LAVORATORI DEL BRASILE

Wander Piroli


Come un’isola tra le persone che si accalcavano sotto la pensilina del tram, l’uomo rimaneva concentrato sul suo disegno. Era specializzato nel dipingere ritratti e faceva caricature in cinque minuti. In quel momento stava ritoccando una foto di Getúlio Vargas, nella quale il presidente morto mostrava uno dei suoi migliori sorrisi.

L’uomo era seduto su un rustico sgabello, con le gambe accavallate e la testa bassa. Alla sua destra c’era un tavolino pieghevole, cosparso di matite di vari tipi e colori, fogli di carta bianchi, gomme, forbici e della stoppa. C’era anche un’insegna sul piccolo tavolo che si appoggiava al pilastro, e sulla quale erano esposti i suoi lavori: fotografie a colori e caricature di grandi personalità. Nemmeno l’arrivo del tram fece alzare la testa all’uomo. Lavorava alternando tranquillamente le matite, come se non avesse alcuna fretta, o meglio non desiderasse finire il disegno. Getúlio nella foto continuava a sorridere verso l’uomo con uno dei suoi migliori sorrisi.
Una donna bruciata dal sole, con sandali e un ampio vestito, si avvicinò e gli si parò di fronte. L’uomo alzò la testa:
– Sei tu, Maria.
Lei mosse il viso con difficoltà e fece il possibile per sorridere, fissando attentamente e profondamente il volto dell’uomo.
– È successo qualcosa?
– No – mormorò la donna.
L’uomo posò la fotografia e la matita sul tavolo e attese che la donna parlasse. Si guardavano come due persone che vivevano insieme da tanto tempo.
– Sicuro che non è successo niente? – riprese l’uomo.
– Certo che no, Zé. Sono venuta senza una ragione.
– E i bambini?
– C’è mamma con loro.
– Come sei riuscita ad arrivare fin qui?
– Uffa, sono venuta e basta.
– A piedi? Non saresti dovuta venire, Maria. Credo proprio che sia successo qualcosa.
– No, non c’è nulla. Mamma è venuta a casa e così ne ho approfittato per fare un salto fin qui.
– Ah – l’uomo sorrise. E un’ombra di tenerezza, quasi impercettibile, gli spuntò sul viso umido e patito.
– Come è andata oggi, Zé?
– Ne ho fatto uno – rispose alzandosi – Siedi qui, devi essere molto stanca.
La donna si sedette sullo sgabello goffamente.
– Non dovevi venire, Maria – disse l’uomo.
– Lo so, ma ne avevo voglia. Mamma è rimasta con i bambini.
– Ma lei non stava male?
– Tu sai com’è fatta la mamma.
– E Tonhinho?
– È a casa.
– E il foruncolo è guarito?
La donna fece cenno di sì e dopo guardò verso la pensilina, dove c’erano negozi di frutta, bar, friggitorie.
– Aspetta un po’ qui – disse l’uomo e si diresse verso uno dei negozi.
La donna rimase seduta sullo sgabello, osservò per un attimo il venditore di aghi che continuava ad urlare, dopo soffermò lo sguardo sulla foto di Getúlio Vargas che sorrideva verso i lavoratori del Brasile. L’uomo riapparve con un sacchetto unto di grasso.
– Prendi queste pastelle.
– Oh, Zé, perché hai fatto questo?
– Dai, mangiane una.
– Non avresti dovuto comprarle.
– Dai.
La donna prese una pastella dal sacchetto e cominciò a masticarla con molto piacere.
– Mangia l’altra, Zé.
– Ne ho già mangiate altre due oggi. Anche quella è per te.
– Allora la porterò ai bambini.
– Meglio di no, Maria.
L’uomo restò in piedi accanto alla donna, osservandola mentre mangiava la seconda pastella. La donna finì di mangiare, si pulì la bocca con la manica del vestito e fece cenno di alzarsi:
– Siedi qui, Zé. Potrebbe arrivare qualcuno.
– No, ho passato seduto tutta la mattina.
La donna seduta e l’uomo in piedi rimasero silenziosi per un breve ma allo stesso tempo lungo momento, ora guardando le persone ancora sparse sotto la pensilina, ora guardandosi l’un l’altra, oppure fissando il nulla. La donna si alzò:
– Credo sia meglio che vada.
– Vai già via?
– Lo sai, mamma non riesce a sopportare i bambini per molto tempo.
– Ah, va bene. Non saresti dovuta venire.
L’uomo prese una banconota dalla tasca interna del cappotto e l’allungò alla donna:
– Torna in tram.
– No, Zé.
– È molto lontano, piccola.
– No.
– Via, tesoro mio!
La donna prese il denaro con mano indecisa.
– Allora è meglio che vada.
L’uomo assentì, aprì la bocca ma non disse nulla. La donna girò la testa e sbatté gli occhi varie volte.
– Non tornare tardi, mi raccomando, Zé.
– Non torno tardi.
– Tu lo farai.
– So che oggi andrà meglio.
– Sì, Zé, vedrai che andrà meglio. So che è così. Ne sono sicura.
La donna si allontanò rapidamente, senza voltare il viso. L’uomo si alzò sulla punta dei piedi per vederla attraversare la strada. Dopo si sedette sullo sgabello e prese un lapis ed il ritratto.
L’uomo rimase con la testa bassa per molto tempo, immobile nella sua isola, curvato sulla foto che mostrava il presidente morto con quel sorriso dei suoi giorni migliori.


(Traduzione di Patrizia Scorziello.)

 


Wander Piroli è nato a Minas Gerais, in Brasile, e per molti anni ha lavorato come giornalista nel giornale O Estado de Minas, di Belo Horizonte. Negli anni ’60 e ’70 ha avuto grande successo come autore di racconti brevissimi, quelli presenti nelle raccolte A mãe e o filho da mãe, A máquina de fazer amor e Minha bela putana, veri classici di quel periodo, conosciuto nella storia letteraria brasiliana come il Boom literário brasileiro. La sua opera dimostra una profonda tenerezza verso la sensibilità del popolo più umile, e dei lavoratori, creando piccoli “ritratti” dei soprusi e delle ingiustizie che colpiscono i brasiliani più poveri nel loro quotidiano, mentre i sentimenti più puri dell’amore, della solidarietà spontanea, dell’amicizia e della generosità servono da riscatto a queste umiliazioni. Piroli è anche autore di libri per bambini molto popolari, come O menino e o pinto do menino e Os rios morren de sede.


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