Un
mondo di solitudine, paura e narcisismo. Dove trovare una compensazione delle
sconfitte e delle umiliazioni causate dalla vita "reale" Questo
è Internet secondo il professor Zygmunt Bauman, sociologo britannico di
82 anni famoso per i suoi studi riguardanti la "connessione tra la cultura
della modernità e il totalitarismo", il cui pensiero è riportato
su un numero recente dell'allegato del Sole 24 ore, Nòva. Un giudizio
netto e cattivo, di certo preferibile al chiacchiericcio parolaio dei tanti maestrini
e baroni nostrani, che blaterano di rete anche se hanno difficoltà palesi
a spedire le email. Per Bauman, la rete è solo "una potente via
di fuga dalle difficoltà e dalle tribolazioni della vita reale".
Una sorta di companatico ultra tech del nuovo millennio, l'ultimo male del lusso
che serve a milioni di persone solo come panacea di un fortissimo disagio psicologico
che affligge la società. Poi il sociologo passa
alla disamina del web 2.0, o social network come lo chiamano i guru, che ovviamente
è un'estremizzazione dell'estremo, un mondo popolato da individui narcisi,
i quali sfogano "la loro passione politica senza impegnarsi, in processi
di partecipazione quasi mai efficaci", tanto per dirne una. E per i blogger,
che sono un po' il simbolo di questo nuovo web, arriva la sua considerazione più
dura: "credo che l'unica funzione dei blog sia di consentire agli utenti
di vedere celebrati se stessi e i propri interessi al pari dei 'personaggi tv',
secondo i parametri con i quali obbligatoriamente oggi si misura la qualità
e la rilevanza della realtà nel suo complesso". Insomma, il web
è popolato da frustrati che cercano di somigliare al Corona di turno per
sentirsi più importanti nei confronti dell'uditorio che sono riusciti a
conquistarsi fra i loro simili. Un cannibalismo tra simili portato all'ennesima
potenza. Anche se basta guardare un po' la blogosfera italiana per notare che
i casi diversi sono all'ordine del giorno. Tutte le
teorie apocalittiche, da Nietzsche ad Adorno, hanno un loro indubbio fascino.
Certo, che esistano forme estreme di utilizzo della Rete è sotto gli occhi
di tutti. E forse è vero che oggi la Rete aiuta a non essere soli. Ma,
in mezzo a tutte le finalità egoistiche ed egocentriche che Bauman vede
soddisfatte, è difficile non scorrere anche esempi opposti. Si può
pensare alle migliaia di volontari che contribuiscono allo sviluppo di Wikipedia,
con l'unico fine di diffondere la conoscenza in campi dai quali è difficile
che traggano un tornaconto personale. Oppure a quei forum informatici in cui la
gente si scervella ad aiutare i negati per il computer che hanno appena combinato
un guaio e non sanno come uscirne. Sui blog, la finalità di diffusione
delle informazioni - che spesso arriva ad una ridicola e pleonastica ridondanza
- è comunque qualcosa di positivo, così come l'esercizio della memoria
storica e - anche se si diffonde in maniera molto minore - persino di quella ragion
critica che un (ex?) apocalittico come Habermas nel suo "Storia e critica
dell'Opinione Pubbica" riservava ai soli giornali. In tutto questo vi
è un vantaggio egoistico? Certo, come negarlo? Ma l'ha detto Adam Smith
che il bene comune, per assurdo, si consegue anche inseguendo fini di soddisfazione
personale. Certo, Bauman tutto questo lo sa. E proprio per questo la sua è
un'opinione che merita di essere presa sul serio. Magari proprio per evitare che
diventi una profezia autoavverante di quelle che tanto piacciono alla sociologia. (Tratto
dal sito Giornalettismo militante) |