MI INTERESSA IL CASO ALTHUSSER...
Heiner Müller
Protocollo di un dibattito (1981)
In quanto teorici Althusser e Poulantzas non mi interessano. Non ho bisogno di teorie dello stato. So quanto sia errato, perché questa teoria proviene da un'esperienza per la quale forse è adeguata. Ma a me non riguarda, non ne ho alcun bisogno. Certo, è un problema mio che le maglie del mio reticolo siano cosí larghe, cosí grezze da non riuscire a trattenere fin troppe cose, che per esempio i problemi della maggior parte della popolazione della DDR e della Repubblica Federale non mi interessino affatto. Si tratta di un autentico problema della mia scrittura. Ma non ci posso fare niente, è cosí. Forse si tratta proprio dell'oggetto delle opere di Althusser: capire come ciò possa accadere.
A me interessa il caso Althusser come materiale, non in quanto fenomeno. Althusser mi interessa come mi interessa Pasolini, il caso Pasolini, o anche, a prima vista potrà suonare strano, il caso Gründgens - il fallimento dell'intellettuale in certi passaggi storici, il fallimento forse necessario dell'intellettuale... un fallimento vicario. Per me in tutti questi casi si tratta sempre di Amleto, il personaggio che da tempo mi interessa maggiormente. Se si prova a inquadrare il caso criminale o la tragedia privata in un contesto storico, allora viene fuori la materia drammatica. Mi sono accorto che scrivendo l'"Hamlet" ho già trattato tutto ciò che al riguardo mi sembra interessante in quanto materiale. Perciò dal punto di vista strettamente artigianale non potrei più scrivere un dramma su Althusser, ho già detto tutto nell'"Hamlet".
Ma nonostante ciò il caso Althusser continua a interessarmi. Mi rendo conto che la materia non è esaurita. Un esempio. Alcuni amici, compagni italiani, volevano realizzare una specie di documentario sul seguente tema: come si può applicare, ovvero perché non si può applicare il modello della Comune parigina alle lotte di classe in Italia - la questione della conquista del potere da parte della classe lavoratrice. Tutto pensato in modo molto astratto e tradizionale. Ci fu un lungo vai e vieni, molte discussioni, cosa e come si poteva fare. Io partecipavo al dibattito tornando sempre all'unico punto che mi interessava. Pensato come una scena teatrale: c'è Marat in una sala-giochi che cerca di disturbare i giovani che giocano a flipper. A un certo punto viene accoltellato dalla Corday, che vorrebbe giocare a flipper in pace. Quel che Marat dice non suona affatto antiquato. Solo che Marat non lo vuole ascoltare nessuno. Perché? Perché non esiste risposta alle attese esistenziali della generazione che gioca a flipper. Non si può prometterle un divertimento maggiore o piú diversificato del flipper. Oggi qui nessun individuo pensante riesce a credere che nell'arco della sua esistenza possa avvenire una rivoluzione. Per cui prenderne le parti avrebbe un valore esclusivamente morale...
I figli e i figli dei figli? Non hanno piú alcuna importanza. Questo potrebbe essere il motivo dell'omicidio di Althusser e del suicidio di Poulantzas. Chi non si sente isolato non si toglie la vita. Finché si ha la sensazione di poter dire qualcosa, di comunicare qualcosa, nessuno pensa al suicidio. Durante i miei brevi soggiorni in Francia ho sempre avuto l'impressione che esista un certo ambiente accademico relativamente indipendente, in cui la teoria ha valore per sé. È durato a lungo ma ora anche questo volge alla fine. Forse il Sessantotto è stato il tentativo di un nuovo inizio, ma in fin dei conti si è rivelato un capolinea.
In Italia i bambini guardano sette ore al giorno cartoni animati giapponesi in confronto ai quali quelli americani sono di faustiana profondità e di grande contenuto umano, almeno vi è un resto di umorismo, mentre quelli giapponesi sono tanto stupidi quanto brutali. Li guardino solo per un paio di mesi o addirittura per anni, questi bambini non potranno fare per il resto della loro vita niente di diverso da quello che il mercato detta loro. Non ci si può piú fare niente.
Perdita della storia -- In questo momento ho la sensazione che anche in me abbia luogo un movimento di fuga. Non so quanto e fino a che punto durerà. Attualmente mi interessano in modo particolare i miei sogni, a volte cerco almeno di annotarli. La fatica maggiore mi sembra che consista nel tentativo, destinato a fallire in partenza, di raggiungere i propri sogni tramite la scrittura. Non li si può mai trascrivere nello stesso modo coerente e a un tempo complesso in cui si sono sognati. Da un altro punto di vista si tratta evidentemente di un cattivo sintomo. Ma continuerò a provare ancora per un pezzo.
Per me esiste un problema informulabile. Se cerco di riflettere sul perché i testi di Althusser mi interessino sempre meno rispetto a quelli di Foucault o Baudrillard, torno sempre al punto che le sue tesi non hanno per me valore in quanto materiale, perché cercano di risolvere questioni o problemi che ho l'impressione di non pormi piú oramai da tempo, di non considerarli piú rilevanti. Ho inoltre la sensazione, che non posso dimostrare perché non ho letto abbastanza o con continuità, che Althusser si sia spossato in una lotta contro i mulini a vento. O al contrario si può affermare con certezza che Foucault, e ancor di piú Baudrillard e Lyotard, hanno piuttosto tentato di trasformarsi in mulini a vento per scongiurare una simile situazione. Se cala il vento i mulini si acquietano.
In quanto alla tesi di Foucult sulla fine dell'intellettuale borghese1. Ho trovato il testo molto illuminante. Si tratta di un punto importante anche in relazione al caso Althusser: siccome l'intellettuale non può piú essere il rappresentante di niente, può continuare ad esistere solo in quanto sintomo, ovvero mettersi a disposizione in quanto sintomo - come un documento. Quel che è accaduto ad Althusser e Poulantzas ha valore documentario. Essi hanno riconosciuto, certo senza esserne consapevoli, di non essere piú rappresentanti, bensí sintomi. E materiali. In questo senso la cinica frase sul muro di fronte all'École Normale di Parigi - "Althusser ha sempre voluto essere un manovale" - non è solo cinica.
Credo certamente che le rivolte giovanili siano un momento di speranza. Negli stati industrializzati sorgono sempre piú enclavi del terzo mondo. Che Berlino sia la terza città turca è un fatto che considero assolutamente importante. Perciò i riferimenti al terzo mondo non sono affatto romantici2. Il terzo mondo non esiste solo in Africa o in Sudamerica, bensí si espande a Zurigo, Berlino, Amburgo, cosí come aveva cominciato un tempo a New York o in Italia (i paralleli tra gli Usa e l'Italia diventano sempre piú marcati).
Da anni non avverto piú alcun impulso analitico. Mi risulta difficile maturare a questo proposito il benché minimo interesse. In certo qual modo l'arte è una prassi cieca. Una possibilità che vedo è quella di utilizzare il teatro per gruppi estremamente ristretti (per le masse non esiste piú ormai da tempo), allo scopo di produrre spazi di fantasia, spazi liberi per la fantasia - contro quest'imperialismo dell'occupazione della fantasia e del soffocamento della fantasia tramite cliché e standard prefabbricati dai media. Penso che questo sia un compito eminentemente politico, anche nel caso in cui i contenuti non abbiano niente di politico.
In Althusser e Poulantzas si arriva ad un punto in cui i loro concetti non attecchiscono piú. Non hanno altra lingua che quella concettuale, non hanno altri strumenti. Arriva inevitabilmente il momento in cui si rendono conto che i loro strumenti non afferrano piú niente, piú realtà alcuna.
Per cominciare sarebbe indifferente come e di cosa siano fatti questi spazi liberi per la fantasia, se i contenuti siano positivi o meno, tutto ciò è assolutamente secondario. Suona forse equivoco o volontarista, ma credo che al momento sia importante solo il fatto stesso che nasca qualcosa di nuovo in questi stati dell'ordine. Anche se occasionalmente si venga assaliti dalla paura della coloratura che tali spazi potrebbero assumere. Certo è presente un fascismo chic, ovvero un'attrattiva del fascismo, nella RFT o in Francia. Ma anche questo tenderei a considerarlo una conferma del fatto che esistano bisogni che non possano piú essere soddisfatti, né dalla teoria di sinistra, né - e qui risiede l'aspetto positivo - dal modello americano. Che tra gli interstizi esistono riserve non utilizzate, che non vengono consumate, isole del disordine. È importante che vengano tenute in vita, foraggiate e ingrandite. Il problema è che non appena i giovani sono in grado di dire cosa vogliono, nel momento successivo sono già paralizzati. Credo che in tutte queste società industrializzate non sia possibile altrimenti. Finché una forza è cieca resta una forza. Non appena essa formula un programma, una prospettiva, può essere integrata e fa ingresso nel sistema.
La funzione della politica culturale è quella di impedire eventi, ma essere in vita presuppone che succeda qualcosa, che accadano degli eventi. E se non accade piú nulla è la fine, il punto in cui i sistemi diventano nemici della vita, in cui anche il pensiero, quello concettuale, diventa nemico della vita. In questo senso torno alla cinica frase sul "manovale": il primo evento nella vita di Althusser è stato l'omicidio di sua moglie. Anche se ciò non depone a favore della sua opera di pensatore, di teorico.
(Traduzione di Antonello Piana)
1 vedi: M. Foucault, Der sogenannte Linksintellektuelle (Il cosiddetto intellettuale di sinistra), in Alternative 119, Berlino 1979
2 Al tempo in cui si tenne questa discussione, H. Müller aveva appena scritto Der Auftrag (La missione).
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