Piccoli si è oggi in tante maniere: mancando di soldi o carte di credito, di diplomi ed impieghi, di pane e di casa, di influenza e di fama, di armi e di laboratori… E quasi tutti corrono per diventare grandi, per avere successo, per essere rispettati e temuti, per conquistare il controllo dei pacchetti azionari, della fertilità, dell’audience, dello spazio, delle borse, delle menti. Per essere competitivi bisogna essere grandi, per essere grandi bisogna essere competitivi. Sono queste le regole della corsa.
C’è un modo particolarmente penoso di restare piccoli e di non poter crescere: chi usa la propria voce, la propria scrittura, la comunicazione da persona a persona, la discussione nella comunità come modo di far sapere e per confrontarsi, oggi sa di non poter uscire dalla piccola dimensione, dalla marginalità. I grandi, infatti, appaiono tali perché i loro megafoni e le loro televisioni ne strombazzano l’onnipotenza e ne magnificano l’immagine. Non è un caso che tutti coloro che puntano ai colpi di mano per diventare grandi, mirino in primo luogo ad impossessarsi della grande comunicazione: televisione, radio, stampa, cinema, altoparlanti, pubblicità… Chi dispone della grande comunicazione, può irradiare i suoi messaggi, può sedurre e conquistare le masse, può trasformare l’immagine in realtà. (Per sapere come reagiscono i destinatari, bastano i sondaggi – e forse non interessa neanche troppo). Siamo alla moltiplicazione senza qualità, al messaggio senza verità. Chi invece non dispone dei mezzi di amplificazione del suo messaggio e della sua immagine, si ritrova con la propria debole e magari qualificatissima voce che circola in un ambito in cui esiste reciprocità, possibilità di interrogare e di interrompere, facoltà di inter-agire, costruzione di un discorso e di una sensibilità comune tra persone: qualità senza moltiplicazione, verità senza ascolto. Una marginalità ricca di preziose risorse, ma probabilmente destinata a soccombere, se obbligata alla competizione. Persino il grido, persino la protesta, la richiesta, la testimonianza corale restano inascoltate senza moltiplicazione. Ecco: tra le richieste dei “piccoli della terra” ai cosiddetti Grandi, forse bisogna mettere anche questa: silenziate per un po’, per favore, i vostri altoparlanti, moderate le vostre televisioni, limitate le vostre pubblicità, contenete le vostre telenovelas! Date spazio e voce, ospitalità e megafono alle molte voci dei piccoli, alle voci del sud, alle voci di coloro che non scelgono di gridare o che non hanno più fiato per farlo. Abbiamo bisogno che le voci dei piccoli ricevano cittadinanza e possibilità di ascolto non sfigurate dalla grande comunicazione, e che il fragore delle voci dei Grandi lasci almeno degli interstizi: spazi che non possano essere comperati o occupati dai potenti, che non possano essere venduti alla finzione, ma solo essere riempiti da chi è piccolo e radicato nella quotidiana realtà dei piccoli.
Se oggi ci troviamo costretti a ricorrere all’istituzione di parchi per avere qualche arca di Noè che salvi delle porzioni di ambiente, di territorio, di fauna e di flora, in attesa di un mondo globalmente più amico della natura, perché non garantire qualche arca di Noè della comunicazione alle voci dei piccoli, in attesa e nell’impegno di un mondo che ristabilisca giustizia e pari possibilità di ascolto tra le voci?
(Messaggio al Vertice dei Piccoli in occasione del GS a Napoli, da “IDOC Internazionale”, 14 giugno 1994. Tratto dalla raccolta di saggi Il viaggiatore leggero, Sellerio, Palermo,1996.)
Alexander Langer (Vipiteno, 22 febbraio 1946 – Firenze, 3 luglio 1995) è stato un politico, scrittore e giornalista italiano. Esponente, dall'inizio allo scioglimento, dell'organizzazione comunista Lotta Continua (fu anche l'ultimo direttore dell'omonimo quotidiano), poi tra i fondatori del partito dei Verdi italiani, è stato promotore di numerosissime iniziative per la pace, la convivenza, i diritti umani, contro la manipolazione genetica e per la difesa dell'ambiente.
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