La Lavagna Del Sabato 09 Gennaio 2010


PAUL POLANSKY: UNA SPINA NEL FIANCO DI CHI PERSEGUITA I ROM


Pina Piccolo





Personaggio certamente scomodo per governi e istituzioni europee e internazionali che violano i diritti umani dei Rom, Paul Polansky è uno dei pochi Gadjo (non Rom) ad essersi conquistato la fiducia ed il rispetto di quelle popolazioni, sia per i suoi lunghi anni trascorsi a vivere con loro per documentarne la storia e le tradizioni nei paesi dell’Europa dell’Est e dei Balcani sia per il suo attivismo. La difesa dei diritti umani della popolazione Rom lo ha infatti visto fondare NGO come la Kosovo Roma Refugee Foundation, e dirigere il settore Rom di organizzazioni come la Society for Threatened People (la seconda NGO tedesca per importanza). L’intervista a Paul Polansky, autore di ben 25 libri, compresi 15 di poesia, è stata condotta a Lucca, dove Paul era ospite di Julio Monteiro Martins, direttore della rivista letteraria online Sagarana, poco prima che Paul si dirigesse alla volta di Napoli e Salerno, dove, in veste di poeta, il 17 luglio, alle 21 leggerà le proprie poesie nell’ambito del Festival NapoliPoesia.

Si può dire che anche il più che quarantennale soggiorno di Paul Polanski in Europa è nato all’insegna della migrazione: alla fine degli anni sessanta, Paul, giovane studente dello stato dell’Iowa e discendente di una famiglia di immigrati cechi, si rifugia in Spagna per “motivi di studio” e per evitare il servizio militare in Vietnam. La genesi dell’interesse per i Rom è assolutamente fortuita: nel 1993, durante ricerche genealogiche sulle origini della migrazione ceca verso gli Stati Uniti, Paul scopre che in Boemia, a Lety, il villaggio in cui aveva rintracciato i natali del primo emigrato ceco-ebreo verso gli Stati Uniti dopo la rivoluzione del 1848, era esistito un campo di concentramento per Rom. Costruito nel 1939, non dai tedeschi ma dal Principe ceco Karel Schwarzenberg prima ancora dello scoppio della seconda guerra mondiale, aveva lo scopo di far ripristinare, attraverso i lavori forzati, migliaia di ettari di suoi terreni che erano stati danneggiati da un incendio. Alla chiusura del campo nel 1943, i superstiti erano stati trasferiti ai campi di concentramento nazisti. Nonostante la presenza di ricchi archivi concernenti il campo (40,000 documenti), le ricerche di Paul per identificare sopravvissuti vengono ostacolate ed insabbiate dal governo di Vaclav Havel. Non volendo rinunciare a scoprire la verità, Paul diventa una spina nel fianco delle autorità ceche che, per liberarsi di lui nel 1999 gli procurano un invito dell’ONU in Kosovo, come esperto di Rom perché si occupi di alcuni campi Rom dove sono insorti dei problemi.

Questo ironicamente apre la strada per un secondo progetto scomodo di Polanski, cioè la denuncia delle condizioni del campo di rifugiati Rom in Kosovo, specificamente nella zona di Mitrovica in 2 campi in cui si sono registrati i più alti livelli di avvelenamento da piombo mai documentati nella storia della medicina ma che, secondo le accuse di Paul, non hanno portato a nessuna evacuazione proprio a causa delle discriminazione contro i Rom praticate da tutti i paesi del mondo, compresi i responsabili delle Nazioni Unite. Paul infatti accusa anche organismi insospettabili come le Nazioni Unite di essere invece responsabili, attraverso l’omissione di intervento, per la morte di 82 Rom per avvelenamento da piombo trasmesso per via area nei campi costruiti dall’ONU su terreni tossici in Kosovo. Questa è la battaglia principale che Paul sta seguendo in questo periodo, per costringere le autorità dell’ONU e del Kosovo a evacuare subito i campi e ad amministrare le cure necessarie alla popolazione rom gravementre colpita da avvelenamento da piombo. Le cure sono particularmente urgenti per i bambini, la maggioranza dei quali sono già affetti da danni cerebrali irreversibili. In una forte lettera aperta al dott. Bernard Kouchner, attuale ministro degli esteri francese e l’allora responsabile dell’ONU che rifiutò di far trasferire i Rom e prestargli le cure necessarie fuori dal Kosovo, Paul Polansky continua a lanciare il suo appello perché i Rom vengano evacuati e ricevano le cure necessarie.

A livello di studio, il contributo forse più importante e originale di Paul Polanski è il progetto appena terminato “One Blood, One Flame”, un lavoro durato tre anni e che ha prodotto tre grossi volumi di storia orale (1,549 pagine) di Rom dei Balcani e dell’europa dell’Est, unica nel suo genere perché fino adesso quasi nessun studio sui Rom ha preso in considerazione le loro testimonianze dirette. Secondo Polansky ciò è dovuto sia alla opinione diffusa che “gli zingari’ non abbiano e non conoscano la propria storia, sia alla riluttanza da parte dei Rom a rivelare i propri segreti ai Gadjo. Grazie alla sua attività sul versante umanitario e al metodo di intervistare gli anziani Rom assieme a un gruppo di assistenti Rom, Polansky è riuscito ad aggirare l’ostacolo.


Paul Polansky

La metodologia prevede il racconto della vita dell’anziano prima, durante e dopo la 2° guerra mondiale. Da queste interviste emergono informazioni che contraddicono pregiudizi secolari e radicati nei confronti dei Rom, tra le quali:

  1. Il nomadismo. Dalle interviste emerge invece la qualità stanziale dei Rom, cioè che la stragrande maggioranza abitava stabilmente in una casa durante l’anno e soltanto in estate si spostava per vendere nei mercati i propri prodotti (cesti, cucchiai in legno, ferri di cavallo, briglie, oggetti in rame) o per partecipare all vendemmia o alla raccolta della frutta.

  2. Un’origine unica per tutti i Rom. In base agli studi linguistici e delle usanze comuni, secondo Polansky le origini dei Rom risalirebbero invece a due filoni diversi che emigrarono da diverse regioni dell’India attorno all’11esimo secolo: la vallata dell’Hunza nella zona nord del Pakistan (al confine con la Cina) e Multan la capitale del Punjab (identificata come il Piccolo Egitto perché era stata sotto il dominio islamico per 3 secoli). I due filoni sarebbero contraddistinti da 1) insediamenti Rom in postazioni da cui si possono vedere le cime di monti ricoperte di neve (simili quindi alla valle dell’Hunza) e, al contrario, gruppi contraddistinti dal giuramento sul sole (il tempio del sole era stato molto importante a Multan prima di essere distrutto dagli islamici nell’11 secolo).

  3. I Rom sono tutti uguali. Esiste una grandissima diversità tra i vari raggruppamenti Rom derivante dal fatto che appartenevano a diverse caste professionali in India prima della migrazione verso occidente. La forte conservazione del senso di casta costituisce anche un grande elemento di debolezza nel senso che ostacola forme di associazione tra i diversi gruppi specialmente nella resistenza contro le persecuzioni.

  4. Le dimensioni della persecuzione nazista. A differenza delle ipotesi secondo le quali i ROM erano stati bersagliati in eguale misura agli ebrei, secondo i dati derivati dalle storie orali sembrerebbe che soltanto all’incirca 10% della popolazione Rom sia stata chiusa nei campi durante il periodo nazista. Un elemento sottovalutato è stato che i Rom erano spesso testimoni della cattura e dell’internamento degli ebrei da parte dei nazisti in quanto erano spesso dipendenti delle famiglie ebree ed erano presenti nel momento in cui questi venivano presi. Infatti dalle testimonianze orali risulta il senso di impotenza delle domestiche rom che si vedevano strappare i loro datori di lavoro senza poter fare niente. Altri elementi interessanti di quel periodo potrebbero essere rappresentate dal fatto che i documenti dei Rom internati nel campi della Boemia venivano utilizzati dalla Resistenza ceca per fornire documenti falsi ai partigiani.

  5. Dalle storie orali emerge che per i Rom il periodo più difficile non è stato il passato, prima della della seconda guerra mondiale o nel corso di essa, ma il presente. La maggior parte dei Rom viveva nei paesi dell’Europa dell’est e nei Balcani e durante il periodo socialista o di dominio sovietico, la stragrande maggioranza lavorava in fabbrica, aveva diritto ad un’abitazione seppur modesta, a cure mediche e i figli frequentavano le scuole. E’ stato infatti in questo periodo che una o due generazioni di Rom si sono scolarizzate, alcuni di essi sono diventati insegnanti, professori, medici mentre adesso si è ritornati all’analfabetismo. Con la caduta del socialismo, le fabbriche sono state vendute a imprenditori privati e la manodopera drasticamente ridotta, per cui i Rom sono stati i primi ad essere licenziati, non per scarso rendimento ma per il colore della pelle. I comuni hanno cominciato a far pagare l’affitto delle case in cui alloggiavano, costringendoli a vendere i pochi averi e sbattendoli fuori quando non potevano più pagare. Uno degli elementi comuni alle interviste è il grande pessimismo con cui vedono la situazione attuale e il futuro e la valorizzazione invece del periodo socialista.

  6. Per quanto riguarda il periodo attuale contaddistinto da xenofobia e correnti di destra in tutta Europa, nonostante i numerosi esempi di razzismo registrati nell’ultimo anno sembrerebbe che i Rom ritengano ancora l’Italia il contesto più favorevole per loro in Europa in quanto la popolazione è credente, e dunque più caritatevole e disposta a fare elemosina.






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