem.
La storia, scritta con una laconicità molto espressiva, è un breve
racconto autobiografico di un personaggio molto importante del Reich, condannato
a morte da una corte di giustizia internazionale. Si tratta di un nazista ideologo,
ammiratore di Nietzsche e di Schopenhauer, direttore di un lager. Egli non si
era pentito di nulla. Tuttavia, carnefici intellettuali come l'antieroe della
novella di Borges furono un'eccezione, persino nell'élite dirigenziale
degli Stati fascisti. A quei livelli erano più comuni individui come lo
Standartenführer delle SS Judejahn (nel romanzo Death in Rome
di W. Koeppen) o come R. Lang, comandante di un campo di concentramento (nel romanzo
Death is my Trade di R. Merle). Avendo accettato i dogmi semplicistici
della teoria razzista, il culto della violenza e l'amoralismo, che giustificano
l'aggressione militare e il genocidio, questi personaggi hanno obbedito volentieri,
senza porsi molte domande, agli ordini più criminali, specie se questi
ordini si accordavano con le loro personali motivazioni: brama del potere, vanità,
cupidigia, avventurismo, cinismo senza principi. I libri di tutti questi autori,
ma potremmo citare anche i nomi di Böll, Moravia e P. Weiss (di quest'ultimo
soprattutto il dramma The Investigation), trovano un'eco nelle esperienze
storiche di Auschwitz, Conventry, Lidice, Oradour-sur-Glane, ma anche nelle tragedie
di Hiroshima e Nagasaki. Infatti la principale caratteristica del fascismo
ovunque esso si formi è il rifiuto della autoconsapevolezza morale, cioè
della responsabilità personale per i delitti che si compiono. Nel racconto
di Merle, Rudolf Lang è indotto dalle stesse parole di Himrnler a credere
che un uomo delle SS deve essere pronto a uccidere anche sua madre, se gli viene
ordinato di farlo. Anche la storia di A. Andersch, The Father of a Murderer,
ci ricorda Himmler, uno dei peggiori criminali del Terzo Reich. La trama è
abbastanza semplice. E' la storia di un preside del ginnasio di Wittelsbach, che
si divertiva sadicamente a tiranneggiare gli studenti, interferendo nelle lezioni
dei professori e decidendo, di punto in bianco, di espellerli dall'istituto. Il
titolo della storia può essere percepito in chiave simbolica, nel senso
cioè che solo con questo tipo di pedagogisti sarebbero potuti nascere i
futuri Hímmler. Ma il titolo ha pure un significato letterale: il nome
del preside è appunto Himmler, il padre del feroce Reichführer delle
SS. Col tempo il preside assumerà il titolo di Oberstudiendirektor
nella gerarchia dei pedagogisti tedeschi, pur non essendo un hitleriano: egli
infatti era membro del partito popolare bavarese. La storia in sostanza ci aiuta
a scoprire il background psicologico che ha preceduto la nascita del fascismo.
La figura chiave dell'ultimo romanzo di Andersch, Winterspelt, è
il caporale Reidel, un comune boia nazista descritto in maniera assai realistica.
Nel 1944 egli sapeva, come del resto i suoi superiori, che la guerra era persa,
eppure voleva continuare lo stesso a fare il suo lavoro. La coscienza morale gli
era completamente sparita: l'unica cosa che gli interessava era di poter realizzare
dei profitti dai suoi delitti di massa. Questo personaggio non può certo
essere considerato un'eccezione nel novero dei criminali nazisti degli ultimi
anni della guerra. Al 7° congresso del Comintern, G. Dimitrov, in un suo
intervento, aveva evidenziato l'esistenza di un curioso paradosso: il fascismo,
il peggior nemico delle masse popolari, godeva dell'appoggio di milioni di persone
(ceti medi urbani, una buona fetta di contadini, alcuni settori della classe operaia
e persino fra i disoccupati). Egli sosteneva che era sbagliato esagerare l'importanza
dell'impatto psicologico dell'"idea nazionale", poiché i nazisti,
per reclutare i loro seguaci, usavano mezzi anche più prosaici, come il
terrore, l'intimidazione, la demagogia sciovinista e anticapitalista, la corruzione
a tutti i livelli. Tuttavia non si può condividere la tesi dei sociologi
borghesi secondo cui più del 90% dei tedeschi o degli italiani appoggiavano
con convinzione la dittatura fascista. E' vero, molti obbedivano, non resistevano,
non protestavano, ma la sottomissione non era di un solo tipo: essa andava dalla
dedizione servile all'atteggiamento opportunista dell'indifferente, fino al disgusto
interiore del democratico. Sia prima che dopo il 1945, la letteratura antifascista
descrisse i vari atteggiamenti della gran massa di tedeschi e italiani che appoggiavano
esplicitamente il führer e il duce: la fede cieca e fanatica, ipocrita ed
egoista, la sottomissione passiva e alienata, umile e disperata, infine la protesta
interiore, la resistenza della coscienza (indispensabile, in questo senso, è
la lettura dei romanzi di Anna Seghers). La doppiezza divenne un fenomeno
di massa. Era anche un modo di sopravvivere nel clima generale di crudeltà,
delazione, pogrom. Dance of Death di B. Kellerman e Il conformista
di Moravia descrivono appunto degli intellettuali anti-eroi che pur avendo coscienza
dei mali del fascismo, si lasciano trascinare senza opporre una valida resistenza.
Gli autori li considerano colpevoli senza attenuanti. Un conflitto psicologico
di più ampio respiro viene descritto ne La storia di Elsa Morante.
La sua protagonista principale, l'insegnante Ida Mancuso, donna riservata e non
molto intelligente, lavora in stretto contatto con i suoi superiori, senza rendersi
minimamente conto - proprio come molti altri insegnanti, giornalisti, impiegati
statali di allora - di contribuire, inculcando la retorica nazionalista nelle
teste dei suoi ragazzi, a perpetuare la politica criminale del fascismo. E' una
donna che, come si suol dire, "non vuole grane", né per sé
né per i suoi allievi. K. Bachmann, esponente di rilievo del movimento
comunista tedesco, osservò molto giustamente nel suo libro Truth about
Hitler che, nonostante i documentari nazisti mostrassero il contrario, furono
centinaia di migliaia i tedeschi finiti nelle prigioni, nei lager o in esilio.
Naturalmente gli antifascisti attivi, sia in Italia che in Germania, furono
una minoranza, anche se abbastanza combattiva. Lo dimostra anche un libro apparso
in Francia, di G. Perrault, Red Moles against SS, che parla appunto della
resistenza francese contro i tedeschi. Vi si trovano nomi di tutto rilievo, come
quello del poeta R. Leonhard, del drammaturgo H. Hauser, del giornalista G. Leo.
Ma più importante è l'opera monumentale di P. Weiss, The
Aesthetics of the Resistance, in cui gli eventi reali sono intercalati da
discussioni storico-filosofiche, da meditazioni profonde e originali, che situano
il lettore in una prospettiva piuttosto ampia, quella della resistenza antifascista
europea: le azioni infatti si svolgono in Germania, Spagna, Francia e Svezia.
Come afferma l'autore, la cultura artistica mondiale nelle sue più
alte manifestazioni - dai drammi di Brecht al Guernica di Picasso - è
assolutamente indispensabile alla lunga lotta del genere umano per la propria
emancipazione. Che ne siano coscienti o no, gli scrittori e gli artisti in genere
sono ispirati dal movimento di liberazione delle masse popolari e loro stessi,
d'altro canto, ispirano queste masse a opporsi contro l'ingiustizia e l'oppressione.
I migliori libri antifascisti degli ultimi tempi si distinguono dai classici
degli anni '30 e '40 del Novecento per una maggiore ansietà e preoccupazione.
Si teme infatti che non siano state tolte tutte le radici del fascismo e che esso
si stia sviluppando in modo camuffato, sotto la bandiera del "liberalismo",
intenzionato questa volta non solo a minacciare l'esistenza di una o più
culture progressiste, ma anche la vita stessa dell'intero genere umano. Il tema
dell'antifascismo s'interseca sempre di più con quello dell'antimilitarismo. Significativo,
in questo senso, è l'ultimo romanzo di H. Böll, Women before a
River Landscape, che quando apparve suscitò accese polemiche in Germania.
I protagonisti del racconto sono gli ambienti governativi di Bonn, cioè
alcuni esponenti dell'Unione Democratico-cristiana (incluse le loro mogli). Con
un'insolita franchezza, Böll pone uno stretto legame di continuità
fra la CDU e il regime hitleriano. Naturalmente questo non appare sempre in modo
lapalissiano: nomi, ambienti, situazioni sono stati modificati. Böll se la
prende non solo con le autorità civili, ma, in quanto cattolico praticante,
anche con quelle religioni che contro il riarmo missilistico non hanno alzato
un dito. Questo pericoloso nemico della società borghese non nasconde le
sue simpatie per le idee socialiste.
(Tratto dal sito www.homolaicus.com)
Successivo
Copertina
|