I
NUOVI PADRONI DEL MONDO
John
Pilger
“La
guerra non è mai piacevole”, dichiarò il
progressista Independent on Sunday durante la Guerra del Golfo,
nel 1991. “Ci sono alcune azioni che una società civile
non dovrebbe mai prendere in considerazione. Questo bombardamento
a tappeto è senza dubbio terribile. Ma non per questo è sbagliato”.
In un’altra guerra, nelle risaie vicino a Saigon, vidi
tre scale compiere una curva nel cielo, e ogni volta che un
piolo toccava terra c’era un pennacchio di fuoco e un
rumore di tuono che rimbombava nelle profonde vallate, non
tanto esplodendo quanto increspandosi ed eruttando. Erano le
bombe di tre B-52 che volavano in formazione, invisibili sopra
le nuvole. Tra tutti e tre avevano sganciato circa settanta
tonnellate di esplosivo in ciò che veniva chiamata la
griglia a “riquadri lunghi”, termine militare che
sta per bombardamento a tappeto. Si presume che ogni cosa compresa
nel “riquadro” vada completamente distrutta.
Quando raggiunsi un villaggio all’interno del “riquadro”,
al posto della strada c’era un cratere; per centinaia di
metri dal punto di contatto, non era rimasto nemmeno l’ombra
bruciacchiata delle persone, come invece era stato per i morti
di Hiroshima. C’erano brandelli di braccia e gambe e corpi
interi di bambini scagliati in aria dall’esplosione; la
loro pelle era arricciata come pergamena. La mia testa si riempì di
un’ansietà estranea: avevo paura di imbattermi in
qualcuno, disturbare l’agonia. Ma erano tutti morti; in
compenso scivolai sullo stinco di un bufalo d’acqua.
Sono state esperienze del genere che mi hanno portato a interrogarmi
sulla natura del potere imposto da lontano, e non tanto da quelli
che volano sopra le nuvole, quanto dalle impeccabili, distanti
figure che ordinano gli omicidi di massa e giustificano i loro
crimini presentando le vittime come terroristi o tutt’al
più numeri senza nome, faccia e storia, oppure come inevitabili
incidenti di una morale superiore.
Trent’anni dopo, il segretario della Difesa britannico
Geoffrey Hoon disse al parlamento che “l’uso delle
bombe a grappolo [in Afghanistan] è assolutamente appropriato.
Per determinati bersagli sono le armi più efficaci che
abbiamo”.
Ero in piedi nella veranda di un ospedale che dominava Hongai,
città mineraria e di pescatori sulla costa della bellissima
Baia di Ha Long nel Golfo di Tonchino, nel Vietnam del Nord.
Secondo le stime del dottor Luu Van Hoat, il 10% dei bambini
della città erano diventati sordi.
“
C’è stato un bel rullo di tamburi, nelle nostre
teste”, osservò. Per tre giorni, nel giugno del
1972, i cacciabombardieri americani avevano volato contro Hongai,
cinquantadue sortite senza interruzione. È considerato
un record. Hongai venne bombardata, a intermittenza, per altri
sei anni: uno dei bombardamenti più duri e più concentrati
mai eseguiti.
Un altro motivo di distinzione della città è che
fu uno dei primi bersagli sul quale vennero utilizzate quelle
che allora si chiamavano “bombe a frammentazione”,
il prototipo delle bombe a grappolo. Queste nuove armi scagliavano
in giro centinaia di frammenti, molti dei quali affilati come
frecce. Nell’unica scuola, che era stata rasa al suolo,
trovai una lettera tra i calcinacci. Era stata scritta da una
ragazza di nome Nguyen Thi An.
“
I bambini scrivevano molte lettere a se stessi, in quei giorni”,
mi disse un insegnante.
Mi chiamo Nguyen Thi An. Ho quindici anni. Questa lettera ti
arriva da Hongai, dove sono nata ai piedi della montagna
Bai Tho con il mormorio delle onde del mare che si frangono
sulla costa. Avevo appena fatto l’esame di settima
nella scuola Cao Thang. Era una giornata radiosa e mia madre
mi aveva detto di apparecchiare la tavola. Mio padre era
tornato dal lavoro [faceva il minatore]. Subito dopo ho sentito
la sirena e sono corsa nel rifugio più vicino. Ho
sentito i motori degli aeroplani, poi le esplosioni. Quando
ho sentito di nuovo la sirena, sono uscita. Mia madre e mio
padre erano distesi là, mio fratello Nguyen Si Quan
e mia sorella Nguyen Thi Binh erano coperti di sangue. Mia
sorella aveva pezzi di metallo conficcati nella carne, anche
la sua bambola ne aveva. Continuava a gridare: “Dove
sono mamma e papà? Dov’è la mia bambola?”.
Non c’è rimasto più nulla di Ha Long,
la strada dove era la mia casa. Qui finisce la mia lettera.
La via dove viveva la famiglia Nguyen era stata colpita dalle
nuove bombe. Come mi spiegò il dottor Luu, le schegge
erano entrate nel corpo della sorella di Thi An, Thi Binh,
e avevano continuato a muoversi dentro di lei per parecchi
giorni, provocando ferite interne che l’avevano fatta
morire dopo una lunga e dolorosa agonia. Le schegge erano
di un materiale plastico difficilmente identificabile ai
raggi x; lessi in seguito che questa era stata una precisa
intenzione del progettista.
(Brano
tratto da I nuovi padroni del mondo, Fandango editrice, Roma,
2002, traduzione di Alberto Bracci)
John
Pilger è nato a Sidney, Australia ed è stato
inviato di guerra in Vietnam, Cambogia, Egitto, India e Palestina,
scrivendo
per alcuni dei più importanti giornali internazionali (Guardian,
Independent, New Statesman, New York Times, The Nation). In Italia
i suoi articoli sono pubblicati da Il Manifesto e da Internazionale.
Autore di numerosi film-documentari per la Bbc e la Abc, attualmente
vive a Londra. Ha vinto numerosi premi giornalistici internazionali,
in particolare per il suo lavoro sugli aborigeni d’Australia.
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