La Lavagna Del Sabato 07 Febbraio 2009


LA MOGLIE FRANCESE


Paul Auster





Non so che ore sono. Le lancette della sveglia non sono luminose, e non ho intenzione di riaccendere l'abat-jour e sottopormi al bagliore accecante della lampadina. Mi ripropongo sempre di chiedere a Miriam di comprarmi uno di quegli aggeggi fluorescenti dove si legge l'ora anche al buio, ma quando mi sveglio la mattina me ne scordo. La luce cancella il pensiero, e mi passa di mente finché non mi ritrovo di nuovo a letto, sveglio come adesso, a guardare il soffitto invisibile della mia stanza invisibile. Non posso averne la certezza, ma direi che è un'ora fra l'una e mezzo e le due. Il tempo passa piano piano, piano piano...

Il sito internet fu un'idea di Miriam. Se avessi saputo cosa aveva in mente, le avrei detto di non sprecarci tempo, ma me lo tenne segreto (d'accordo con sua madre, che aveva conservato quasi ogni riga che avessi mai dato alle stampe), e quando venne a New York per la cena dei miei settant'anni mi portò nel mio studio, accese il mio portatile e mi fece vedere cosa aveva combinato. Gli articoli non valevano certo la pena, ma il pensiero di mia figlia che passava un numero imprecisato di ore a ribattere tutti quei miei vecchissimi pezzi - per tramandarli ai posteri, volendo citare le sue parole - praticamente mi devastò, e rimasi senza parole.

Di solito il mio impulso è quello di evitare le scene di commozione con una battutina secca o un commento da grillo parlante, ma quella sera abbracciai semplicemente Miriam senza dire nulla. Sonia si mise a piangere, ovviamente. Piangeva sempre nei momenti di felicità, ma per me in quell'occasione le sue lacrime furono particolarmente intense e dolorose, dato che le avevano diagnosticato il tumore solo tre giorni prima e la prognosi era nebulosa, nel migliore dei casi incerta. Nessuno ne fece parola, ma tutti e tre sapevamo che, forse, al mio successivo compleanno non sarebbe più stata con noi. Un anno si rivelò una speranza perfino eccessiva.

Non dovrei fare così. Ho giurato a me stesso di non cadere nella trappola dei pensieri su Sonia e dei ricordi di Sonia, di non lasciarmi andare. In questo momento non posso permettermi di crollare e affondare in un baratro di cordoglio e autorecriminazione. Rischio di mettermi a piangere forte e di svegliare le ragazze al piano di sopra; oppure di trascorrere le prossime ore a rimuginare su modi di uccidermi sempre più elaborati e perversi. Questo compito è riservato a Brick, il protagonista del racconto di stasera. Forse ciò spiega come mai lui e Flora accendono il computer di lei e guardano il sito costruito da Miriam.

Mi sembra importante che il mio personaggio principale impari a conoscermi almeno un po', capisca con che tipo di persona ha a che fare, e adesso che si è messo a leggere qualcuno dei libri da me consigliati, finalmente tra noi comincia a formarsi un legame. Si sta trasformando in una faccenda abbastanza complicata, direi, ma il fatto è che in origine il personaggio di Brill non era previsto.

La mente che creava la guerra doveva appartenere a qualcun altro, un altro personaggio inventato, irreale come Brick, Flora, Tobak e tutti gli altri, ma più andavo avanti, più mi rendevo conto che mi stavo solo prendendo in giro. La storia parla di un uomo che deve uccidere la persona che l'ha creato, perché fingere che quella persona non sia io? Mettendomi dentro la storia, la storia diventa reale. Oppure sono io che divento irreale, l'ennesima creazione della mia fantasia. In una maniera o nell'altra, l'effetto è più soddisfacente, più in armonia con il mio umore... che è cupo, piccole mie, cupo come la notte di ossidiana che mi circonda.

Sto parlando a vanvera, lascio svolazzare i pensieri in libertà per tenere lontana Sonia, ma nonostante i miei sforzi lei è sempre lì, l'assente sempre presente, quella che ha passato tante notti in questo letto con me e adesso riposa in una tomba nel cimitero di Montparnasse, la donna francese con cui sono stato sposato per diciott'anni, poi separato per nove, poi di nuovo insieme per altri ventuno, trentanove in tutto, quarantuno contando i due anni prima di sposarci: più di metà della mia vita, molto più di metà, e di lei adesso non mi resta nulla se non delle scatole di foto e sette lp graffiati, i dischi che ha inciso negli anni Sessanta e Settanta, Schubert, Mozart, Bach, e l'opportunità di ascoltare di nuovo la sua voce, quella voce piccola ma bellissima, grondante di sentimento, l'essenza di ciò che era.

Le foto... e la musica... e Miriam. Mi ha lasciato anche nostra figlia, questo non va trascurato, una figlia che non è più bambina, e com'è strano pensare che adesso sarei perso senza di lei, senz'altro sbronzo ogni sera, se non addirittura morto o attaccato a una macchina in qualche ospedale. Quando, dopo l'incidente, mi ha proposto di trasferirmi da lei, ho rifiutato educatamente, spiegando che aveva già abbastanza pesi sulle spalle senza che mi ci mettessi anche io. Lei mi ha preso la mano e mi ha detto: No, papà, non capisci. Io ho bisogno di te. Sono così sola in quella casa. Non ce la faccio più. Ho bisogno di qualcuno con cui parlare. Ho bisogno di qualcuno da guardare, con cui cenare, di qualcuno che ogni tanto mi abbracci e mi dica che non sono una persona orrenda.

Persona orrenda l'avrà sicuramente detto Richard, sarà un epiteto che gli è uscito di bocca durante una brutta lite verso la fine del loro matrimonio. Nell'impeto della rabbia la gente dice le cose peggiori, e mi fa male vedere che Miriam ha lasciato che quelle parole le si incollassero addosso come una sorta di giudizio definitivo sul suo carattere, una condanna della persona e delle cose che è. Lei ha dentro una profondissima bontà, lo stesso tipo di bontà autopunitiva che Norika incarna nel film, e in virtù di questo, quasi inevitabilmente, anche se è stato Richard a mollarla, lei continua ad assumersi la colpa di quello che è successo.

Non so se le sono stato di grande aiuto, ma se non altro non è più sola. Prima che Titus venisse ucciso ci stavamo costruendo una routine abbastanza confortevole, e voglio solo che tieni a mente questo, Miriam: quando Katya si è trovata nei guai, non è andata a cercare suo padre, è venuta a cercare te.



(Racconto tratto da La Repubblica del 29 giugno 2008, Traduzione di Martina Testa.)


Paul Auster (Newark, 3 febbraio 1947) è uno dei più importanti scrittori statunitensi dei nostri giorni.






Lavagne Precedenti




        
       Home Page