Sono sicura che nell'età della pietra fui senz'ombra di dubbio maltrattata dall'amore di un uomo. Risale a quel tempo una mia certa segreta paura.
Ora, in una calda sera, mi trovavo a conversare educatamente con un perfetto gentiluomo dal completo scuro e le unghie curate. Io mi sentivo, come direbbe Sérgio Porto, in pace con il mondo e mangiavo delle piccole goiabinhas. Sennonché a un certo momento l'Uomo dice: “Facciamo una passeggiata?”
No. Dirò la cruda verità. Le sue precise parole sono state: “Facciamo una passeggiatina?”
Perché abbia usato passeggiatina non ho avuto modo di saperlo. Dato che immediatamente, da una distanza di migliaia di secoli, è rotolata fragorosamente la prima pietra che annuncia una valanga: il mio cuore. Chi? Chi nell'età della pietra mi aveva già accompagnata in una passeggiatina da cui non avevo fatto ritorno, perché mi era stata fatale?
Non so che elemento di terrore possa essere racchiuso nella mostruosa delicatezza della parola passeggiatina.
Rotolato che fu il mio primo cuore, ingoiata atrocemente la goiabinha, mi ritrovavo ridicolmente spaventata davanti a un improbabile pericolo. Improbabile lo dico oggi, che posso sentirmi rassicurata dai blandi rapporti sociali, dall'esistenza della severa polizia, e da me stessa, più inafferrabile della più mimetica anguilla. Ma mi piacerebbe davvero sapere ciò che avrei detto un tempo, all'età della pietra, quando, quasi scimmia, scuotevano il mio frondoso ramo. Che nostalgia, dovrei passare un po' di tempo in campagna.
Una volta ingoiata, dunque, la mia goiabinha, sono impallidita senza che il colorito, civilmente, abbandonasse il mio viso: la paura era scesa troppo in profondità nel tempo per lasciare vestigi in superficie. Del resto non era paura. Del resto era terrore. Del resto era il venire meno di tutto il mio futuro. L'uomo, questo mio simile che mi ha assassinato per amore, e questo si chiama amare, e lo è.
Passeggiatina? Avevano detto così anche a Cappuccetto Rosso, che solo troppo tardi cercò di fare attenzione. “Mi voglio cautelare, per essere sicura dietro ai cespugli mi devo celare.” Da dove mi giungeva questo modo di dire? Non lo so, ma la sapienza popolare in Pernambuco non sbaglia mai.
Mi scusi l'Uomo che si riconoscerà in questa cronaca di una paura. Ma non dubiti che, come si suoi dire, “il problema era tutto mio”. Non dubiti che avrei dovuto accogliere l'invito per quello che in realtà doveva essere, come se prima lui mi avesse spedito delle rose: un gesto gentile, l'aria era tiepida, l'auto sulla porta. E non dubiti nemmeno che – nell'ingenua divisione a cui i secoli mi hanno obbligata fra il bene e il male – so che lui era Uomo Buono Caverna Destra Solo Cinque Mogli Non Picchia Nessuna Tutte Contente. E per favore mi capisca – mi appello al suo senso dell'umorismo –, so che l'uomo di frontiera, come lui, usa facilmente la parola passeggiatina, che per me, comunque, evoca la terribile minaccia di una dolcezza. Lo ringrazio espressamente per questa parola che, giungendomi nuova, ha scatenato in me un bello scandalo.
Ho spiegato all'Uomo che la passeggiatina non la potevo fare, scaltra come sono. Mi hanno addestrata i secoli, e oggi sono scaltra fra le scaltre, e anche senza che qualcuno di me si voglia realmente approfittare, per essere sicura dietro ai cespugli mi devo celare.
L'Uomo, questo, non ha insistito, anche se in tutta sincerità non mi sembra di poter dire che ci sia rimasto bene. Ci siamo guardati negli occhi per meno di una frazione di secondo – con il passare dei millenni io e l'Uomo abbiamo imparato a capirci sempre meglio, e oggi ci basta meno di una frazione di secondo –, ci siamo guardati negli occhi e il no, malgrado fosse appena balbettato, e rimbalzato scandalosamente contro le pareti della caverna, che sempre sono state più favorevoli alla volontà dell'Uomo.
Dopo che l'Uomo si è velocemente ritirato, ecco che mi ritrovo salva e spaventata. Sono scampata per un soffio alla passeggiatina che magari mi costava la vita? Perché oggigiorno spesso si perde la vita per sbadataggine.
Una volta che l'Uomo si è ritirato mi sono allora resa conto di essere felice, piena di vita. Oh, non per l'invito alla passeggiata, noi tutte per millenni abbiamo continuamente ricevuto inviti a fare passeggiate, siamo abituate e contente, e raramente veniamo frustate. Mi sentivo felice e sottosopra, ma era per la paura.
Poiché io sono a favore della paura.
O meglio, certe paure – quelle non meschine e radicate così a fondo da essere inestirpabili – hanno costituito la mia più incomprensibile realtà. L'illogicità delle mie paure mi ha incantata, mi conferisce un'aura che addirittura mi imbarazza. A malapena riesco a nascondere, sotto una sorridente modestia, la mia grande capacità di sprofondare nelle paure.
Ma nel caso di questa particolare paura, mi chiedo di nuovo: che cosa mi sarà successo nell'età della pietra? Non è certo stato qualcosa di naturale, altrimenti non avrei conservato fino ad oggi questo sguardo sospettoso, e non mi sarei resa delicatamente invisibile, assumendo sorniona il colore delle ombre e delle foglie, camminando sempre sul lato interno del marciapiede, e con una falsa andatura decisa. Non sarà stato qualcosa di naturale, dal momento che, essendo io per forza e senza possibilità di scelta un ente naturale, il naturale non mi avrebbe spaventata. O già a quel tempo – all'età delle caverne che ancora oggi è il mio segreto lare – o già a quel tempo, di una cosa naturale come una passeggiatina ne ho fatta una nevrosi?
Si, ma avere un cuore posto di lato è di sicuro una cosa giusta: perché dà fiuto, direzione dei venti, sapienza, istinto affinato, esperienza delle morti, divinazione di sorgenti, disadattamento inquietantemente felice, infatti scopro che essere disadattata è la mia forza. Perché si sa che pioverà molto quando le mosche sono nervose, e che tagliare i capelli con la luna nuova li rinforza, che dire un nome che non si osa provoca ritardo e disgrazia, che legare il diavolo con una corda rossa ai piedi di un mobile permette almeno dì tenere legati i propri demoni. E so – con il mio cuore che per non aver mai osato esporsi al centro, e da secoli si mantiene in ombra a sinistra –, so bene che l'Uomo è un essere così estraneo a se stesso che, solo per essere innocente, è naturale.
No, chi ha ragione è questo mio cuore indiretto, anche se i fatti mi smentiscono direttamente. Passeggiatina dà morte sicura e, il volto atterrito, gli occhi vitrei guardano la luna piena di sé.
(Tratto da La scoperta del mondo 1967-1973, La Tartaruga edizioni, Baldini&Castoldi, Milano, 2001.)
Clarice Lispector, nata in Ucraina nel 1925 e trasferitasi in Brasile pochi mesi dopo la sua nascita, è probabilmente la più importante scrittrice brasiliana del Ventesimo secolo. È morta a Rio de Janeiro nell’autunno del 1977.
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