Sconcerto, disappunto, rabbia: questa la gradazione, in crescendo, dei sentimenti della Professoressa delle Medie nello scoprire il genere delle letture del suo giovane discente.
Eravamo alla fine degli anni ‘50 in una scuola alla quasi, allora, periferia di Roma e in una tranquilla discussione in classe sui libri preferiti da noi giovinetti alle soglie del “teenagerato” era venuta fuori la mia più che annosa - nonostante la giovane età - frequentazione con i BEM (Bug-Eyed Monsters, i Mostri dagli Occhi d’Insetto) che riempivano allora i volumetti di Urania. Mitici se si vuole, ma bruttini anzichenò: ora per le edizioni non integrali e maltagliate, ora per le traduzioni approssimative, ora per gli autori sovente anonimi e quasi sempre discutibili.
Il primo incontro tra i due mondi -quello della mia scuola e quello della mia fantascienza di allora- non fu onestamente memorabile. Con una certa arcigna sollecitudine venni invitato dalla brava donna - una nobile figura di educatrice e una mamma per tutti noi - a liberarmi quanto prima dal “vizio” assurdo che rischiava di sfregiarmi irrimediabilmente il gusto e l’anima. Pensassi, invece, a dedicarmi con più passione di quella dimostrata fino a quel momento ai Classici, evitando così le brutte figure scolastiche e le “borse” sotto gli occhi.
Certo, a rileggerli ora gli oggetti dello scandalo - i fin troppo agili volumetti di Urania della seconda metà degli anni Cinquanta, così decisamente scadenti dal punto di vista della qualità letteraria, così densi di trame e di trovate ma anche di comici esempi di cattiva scrittura, così zeppi di ossessioni anticomuniste espresse sotto metafore granghignolesche - bisogna ammettere che la Professoressa non aveva tutti i torti.
Né le cose migliorarono al liceo. La scuola continuava ad ignorare la science-fiction, che, letta in condizioni di semi-clandestinità, occultata sotto il banco, patrimonio di una sparuta minoranza oppressa e ribelle, finiva per essere vittima sia della pesante tradizione accademica che ha sempre gravato sulle nostrane vicende letterarie, sia della propria lentissima emancipazione dall’imbecilità stilistica.
Ah, i favolosi anni Sessanta ...
Ma, a metà dei “favolosi anni ‘60” (che poi per chi c’era proprio tanto favolosi non erano…), qualcosa si muoveva: non nella scuola, ma nella fantascienza, nelle sue proposte e nel suo consumo.
Accanto ad Urania, migliorata ma non troppo, la novità, per me, per noi lettori di sf di allora, fu rappresentata da Gamma: “una rivista moderna per il lettore moderno. La prima rivista tascabile di letteratura che presenta la fantascienza nei suoi aspetti più maturi e coraggiosi,polemici e satirici, accompagnando a una rigorosa selezione della narrativa un corredo critico obbiettivo e seriamente informato. La prima rivista da biblioteca dedicata alla fantascienza”: così almeno recitava l’ultima di copertina. Insomma, un tentativo interessante di fare della fantascienza adulta, consapevole, critica.
Ma era dalla fine del decennio precedente che tra le fila degli addetti ai lavori della letteratura si era aperto un appassionato confronto: lo avevano iniziato Solmi-Fruttero, con il celebre Le meraviglie del possibile, Einaudi 1959 ( ripubblicato poi nel 1973 ) che costituiva la prima antologia “condotta con rigore di scelta critica e di perspicuità letteraria” a cui erano seguite alcune affermate antologie: nel 1961, Fantascienza russa 14 racconti; poi la più citata che letta I labirinti del terzo pianeta, forse la prima, certo la più famosa raccolta di racconti di fantascienza italiana. Curata da Gilda Musa e Inisero Cremaschi risale a più di quarant’anni fa: un atto di coraggio intellettuale ed editoriale, sorretto da presenze che vanno da Libero Bigiaretti a Lino Aldani, da Mario Soldati agli stessi Cremaschi e Musa. E, per limitarci solo alle maggiori antologie, non si può non ricordare Quindici grandi racconti di fantascienza, edita da Longanesi nel 1965.
Per dare il senso di anni caratterizzati da una straordinaria ricchezza e complessità di motivi, interessi e presenze sarebbe ingiusto non menzionare le esperienze di “Interplanet”, pubblicazione semestrale di Sandro Sandrelli e Valeria Bassanesi; “Futuro”, diretta da Aldani e Lo Jacono e poi la benemerita attività di coraggiose case editrici come La Tribuna Editrice di Piacenza che già nel 1962 pubblicava il saggio di Lino Aldani, La fantascienza; oppure Silva di Torino con i suoi, ormai introvabili, Fantascienza: guerra sociale, curato da Roberta Rambelli (con l’introduzione di Harry Harrison, e scusate se è poco) e Fantascienza, terrore e verità, del 1962.
Come ha scritto Gold, direttore di “Galaxy Science Fiction”, “poche cose rivelano chiaramente quanto la fantascienza i desideri, le speranze, le paure, le difficoltà e le tensioni interiori di un’epoca...” E per dirla con quel Bob Dylan che allora andava per la maggiore, i tempi stavano cambiando e questa letteratura non si limitava a registrarne i mutamenti ma, fedele alla sua ragion d’essere, li anticipava.
Quotidiani seri come “La Stampa”, il “Corriere d’ informazione”, il “Corriere della sera” (e provate a ricordare o ad immaginare cosa erano “di ingessato” in quegli anni questi giornali), oppure riviste politiche nettamente schierate come “Rinascita”, ”Il contemporaneo”, “Problemi del socialismo” non esitavano ad intervenire nel dibattito in corso, a cui non si sottraevano neppure pubblicazioni prestigiose come “Civiltà delle macchine” e “Comunicazioni di massa”, mentre critici e saggisti non esitavano a fare la loro parte.
Per la fantascienza è questo un decennio di straordinario fervore critico e creativo che si dimostra capace di coinvolgere anche vasti settori di intellettuali e non solo quelli inquieti e sensibili alla sperimentazione letteraria e alla ricerca di nuovi itinerari tematici e stilistici. Ma, per tornare all’oggetto delle nostre riflessioni, dovranno passare ancora anni prima che la scuola, la grande Balena bianca delle istituzioni nazionali, arrivi almeno a prendere atto dell’esistenza di questo particolare genere di narrativa.
Passa un anno, passa l’altro...
Bisogna attendere fino al 1975 per incontrare -finalmente- nell’ Antologia Garzanti per la Scuola Media, nella sezione Due nuovi modi di raccontare, l’arcifamoso Sentinella di Fredric Brown e I nove miliardi di nomi di Dio di Clarke, mentre, nel II volume, è inserito Il pedone di Bradbury.
E’ l’inizio di una marcia ancora in atto, che, tra un passo avanti e qualcuno indietro, ha portato la narrativa di science-fiction ad essere almeno presente - ed anche qualcosa di più - in quasi tutta la corrente produzione editoriale di antologie scolastiche per la scuola media e per il biennio delle superiori.
Considerato il carattere fortemente conservativo della scuola italiana è un risultato non trascurabile, anzi di grande valore, che la dice lunga sul peso che la fantascienza è riuscita a conquistare tra il complessivo pubblico dei lettori e sugli orientamenti e comportamenti di case editrici, insegnanti e studenti.
Ho consultato un campione, credo significativo, delle antologie oggi maggiormente in adozione nel biennio delle superiori e bisogna dire che il racconto, o il passo di fantascienza non manca mai. Provate a sfogliare i cataloghi scolastici delle principali case editrici: trovate la fantascienza non solo nella sezione dedicata all’italiano, ma anche nelle pagine relative alle lingue straniere. In primis i classici: Poe, Verne, Wells, Stevenson, ma anche i più recenti Philip Dick e Gibson.
Una questione più ampia
Tutto bene, dunque... Affrontato solo in questi termini -più autori e più pagine per la fantascienza- il problema, appare, però, posto in maniera riduttiva e non in grado di esprimere tutta la straordinaria ricchezza di spunti, temi, idee che il genere offre. La questione di un uso intelligente della science-fiction nella scuola va, forse, vista in una prospettiva più ampia. Per esempio, cominciando a considerare questa letteratura come un importante strumento di riflessione critica a cui abituare gli studenti e da portare nel sempre vivo ed ancora irrisolto dibattito sulle “due culture”, scienze e lettere, intorno a cui, da oltre un secolo, si arrovellano scienziati, letterati ed educatori.
La narrativa di fantascienza, per la stessa natura dei suoi contenuti, si presta in maniera del tutto spontanea a risolvere tale dissidio, proponendo continue, suggestive mediazioni : già una ventina di anni fa Fernando Porta proponeva “un insegnamento con e per la SF: esso dovrebbe coinvolgere soprattutto i docenti di letteratura (italiana e straniera, a seconda dei testi adottati), essere appoggiato in una chiara prospettiva interdisciplinare anche dalle materie scientifiche (penso alle scienze naturali e alla geografia astronomica), trovando poi ulteriori sedi di confronto persino all’interno delle esercitazioni di storia e di filosofia... Letteratura e scienza troverebbero nella science-fiction un alto grado d’integrazione artistica funzionale del resto alla evocabilità, fittizia, ma pur sempre condotta a buoni livelli di simulazione letteraria, di tutta una serie di problemi e tematiche tipicamente contemporanei: industrializzazione, tecnologismo, informatizzazione, inquinamento, razzismo, imperialismo e rischio nucleare sarebbero chiaramente decodificabili nelle narrazioni spazio-temporali di molti autori” (F. Porta, La fantascienza a scuola: appunti e spunti dall’esperienza anglo-americana, in ”Le lingue del mondo”, nn. 4/5, 1988).
Nessuna letteratura, come quella che sbrigativamente e semplicisticamente va sotto il nome di fantascienza, è in grado di dimostrare che “ contrariamente a ciò che pensava Cartesio la scienza non può essere separata dalla spiritualità. E, contrariamente a quel che pensava Bacone, i fatti scientifici hanno un significato e una portata morale”(J. Goldsmith, Vendere e comprare il cielo, in “Sapere”, Gennaio 1994).
Proprio perché nasce da una conciliazione tra due termini antitetici, scienza ed immaginazione, la science-fiction appare dotata di una particolare potenzialità cognitiva: a patto di abbandonare il meccanicismo pedagogico figlio dell’induttivismo, per sostituire l’uno e l’altro con un sapere scientifico diverso, capace di valorizzare il senso critico, la libertà, la fantasia, e l’abitudine ad usare creativamente anche l’errore. Il pensare scientifico deve essere “a tutti i livelli una interazione tra due episodi di pensiero -un dialogo a due voci, una immaginativa, l’altra critica; un dialogo... tra il possibile e l’attuale, tra la proposta e la realtà, l’ipotesi e la critica (P.B. Medawar, Difesa della scienza, Roma 1978).
Come scrive giustamente Antonio Scacco, oggi uno dei più strenui difensori della science-fiction come espressione “alta” di un nuovo e sempre più necessario umanesimo scientifico “ la fantascienza diventa uno strumento didattico indispensabile per far acquisire al discente il concetto-base... che la scienza è un insieme di congetture o ipotesi smentibili di principio. Infinita è la serie dei romanzi che illustrano tale tema, tanto che si potrebbe affermare che più che l’applicazione di leggi scientifiche, è la loro trasgressione la conditio sine qua non dell’esistenza della fantascienza” (A. Scacco, La fantascienza e il rinnovamento della didattica delle scienze,” Pugliascuola”, ottobre 1988).
Nella prospettiva di una scuola finalmente impegnata per un nuovo sapere scientifico la narrativa di fantascienza, proprio perché capace di parlare alla razionalità, all’immaginazione e al sentimento può ricoprire un ruolo davvero centrale, strategico. Dice bene Ugo Malaguti, uno dei padri fondatori della fantascienza italiana in una sua intervista quando afferma che “la science-fiction... anche nella sua componente più consumistica e volgare presenta idee, concetti, contenuti appena accennati che invogliano il lettore intelligente a porsi dei problemi e a cercare...” (A Lucca mai, intervista ad Ugo Malaguti a cura di M.Antonetti, in “Il Grande Vetro”, n. 101, agosto-settembre 1989). Per conseguire l’obbiettivo dello sviluppo almeno di una diffusa alfabetizzazione scientifica niente appare più adeguato che la conoscenza sistematica di una narrativa come la science-fiction, sempre più diffusa nelle letterature contemporanee. Un genere - ma forse il termine è riduttivo rispetto alla ricchezza dei contenuti e delle forme che la fantascienza è stata capace di trattare ed assumere nel corso di quasi un secolo e mezzo di vita - particolarmente adatto ai giovani abitatori del pianeta scuola. Far entrare, e dal portone principale, questa letteratura che, per dirla con Michel Butor, “esplora il campo del possibile quale ci permette di intravederlo la scienza”, significherebbe introdurre un formidabile strumento di analisi della società in cui viviamo e delle sue tendenze in quella che, Ministri dell’Istruzione permettendo, è ancora oggi la nostra principale agenzia educativa
Da un’intelligente modulazione dei principali temi scientifici portati nella scuola, generazioni di studenti, stretti tra incultura scientifica ed un approccio mitico/magico alla scienza, vista fiduciosamente come capace di risolvere tutti i problemi della condizione umana, potrebbero trarre interessanti opportunità di crescita sia di competenze specifiche, sia di una più generale consapevolezza umana e personale.
A mo’ di conclusione....
C’è nell’aria o nella pancia di questa società, soprattutto tra i giovani di questo momento storico (questi giovani così silenziosi, troppo silenziosi!) una propensione per la narrativa di science-fiction: si tratta di una sensibilità inattesa, di un gusto per la rottura dell’ordine costituito che non ci saremmo mai aspettati, di una sensibilità nuova per l’irruzione dell’inammissibile all’interno dell’inalterabile legalità quotidiana. Vorrà dire qualcosa questa imprevista disponibilità a sostituire l’universo reale con un universo “altro”?
Sono segnali importanti questi provenienti dai giovani alieni che popolano le nostre aule. Tanto più se rapportati ai tempi di buio conformismo in cui viviamo. Così importanti da meritare di essere raccolti, decodificati, valorizzati e così seri da non poter essere lasciati nelle mani dei soli insegnanti. Agli uni e agli altri comunque noi, vecchi lettori, scrittori, traduttori, editori di fantascienza cercheremo di dare una mano.
Luciano Luciani
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