“Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi del 1975 è uno tra i più riusciti esempi cinematografici di rappresentazione del Potere. In esso l’insieme, l’organicità in cui il potere si manifesta, si contrappone in modo netto e serrato alla sua obnubilazione, in favore di quel anonimato della burocrazia che ben conosce ogni cittadino. Scrivono a tal proposito A. G. Mancino e S. Zambetti nella monografia del Castoro cinema dedicata a Rosi: “Le rivalità, gli sgambetti, le faide, i ricatti, certo, ma sempre all’interno di una logica che tutto coinvoglia alla conservazione degli interessi costituiti. Giudici, militari, mafiosi, sindaci, campioni della speculazione edilizia, finanzieri, uomini politici: possono anche farsi la guerra, nelle rispettive corporazioni e gli uni contro gli altri, ma perché questa è la loro condizione fisiologica di cellule tumorali che vivono divorando e divorandosi, condizione che non porta certo a rompere la solidità del tumore. Dietro la facciata garantista della democrazia borghese, troneggia la realtà dell’arbitrio fatto legge, della prevaricazione come ragion d’essere, dello sfruttamento con le carte in regola: Montesquieu e la sua separazione dei poteri a far da foglia di fico sull’inseparabilità del capitale dal quadro istituzionale che ne assicura l’esistenza, lo nutre e ne è nutrito. Chi fa le leggi e chi si prende l’appalto del “bene pubblico” a cui sono finalizzate, chi ne impone l’esecuzione e chi punisce i trasgressori: tutti uniti. E non c’è neanche da chiedersi dove stia il padrone, lì in mezzo, perché la struttura è quella della società per azioni: può anche essere importante sapere chi detiene il pacchetto di maggioranza, ma non è la notorietà o l’anonimato degli azionisti che conta, al momento di stabilire chi comanda; l’irresponsabilità formale, o lo scarico di responsabilità, dei singoli non cambia il fatto che il potere sia lì, nella società per azioni come tale, entità tutt’altro che arcana e senza volto, anche se sfuggente alle registrazioni anagrafiche” . La sventura di vivere in un paese come l’Italia ci ha abituati a considerare l’esercizio del potere come si trattasse di investitura divina. Il sistema delle clientele, abusato dai governi democristiani è ancora largamente praticato in quasi ogni angolo del “bel paese”. Il “favore” viene emanato dall’alto: in una struttura a cascata giunge al bisognoso destinatario che in precedenza aveva dimostrato adulazione e spirito di sottomissione nei confronti del politico-potente. Quasi sempre si tratta di favori di tipo economico che vanno dall’assunzione di famigliari del destinatario presso uffici pubblici, come enti assistenziali o scuole, oppure, se il destinatario è imprenditore, gli vengono concesse vie preferenziali durante l’assegnazione degli appalti per lavori pubblici. La via maestra in quest’ultimo caso è giungere alla carica istituzionale dalla quale controllare direttamente l’elargizione di tali favori per le proprie imprese: Berlusconi docet. Fu il sociologo Edward C. Banfield nel suo saggio del 1958 Le basi morali di una società arretrata, ad utilizzare per primo la definizione di “familismo amorale”, comportamento molto diffuso all’interno dei gruppi umani di cultura mediterranea. In particolare lo studioso concentrò il suo interesse sulla famiglia italiana meridionale e dimostrò che gli individui di una comunità (egli la battezzò “Montegrano”), con un atteggiamento di assoluto isolamento dal resto dell’umanità, cercassero di massimizzare solamente i vantaggi materiali, economici e immediati del proprio nucleo familiare, nella convinzione che tale comportamento fosse una costante in tutti i gruppi. Sempre riferendoci alla definizione di Banfield è doveroso sottolineare che questo atteggiamento è detto amorale perchè manca appunto di una morale collettiva, che non riguarda solo interessi privati, dimenticando che il bene è un interesse pubblico e non deve riguardare solo la classe egemone o pochi privilegiati del mondo della finanza. Con un capovolgimento di prospettiva vertiginoso, nel familismo amorale i principi di bene e male vengono applicati e fortemente pretesi, solo per il nucleo familiare (pagare meno tasse o non pagarle affatto, più sussidi statali per i figli o coniugi a carico, prezzi modici per i consumi domestici, trasporto pubblico gratuito ecc…), sbarrando in questo modo la strada al miglioramento di vita collettivo e avviando il paese al disastro economico-politico. Conseguenza logica è il già citato malcostume italiano rappresentato dal clientelismo, emerso tremendamente con la storica inchiesta “Mani pulite” partita nel 1992, verso la quale gli italiani espressero sentimenti di ringraziamento e sincera stima nei confronti dei magistrati del pool di Milano. Dopo poco però le cose cominciarono a cambiare. Il motivo? Ce lo spiega uno dei protagonisti dell’inchiesta Francesco Saverio Borrelli ex Procuratore generale della Repubblica presso la Procura di Milano, in un’intervista rilasciata a Micromega per i dieci anni di Mani pulite: “[…] Quando il cittadino medio si è reso conto che non era questione soltanto delle teste di segretari e notabili politici, ma che la magistratura cominciava a ficcare il naso nelle questioni delle concessioni edilizie, delle licenze di commercio, delle verifiche fiscali, del servizio sanitario nazionale, dove l’operatore economico, il cittadino erano complici di fatti di distorsione, di aggiustamento, e quindi di corruzione; e quando si è capito che l’azione dei magistrati voleva entrare più nel particolare della vita quotidiana dell’italiano medio, allora credo che la gente abbia cominciato a dire: ma che cosa vogliono?, ma ci lascino campare, almeno nei nostri affari quotidiani! L’italiano medio è abituato alla piccola raccomandazione, alla strizzata d’occhio, il vigile urbano che va a fare l’ispezione ai mercati e se ne torna a casa con la borsa di plastica piena di omaggi, cose così.”. E dire che l’Italia, paese che ospita il Vaticano, così fervidamente religioso, così attento a non dimenticare nessuna delle feste comandate, dovrebbe, proprio per questi motivi, essere l’esempio della moralità europea; rispecchiandosi nel precetto cristiano: “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”, le tasse per il mantenimento dello stato sociale non dovrebbero suscitare così tanto astio nei riguardi dei governi che legittimamente le richiedono; avversione soprattutto dalle classi sociali che da sempre hanno vissuto privilegi economici e tenori di vita, questi sì, motivo di indignazione e scontento dalle classi meno agiate.
In generale, dal punto di vista sociologico, la nozione di Potere non va confusa con quella di Autorità. Nel primo caso la funzione è legata alla persona che esercita tale azione ed è la probabilità che essa sia in grado di ottenere la realizzazione di un ordine nonostante la resistenza di un dato gruppo. Nel secondo caso ci si trova a contatto col ruolo cui l’autorità si identifica, ed è il potere di disposizione sugli uomini i cui comandi sono interiorizzati dai destinatari sotto forma di dovere. Dunque, l’Autorità, è in grado di imporre una volontà anche se l’altro non oppone resistenza. Questo atteggiamento è legato alla deferenza dei sottoposti nei confronti di chi detiene ufficialmente un potere, sia esso di ordine religioso (investitura divina), sia di tipo intellettuale (superiorità di conoscenza). Se proiettiamo queste ultime considerazioni nel mondo del lavoro in Italia, dove il vizio, il malcostume della raccomandazione è una costante (oltre che essere un reato contemplato dal Codice di procedura penale, accostabile a delitti come Corruzione o Concussione e ascrivibile allo stravolgimento della corretta impostazione delle relazioni tra pubblica amministrazione e utenti dei servizi), ci accorgiamo immediatamente che una delle cause dell’inefficienza della pubblica amministrazione risiede proprio in questi fatti. Il funzionario, l’impiegato, l’insegnante che viene assunto tramite raccomandazione, e che non garantisce il giusto e valido svolgimento delle proprie mansioni, non può più essere rimosso o anche semplicemente destinato ad altro incarico. Il responsabile che dovrebbe agire in tal senso ne è impossibilitato a causa della “conoscenza” che il favorito a volte anche platealmente dichiara. In certi casi, anche a distanza di parecchio tempo dall’assunzione del raccomandato, e quindi anche dopo mutate condizioni politiche (la raccomandazione può giungere da ambienti ministeriali o da amministrazioni locali che con nuove elezioni possono mutare colore o aspetto), la fitta ragnatela di conoscenze e scambi di favori è così impenetrabile e compatta che neanche l’intervento della magistratura può porvi rimedio. Grazie a questa situazione l’Italia rimane uno dei paesi europei più arretrati sul piano dei servizi pubblici e della burocrazia in genere. Infine alcune considerazioni sui leader che hanno impostato la loro fortuna politica ed economica sul carisma e la propria capacità organizzativa in determinati gruppi partitici. Fonte antichissima di potere il Carisma è parola di chiara estrazione religiosa legata alla grazia che lo Spirito Santo concedeva in forma soprannaturale ai fedeli di ogni ordine. Tra i carismi troviamo: il dono della profezia, i miracoli, la glossolalia e particolari doti per la guida della comunità. Non mai utilizzabile per scopi individuali, secondo le dottrine cristiane il carisma è un dono che Dio fa a una persona affinchè sia speso a vantaggio di una popolazione. Essendo il dominio carismatico del tutto straordinario, per questo motivo assai labile, esso richiede che periodicamente queste facoltà vengano ripristinate e rafforzate da qualche prova o dimostrazione che il capo è ancora portatore di carisma. Secondo Weber i gruppi che seguono questi tipi di leader sono (almeno nella fase iniziale) del tutto privi di regole e organizzazione, conseguentemente più manipolabili sul piano emotivo. Il capo carismatico non deve essere considerato sempre in un’accezione negativa: Gandhi fu un leader di questo tipo che coi suoi ideali contribuì senz’altro a smuovere le coscienze ben oltre i confini della propria nazione. E’ tuttavia degno di nota che quasi tutti gli studi condotti a proposito del dominio carismatico convergono sul fatto che il concetto di Carisma si avvicina pericolosamente all’antica associazione con forme di controllo assolutistico o totalitario.
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