Sei
poesie
Casimiro de
Brito
OVIDIO, Arte di
Amare, III, 14 Il
letto è un rifugio di piacere e pazzia intima. Un labirinto chiuso
- radura di lingue tristi quando la voce svanisce. Sabbia e ombre dove
sembra esserci una casa illuminata. Il letto è un cubicolo che
appartiene al mondo del silenzio. Chi ha abbandonato il letto e salta
sulla foresta dell'amore lascia per terra l'eccesso, la fragilità,
i crimini commessi - crimini e peccati della passione che non ha esistenza
reale nella città, neppure nelle altre radure della casa - altro
desiderio non ha la carne che non sia la morte.
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The bird of dawning singeth all night long
SHAKESPEARE, Hamlet, 1.1 Cieca
è la libidine che mi porta dentro di te, dove ormai non ci sei. Trovo
soltanto il vuoto, tenebre vuote. Sento uccelli che non cantano più.
E tutto mi fa male quando ritorno al mio corpo triste che, sotto la luce
marcia delle ultime stelle, muore. Meno di un fiore caduto - meno di un'ape che
ha perso un'altra vita. Ritorno alla morte, all'altro nome della madre nella
speranza di trovare qualcosa, degli ossicini d'eternità, una conchiglia
dove entri il mondo che vale così poco. Come chi porta i momenti
vissuti all'ombra di questi alberi in un'isola che ormai non esiste. Ma
il caos, amor mio, il disamore, come potrò lodarlo?
__________________________________________ Calzo
scarpe stanche e vado qua e là a sentire i rumori della casa. So che
niente è vero - o per lo meno che niente è felice: il legno
che calpesto soffre, la bambina nel suo sonno viaggia per sentieri inesistenti.
So, dopo aver amato, male amato il più gran tesoro, dopo aver visto
sparso il vino che trabocca dalle bocche del corpo, calici vivi - indizi, vado,
senza lacrime, alla ricerca di indizi di spiagge, fuoco arso e di uccelli quando
c'era aria - Andare per la casa nuda a scrivere per aria è come se
calzassi le scarpe di un morto. _______________________________________
Io
non so cosa faccio qui so che faccio qualcosa piccole cose senza importanza a
volte mi annoio ma non è grave resto solo un pochino più triste dopo
alzo la testa le spalle cedono trasporto una lupa ma non so fino a quando una
lupa che va perdendo il pelo nella casa della poesia, nel sotterraneo accumulato da
un saggio che non sa nulla né curare se stesso né curare gli
uomini - apparentemente tutto è andato morendo in questo regno di
piccoli matrimoni di convenienza: rimasero l'insania senza voce e figure
di muschio che non sanno la distanza tra l'essere e le nuvole le nuvole
che avvolgono i percorsi del corpo le orme di un virus che non cessa di cantare
la polvere, così facile da soffiare. Piove. La pioggia mi chiede
di tacere.
______________________________________________ Un
uomo va nel suo corpo e subito cade. Sento che si sgretola la selce
del cuore. E sento anche la terra e l'aria che accolgono le ossa del
figliol prodigo. In sé, l'evento non è per niente originale però
fa male. Il vento dell'autunno mi morde le ossa e mi fa male.
______________________________________________ Non
tutte le notti la notte cade. Il lenzuolo di foglie in cui vanno a rifugiarsi
le rane del cuore vacilla. Non tutte le notti l'ombra scende col suo mantello di
lino. Chino la testa sulle spoglie d'autunno - fluttuare di antichi legni
restati senza più navigare. Non tutte le notti il corpo ritorna:
il pane è, sì, guadagnato ma il corpo non è ritornato, c'è
uno sguardo ferito che non sa più brillare. Non tutte le notti la notte mi
dà un verso, un'immagine - darei io in cambio le cose che mi sono
restate, quel pò di polvere scintillante che ho - in cambio della
parola che non è stata ancora lavorata
(Traduzione di Manuel Simões)
Casimiro de Brito è nato a Loulé (Portogallo)
nel 1938. Per alcuni anni è stato dirigente bancario a Lisbona, dove vive. Condirettore
dei "Cadernos do Meio-Dia" (1958-1960), ha partecipato attivamente al movimento
Poesia 61. E' stato presidente della "Association Européenne pour la Promotion
de la Poésie" e attualmente è presidente del PEN Club portoghese. Poeta, romanziere
e saggista, in Italia ha vinto il Premio Internazionale Viareggio (1985) ed è
stato tradotto e antologizzato nella raccolta poetica Libro delle Cadute
(Casta Diva, Roma 2004), da cui sono tratte le poesie pubblicate.
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