(...) Alla Cinémathèque li attendeva una brutta
sorpresa. Era impossibile accedere al giardino dall'avenue Albert-de-Mun. Sotto
i suoi alberi spogli erano parcheggiati i tozzi furgoni grigio scuro delle CRS,
la polizia paramilitare. Agenti con gilè di pelle ciondolavano sul marciapiede
accarezzando con aria distratta i loro fucili a canna corta. I finestrini dei
veicoli, muniti di sbarre e claustrofobici quanto le finestrelle della torre di
un castello, incorniciavano di tanto in tanto la contrazione di una spalla - l'unico
movimento visibile dall'esterno - lasciando immaginare una carta da gioco sbattuta
su un tavolo. Senza nemmeno farci caso, Théo e Isabelle attraversarono
in un lampo la place du Trocadéro diretti verso la spianata. Matthew li
seguì. Sentiva l'entusiasmo del Louvre scemare di minuto in minuto. Sulla
spianata non era rimasto un solo centimetro libero. I dimostranti si erano arrampicati
in cima alle fontane per avere una visuale migliore e spruzzavano come forsennati
chi stava sotto. Altri oscillavano avanti e indietro tenendosi sottobraccio e
canticchiando Yesterday. Di quando in quando, un volto noto compariva per
poi scomparire subito. Quella non era Jeanne Moreau? Lì, con gli occhiali
scuri, non c'era forse Catherine Deneuve? E laggiù Jean-Luc Godard, con
una cinepresa portatile in equilibrio sulla spalla? Da uno dei parapetti più
alti, l'attore Jean-Pierre Léaud declamava con voce roca il testo di un
trattato di cui venivano distribuite fotocopie anche tra i manifestanti più
in basso. Uno scritto si intitolava I figli della Cinémathèque
e si concludeva come segue: "I nemici della cultura hanno riconquistato questo
bastione della libertà. Non lasciatevi ingannare! La libertà non
è un privilegio che si concede, ma che si prende. Tutti coloro che amano
il cinema, qui in Francia e nel resto del mondo, sono con voi, sono con Henri
Langlois!" Il nome di Langlois era un segnale. I dimostranti irruppero
nel giardino e rifluirono verso la Cinémathèque. Allo stesso tempo,
in una cacofonia di fischi acuti, gli uomini delle CRS balzarono fuori dai furgoni
lasciando a metà le mani di poker e attraversando di corsa l'avenue Albert-de-Mun
con i manganelli diritti e gli scudi metallici sollevati davanti alla faccia. Costretta
a una fuga repentina, la folla confusa si lanciò verso la spianata, quelli
davanti che cadevano addosso a quelli dietro, finché, furibondi e disorientati,
un po' marciando e un po' correndo con le gambe molli come la cera, i manifestanti
arretrarono fino alla place du Trocadéro e cominciarono a sparpagliarsi
lungo l'avenue du President-Wilson. Fu all'incrocio tra quel viale e l'avenue
d'Iéna - dove un'altra barriera di scudi, composta di tre file, si allungava
impenetrabile da un marciapiede all'altro - che la dimostrazione venne dispersa
e la spianata restituita alla sua fauna.
(Brano tratto dal romanzo The
dreamers, Rizzoli, Milano, 2004.)
Gilbert
Adair è uno dei più noti osservatori culturali inglesi. Giornalista,
critico cinematografico, sceneggiatore e traduttore di Georges Perec, scrive sull'Independent
on Sunday. Ha pubblicato numeriosi saggi e romanzi. Da The dreamers Bernardo
Bertolucci ha tratto uno dei suoi film più recenti. |