AL DI LĀ DEL CAOS Elvira
Mujcic
Siamo
vestite uguali: pantaloncini verdi e maglietta gialla. Ci vestono sempre uguali
e tutti ci scambiano per sorelle gemelle. Entrambe abbiamo i capelli corti e biondi.
Lei è un po' più scura di me ed ha gli occhi azzurro grigi. Io son
quasi bianca di capelli e ho gli occhi scuri, scuri. Abbiamo appena finito di
tirarci i capelli e di graffiarci la faccia, le abbiamo prese dalla nonna e abbiamo
fatto pace. La punizione è quella di restare chiuse nel giardino, mentre
tutti gli altri bambini sono in strada a giocare. Andiamo nella cascina che
c'è in mezzo all'orto del nonno e prendiamo due bastoni alti e fini, quelli
che il nonno usa per far stare in piedi delle verdure. Prendiamo i due bastoni
che fungono da ragazzi immaginari e li portiamo nel giardino, li appoggiamo al
cancello, così che ci possano guardare intanto che giochiamo. Prendiamo
l'elastico ed essendo solo in due, un'estremità la leghiamo ad una sedia,
mentre a turno l'altra estremità la tiene una di noi per far giocare l'altra.
È il gioco che preferisco in assoluto. Salto dentro e fuori, faccio la
stella e mi pare di volare. Anche Venesa ama giocare con l'elastico, ma credo
preferisca le racchette. A me le racchette non divertono se stiamo in giardino,
mi piace di più giocarci in strada, perché la strada è larga
e si può correre da una parte all'altra ed anche lì è un
po' come volare. Io e mia cugina Venesa amiamo volare ed è per questo che
abbiamo costretto il nonno a costruirci due altalene, una accanto all'altra, così
noi ci sediamo sulle altalene e voliamo in alto tenendoci per mano. Mi piace
essere in punizione con Venesa, così non c'è nessun altro a portarmela
via. Ho sempre paura che lei si trovi amiche migliori di me, ho sempre paura che
mi lasci sola e che non giochi con me. Vorrei essere come lei perché
è più brava a scuola, è più tranquilla di me e non
fa mai i capricci. Lei è davvero buona, mentre io combino tante di quelle
cattiverie. È anche più simpatica e riesce a giocare con gli altri
bambini. Io con gli altri bambini mi annoio. Vorrei stare sempre con lei. Ogni
tanto, quando la mamma mi porta a casa della nonna e io vado a casa dello zio
a cercare Venesa, e lei non c'è perché è fuori con altre
bambine, mi viene da piangere e quando torna non le rivolgo la parola, faccio
l'offesa e non voglio giocare con lei. Ma quando siamo in punizione sto tranquilla
perché è tutta per me. E così giochiamo fino alle quattro,
quando i nostri genitori tornano dal lavoro. Per primo arriva il nonno. Lo aspettiamo
in agguato, e appena entra nel giardino gli saltiamo addosso e frughiamo nelle
tasche per vedere cosa ci ha portato dal negozio. La cosa che preferisco trovare
nelle sue tasche sono le bananice, che sono dei cioccolatini con dentro una crema
al gusto di banana e fuori il cioccolato. Poi arriva lo zio, papà di Venesa.
Ci saluta con una pacca sulla testa. Mi chiama gialla. Odio che mi chiami gialla,
perché la parola mi sa tanto di rana1. Prima che arrivi mia mamma vado
in casa della nonna, mi butto sul divano con la faccia coperta da cuscini. La
mamma arriva e la nonna inizia a lamentarsi di tutto quello che le abbiamo combinato
durante il giorno. Io ascolto, la mamma si arrabbia, io faccio finta di dormire.
Tanto la conosco bene, dopo un po' le passa, si dimentica. Mi sveglia per portarmi
a casa ed io faccio finta di essere ancora addormentatissima e così ora
che arriviamo a casa, la mamma si è già dimenticata che dovrebbe
sgridarmi. E io me la cavo sempre in qualche modo. Forse la mamma non si dimentica
ma semplicemente capisce che la nonna esagera sempre, che ci fa apparire più
malvagie di quello che siamo! E tutti i giorni è sempre la stessa storia,
ma io sono felice perché con Venesa faccio un sacco di cose, abbiamo tantissimi
giochi ed ogni tanto quando restiamo a dormire dalla nonna, ci lasciano andare
a giocare per strada e noi prendiamo i barattoli vuoti di marmellata e passiamo
la sera a catturare le lucciole e chiuderle dentro. Ed io vorrei vivere sempre
con Venesa, anche da grandi. Vorrei che facessimo sempre tutto insieme. E così
sicuramente sarà.
Nota 1
Gialla in bosniaco si dice uta e rana è aba.
(Tratto dal romanzo inedito Al di là del caos)
Elvira Mujcic
č nata il nel 1980 a Loznica, una citta al confine tra la Serbia e la Bosnia,
ma ha vissuto a Srebrenica fino al 1992, quando a causa della guerra č stata costretta
a fuggire, con la madre e i due fratellini, in un'altra cittā bosniaca, dov'č
rimasta per sei mesi. Č poi riparata in Croazia, in un campo profughi, fino all'agosto
del 1993, quando č arrivata in Italia grazie ad un progetto umanitario. Per cinque
anni ha risieduto in un paese in provincia di Brescia, dove ha frequentato il
liceo linguistico, e in seguito alla maturitā si č laureata in lingue e letterature
straniere presso l'Universitā Cattolica di Milano. Vive a Roma.
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