Vi sono delle figure
che, nel panorama letterario nazionale ed internazionale, vengono celebrate in
maniera eccessiva e frivola, dei fuochi di paglia, specchietti per allodole, e
vi sono, di contro, individui ingiustamente relegati ad essere ombre, e, come
ombre amareggiate, a vagare nel torbido sottobosco del semianonimato letterario,
con poca celebrità in vita e ancor di meno in seguito, costretti ad essere
riscoperti per puro caso, da articoli di cronaca, citazioni e quant'altro, relegati
comunque ad una costante damnatio memoriae, costante e silente. Un
caso fra tanti è Curzio Malaparte, all'anagrafe Kurt Erich Suchert, italianissimo,
nonostante il nome di provenienza austriaca, illustre fantasma che vaga raramente
in antologie letterarie italiane, ma che mezzo secolo addietro smosse forse il
popolino un minimo dalla poltrona di cristallo sulla quale si era adagiato, dal
fango e dalle menzogne nelle quali giaceva. Eppure,
le opere di questo autore meriterebbero ben più del misero spazio che occupano
oggi nella critica letteraria italiana: opere come “Kaputt”, “Mamma Marcia”, ma
soprattutto “La pelle” (quest'ultima probabilmente la più celebre e famigerata
dell'intera produzione malapartiana) meriterebbero d'essere studiate in maniera
notevolmente più approfondita, non solo perchè opere di indubbio
spessore culturale, ma soprattutto perchè in grado di offrire una panoramica
esauriente ed avvincente oltre che sull'Italia della liberazione, anche sul modo
di pensare stesso degli italiani negli anni quaranta. Spesso
si è accusato Malaparte di trasformismo, per essere passato (dopo una vita
dedita al fascismo) al comunismo negli ultimi anni della sua vita, ma tale azione
non poteva che essere una conseguenza della sua indole: a ben vedere né
il fascismo “integrale” propugnato da Curzio, né il “comunismo” si sono
mai avverati in toto. “La
pelle”, edito nel 1949, ( il cui titolo in precedenza avrebbe dovuto essere “La
peste”, ma data la pubblicazione del capolavoro di Camus nel 1947 dal medesimo
nome, si optò per cambiarlo in “La pelle”) , resta in ogni caso, trasformista
o meno che si voglia considerare Malaparte, un indiscutibile capolavoro. In
questa Odissea novecentesca un moderno Ulisse, nei panni d'un ufficiale, dell'ufficiale
Malaparte appunto, conduce con le truppe americane, durante la liberazione, una
folgorante riscoperta sia della cultura italiana che degli italiani, e ci figura
uno spaccato sulla situazione del belpaese che a tratti pare richiamare il più
crudo Pasolini, a tratti sfociare in un meraviglioso lirismo: Malaparte è
la celebrazione dei diamanti che si annidano nelle miniere di carbone. Riflessioni,
poesia, cronaca, immagini tetre e istantanee d'emozioni, tutto pare entrare in
un magico maelstrom, in un tremendo gorgo nel quale ogni cosa si mescola dando
forza all'altra: e allora così dalle pagine dello scrittore pratense le
emozioni urlano, colano, colorando la notte del racconto di sensazioni atroci
e meravigliose, allora il ricordo diviene pensiero ed il pensiero poesia, nel
celebrare una storia che è storia di uno e storia d'una nazione: Malaparte
è semplicemente un uomo che si rifiuta di chiudere gli occhi e vuole descrivere
la realtà, la sua realtà. Un
reale atroce, commovente, disgustoso, ma che merita, vuole, necessita d'esser
comunicato: il senso di un qualcosa che deve essere urlato negli occhi del lettore
per smuoverlo dal suo letargo intellettuale e indurlo a realizzare uno degli scopi
principali di un certo tipo di letteratura, il crearsi una propria opinione, un
proprio pensiero. E
allora “La pelle”, proprio come “Kaputt” anni prima ci aveva portato in Europa,
così ci trascina, fa correre i nostri occhi nello squallore della disperazione
napoletana del 1943, fra le lotte per le “casse da morto” e le “sepolture”, fra
l'innocenza di bambini per i quali l'infanzia fu privilegio da guardare lontano
e situazioni nelle quali la vita non aveva più peso d'un ramo reciso da
un albero, ci fa scoprire, con il dovuto cinismo, cose oggi tristemente dimenticate.
Chi
potrebbe immaginare infatti, a mezzo secolo di distanza, che la parola sciuscà
, con la quale venivano indicati i bambini napoletani, sia l'italianizzazione
delle due parole inglesi “shine shoes”, scarpe splendenti, le quali erano le due
parole con le quali i ragazzini napoletani chiedevano il permesso di lustrare
le scarpe ai soldati americani? Con
questo libro, che non pare tanto di denuncia, quanto piuttosto di contemplazione
amareggiata d'un paese allo sbando più totale, Curzio ci offre un oceano
di ricordi, emozioni e, soprattutto, di tristezza, una contemplazione appunto
della rovina di un paese, d'una cultura che va lentamente al macero, fra l'indifferenza
più totale..e proprio in questo sta il meraviglioso che si annida nell'opera
in questione, ma anche in tutta la produzione malapartiana: la capacità
di farci notare come vi sia del meraviglioso nel marcio, come vi sia della poesia
anche in situazioni strazianti (e anche in ciò Malaparte è degno
precursore di Pasolini). Forse
la parola con la quale possiamo identificare al meglio una parte cospicua dell'intera
produzione malapartiana è proprio “marcio”, caratteristica che si va acuendo
sempre di più con l'avanzare dell'età dell'autore, fino a giungere
al suo ultimo capolavoro, “Mamma marcia”, coacervo di cinismo e sfiducia, oltre
che di denuncia e soprattutto indignazione. Malaparte nei suoi scritti esprime
la sua rabbia, e il suo cinismo, nei confronti d'un Italia malata, marcia, che
annega nel nepotismo, nell'indifferenza e nella ferina stupidità dei suoi
governanti, nell'ignoranza e nello squallore; dall'altra parte della bilancia
abbiamo però la “naturale” bontà del popolo italiano, che spesso
muove il lettore a compassione e a riflessione: nel mondo di Malaparte non esistono
spesso buoni e cattivi, ma solo persone, persone che cercano di sopravvivere conservando
un briciolo di dignità, fra il perbenismo d'una classe dirigente alla quale
ci si può solo piegare e il desiderio di una classe operaia destinata al
fallimento per l'egoismo dei suoi esponenti. Altra
parola chiave per comprendere la prosa Malapartiana è probabilmente “indignazione”:
il sentirsi ferito in volo,la “morte dell'anima”, per citare Sartre, che aleggia
fra le sue pagine; il mendicare costantemente giustizia senza mai ottenerla, una
giustizia che pare un lontano miraggio, un mito di qualcosa che un tempo fu, ma
che non potrà mai più essere... Poesia,
critica, teatro, editoria (era a capo di una casa editrice), giornalismo, narrativa,
cinema addirittura, con “Il cristo proibito” del 1951, Malaparte risulta essere
dunque uno fra i più prolifici e meritevoli autori del novecento italiano,
ma anche, tristemente, uno fra i più illustri sconosciuti, ma la cui poetica
letteraria è ancor oggi validissima. Cinico,
sognatore e realista, immorale e moralista, opportunista e ribelle, fascista,
non fascista (basta leggere “Don Camaleo” e vedere la successiva reazione dell'allora
duce Mussolini per capire quanto lontano fosse il nostro dal normale fascismo)
e infine comunista, letterato avverso alla maggior parte dei letterati italiani
( Moravia in primis), e felice di suscitare clamore....queste sono forse le ragioni
dell'esilio di Malaparte dal gran galà della letteratura italiana, e credo
che, come è scritto in un esauriente capitolo della “Biografia politica
di Curzio Malaparte”, opera del critico Giuseppe Paradini, pubblicata nel 1998
da Luni Editrice, la frase “La rivoluzione sono io! ” sintetizzi al meglio l'intera
poetica malapartiana... Che
senso ha, perchè dunque leggere oggi Malaparte? Perchè ci induce
alla riflessione e ci concede in regalo la vergogna, la vergogna di chi ha tutto
e ha dimenticato quando non aveva nulla, perchè ci ricorda che l'Italia
è un paese con una dignità anche nel male peggiore, e, infine, per
riscoprire forse come le meraviglie possano nascondersi in qualcosa che già
abbiamo, senza saperlo, ai nostri piedi, per riscoprire un periodo della nostra
storia da una nuova prospettiva, ma soprattutto, perchè Malaparte ci mostra
un modo di scrivere dimenticato forse, un modo di scrivere per riflettere e per
contemplare il presente da una prospettiva diversa: quella dei privilegiati, di
chi non ha subito nulla e si lamenta di tutto. In un mondo che si perdeva il futuro
nel presente, Malaparte cercava di insegnare il passato. La
bibliografia seguente è stata presa dall'enciclopedia virtuale Wikipedia,
reperibile al seguente indirizzo web: http://it.wikipedia.org/wiki/Curzio_Malaparte#Bibliografia
. Curzio
Malaparte
Bibliografia
Saggistica
Viva Caporetto , come Curzio Erich Suchert, Prato: Stabilimento Lito-Tipografico
Martini, 1921 ; con il titolo La rivolta dei santi maledetti (Aria d'Italia,1921),
poi, con il titolo Viva Caporetto. La rivolta dei santi maledetti, introduzione
di Mario Isnenghi, Milano: Mondadori, 1980, 1981; con il titolo Viva Caporetto.
La rivolta dei santi maledetti, secondo il testo della prima edizione 1921, a
cura di Marino Biondi, con in appendice la prefazione alla seconda edizione romana
del 1923, una storia editoriale del testo e una revisione testuale dall'edizione
1921 all'edizione 1923, Firenze: Vallecchi, 1995.
Le nozze degli eununchi, Roma: La Rassegna Internazionale, 1922
L'Europa vivente, Firenze: La Voce, 1923 ; in L'Europa vivente e altri saggi politici,
Firenze: Vallecchi, 1923
Italia barbara, Torino: Piero Gobetti, 1925 ; Roma: La Voce, 1927
Intelligenza di Lenin, Milano: Treves, 1930
Technique du coup d'état, Paris: Bernard Grasset, 1931 , 1948; pubblicato
dapprima in francese e poi tradotto in italiano come Tecnica del colpo di stato,
Milano: Bompiani, 1948
I custodi del disordine, Torino: Bugatti, 1931
Le bonhomme Lénine, Paris: Bernard Grasset, 1932 ; pubblicato in francese
e poi tradotto in italiano come Lenin buonanima, Firenze: Vallecchi
Deux chapeaux de paille d'Italie, Paris: Denoel, 1948 ; pubblicato in francese
Due anni di battibecco, 1955
Maledetti toscani, Firenze: Vallecchi, 1956 , 1959
Io, in Russia e in Cina, 1958 ; Firenze: Vallecchi
Mamma marcia, 1959 ; Firenze, Vallecchi; con Lettera alla gioventù d'Europa
e Sesso e libertà, postfazione di Luigi Martellini, Milano: Leonardo, 1990,
1992
L'inglese in paradiso, Firenze: Vallecchi, 1960 . Contiene le operette incompiute
Gesù non conosce l'arcivescovo di Canterbury e L'inglese in paradiso assieme
a una raccolta di elzeviri pubblicati tra il 1932 e il 1935 sul « Corriere
della Sera », alcuni dei quali sotto lo pseudonimo di Candido.
Benedetti italiani, 1961 ; Firenze, Vallecchi
Viaggi fra i terremoti, Firenze, Vallecchi, 1963
Journal d'un étranger à Paris, in francese, 1966 ; tradotto in italiano
come Diario di uno straniero a Parigi, Firenze: Vallecchi Narrativa
Avventure di un capitano di sventura, Roma: La Voce, 1927 , a cura di Leo Longanesi
Don Camaleo, Genova: rivista La Chiosa diretta da Elsa Goss 1928 (poi in Don Camaleo
e altri scritti satirici, Firenze: Vallecchi, 1946)
Sodoma e Gomorra, Milano: Treves, 1931
Fughe in prigione, Firenze: Vallecchi, 1936
Sangue, Firenze: Vallecchi, 1937
Donna come me, Milano: Mondadori, 1940
Il sole è cieco, Milano: Il Tempo, 1941 ; Firenze: Vallecchi, 1947
Il Volga nasce in Europa, Milano: Bompiani, 1943 ; in Il Volga nasce in Europa
e altri scritti di guerra, Firenze: Vallecchi
Kaputt, Napoli: Casella, 1943 ; Milano: Daria Arnati, 1948; Vallecchi, Firenze
1960, 1966
La pelle, Roma-Milano: Aria d'Italia, 1949 , 1951; Firenze: Vallecchi, 1959; Milano:
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Storia di domani, Roma-Milano: Aria d'Italia, 1949
Racconti italiani, 1957 ; Firenze: Vallecchi Teatro
Du côté de chez Proust. Impromptu en un acte, in francese, Parigi:
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Das Kapital. Pièce en trois actes, in francese, Parigi: Théâtre
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Anche le donne hanno perso la guerra, 1954
Poesia
L'Arcitaliano, Firenze e Roma: La Voce, 1928 a cura di Leo Longanesi (poi in in
L'Arcitaliano e tutte le altre poesie, Firenze: Vallecchi, 1963
Il battibecco, Roma-Milano: Aria d'Italia, 1949
Cinema
Il Cristo Proibito , Italia, 1951
Silvano
Leone nasce ad Ascoli Piceno nel 1981. Dopo gli studi liceali, compiuti in
Teramo, si trasferisce a Roma per completare la sua formazione, iscrivendosi presso
la facoltà di Lettere e Filosofia dell'università "La Sapienza", nella quale si
laurea sia nel corso triennale in "Letteratura, musica e spettacolo", sia nel
successivo corso specialistico in "Letteratura" nel 2006, e presso la quale lavora
per svariati anni in qualità di bibliotecario e career counseling. Conclusi gli
studi universitari consegue un master in "Gestione e valorizzazione del turismo"
presso la scuola Up Level. Parallelamente all'attività universitaria svolge sia
la professione di copywriter freelance, sia l'attività di musicista, realizzando
vari album e tournèe, e di scrittore. Nel Maggio 2007 pubblica il suo primo libro,
dal titolo "Senzanime", edito dalla casa "Il filo". Attualmente vive a Roma, impiegato
come copywriter freelance in alcune aziende. Il suo prossimo libro sarà probabilmente
edito nel Gennaio 2008. |