Kiev-Dubai Roberta
De Buono
Il
pulman che collega la città di Kiev con l'aeroporto cittadino di Boryspol
arriverà fra 20 minuti. Nataliya pensa che da quel momento non penserà
più a nulla. Può stare tranquilla, ha fatto tutto ciò che
doveva fare prima di partire: si è alzata che era ancora buio per preparare
un buon pasto per Boris, suo marito, i loro due figli, Vassili di 15 e Iryna di
10 anni e i due anziani suoceri che vivono con loro. Durante la settimana ha lavato
e stirato il bucato di tutta la famiglia, tutto è pulito e fresco. Prima
di uscire di casa ha messo le medicine di Boris sul tavolo della colazione, accanto
alla sua tazza, le è parso bene fare così, non l'ha fatto per essere
gentile. Sua sorella Sonia passerà a vedere se tutto procede e se i ragazzi
hanno bisogno di qualche cosa. Fa sempre così ogni volta che Nataliya si
assenta come faceva lei dopotutto quando sua sorella partiva, anche se ora accade
meno da quando Sonia è stata operata al seno. Il
pulman diretto all'aereoporto, a quell'ora, è pieno di donne fra i 20 e
i 40 anni e Nataliya pensa che potrebbe scommettere il prezioso pacchettino appoggiato
sulle sue ginocchia che tutte queste donne saliranno sul suo volo charter che
in 10 ore le porterà a Dubai. Sono come lei, bionde, con i capelli freschi
di shampoo sciolti sulle spalle, la carnagione chiara e tutte un poco sovrappeso.
Lei ha 38 anni, vorrebbe essere magra come le modelle dei cartelloni pubblicitari
che lungo la strada le scorrono a tratti davanti agli occhi ma dopotutto ora,
proprio quei suoi chili in più sono stati quasi una benedizione e lei ha
anche ripreso a guardarsi allo specchio come non faceva da molto tempo quasi per
indagare meglio in quel riflesso qualcosa di sé che le sfugge, qualcosa
che assomiglia alla bellezza. Si accorge che sta ancora pensando, forse è
dovuto al pacchettino sulle sue ginocchia, così prezioso che lei ha preferito
tenere con sé anziché metterlo in valigia. Accarezza distrattamente
con la mano bianca il pacchettino che per un mese lei ha nascosto dietro la libreria
di casa. "Metti
queste cose quando vieni la prossima volta," le aveva detto Kareem quando
l'aveva salutata dopo il loro ultimo incontro il mese scorso. Parlavano in inglese
fra di loro, lo parlavano male tutti e due e parlavano poco durante quegli incontri.
Il patto comunque era chiaro, lei non voleva regali, non le servono i profumi
né i golfini di cashmere, le bastano i dollari che lui le da subito. Non
ha mai avuto simpatia per i regali, a casa sua non si usano e per qualche motivo
i regali la mettono a disagio. Kareem
l'aspetterà nella stanza 591 del Crystal Palace Hotel all'interno dell'area
dell'aeroporto di Dubai. E in quella stanza rimarranno tutto il fine settimana
fino alla domenica sera quando lei ripartirà per Kiev. Kareem ordinerà
i pasti al ristorante dell'albergo che loro consumeranno seduti su ampi cuscini
preziosi come a lei sembra sia tutto ciò che ha visto dell'aereoporto di
Dubai. Nataliya non si domanda se Kareem sia gentile o meno con lei, però
la tratta bene, è più sereno di suo marito, prende tempo soprattutto
quando lei arriva ed è già l'una di notte. Le offre un buon tè,
molto forte e speziato e anche se lei ha un po' sonno, dopo si sente sveglia e
pronta per lavorare. Durante
il loro ultimo incontro, lui aveva guardato più a lungo il suo corpo ancora
semi vestito e aveva cercato di decifrare la marca sul cartellino delle sue mutande
che fuoriusciva sopra l'ombellico. Erano normali mutande bianche di cotone che
lei aveva comprato in un grande magazzino di Kiev e aveva rinnovato proprio per
quell' incontro. Lei si era domandata che cosa lui avesse intravisto in quell'etichetta
ma poi lui l'aveva accarezzata sopra le mutande e le aveva detto "Too big
for you". Nataliya lo aveva guardato negli occhi e aveva risposto "Ok"
e poi aveva iniziato il lavoro per il quale era venuta fino lì. Kareem
non si era più curato delle sue mutande che erano state dimenticate sotto
vari cuscini damascati e anche lei non ci aveva più pensato fino all'ora
di prepararsi per la partenza raccogliendo i suoi indumenti sparsi per la stanza. Ma
quando lei stava per uscire, lui le aveva consegnato il pacchettino che lei aveva
aperto davanti a lui. C'era un paio di calze di seta autoreggenti e un paio di
minuscole mutandine di pizzo nero. Lui l'aveva baciata sulla guancia e le aveva
detto di mettersi quelle cose la prossima volta, non era un regalo, era per fare
piacere a lui. Dopo
alcuni giorni a casa, un pomeriggio quando non c'era nessuno, Nataliya si era
infilata in bagno e aveva provato le calze e le mutandine regalate da Kareem.
Per vedersi meglio allo specchio appeso alla porta e sul quale penzolava in parte
il pigiama di lana di suo marito, aveva fatto qualche passo indietro. Il filo
leggerissimo di seta le evidenziava le natiche facendole sembrare ancora più
rotonde. Aveva anche camminato in punta dei piedi : la seta delle calze le sfiorava
la pelle come una carezza. Il
pullman è finalmente arrivato in aeroporto. Prima di recarsi al banco e
ritirare il biglietto prepagato, Nataliya si mette a cercare un bagno, vuole cambiare
i suoi indumenti intimi e indossare le calze e la mutandine di pizzo che le ha
dato Kareem. Le sue mani tremano un poco e lei si meraviglia. Solo qualche minuto
ed è pronta, deve sbrigarsi, ritirare il biglietto e procedere all'imbarco.
Cammina svelta nei grandi corridoi e la stoffa della gonna le aderisce al sedere
più del solito, le cosce si sfioravano ad ogni passo, è come se
fosse nuda in mezzo alla folla. La sensazione nuova un po' le piace, una specie
di eccitazione e questo è un bel guaio.
Roberta De Buono. Sono nata a La Spezia,
il 2 Luglio 1950, ho trascorso la mia adolescenza (11 anni) negli Stati Uniti
(Chicago), ho una laurea breve (USA) in Igiene Mentale (Mental Health), ho frequentato
l'Istituto di Psicosintesi a Firenze, dove attualmente vivo.
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