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Sagarana E SPIANDO


Martino Ciano


E SPIANDO



            Un respiro affannoso che si propagava lungo la tromba delle scale. Ecco, Ada stava rientrando a casa, con le buste in mano, fiera di aver celebrato come ogni giorno il rito della spesa. Per avere quel fiatone aveva di sicuro già raggiunto il primo piano e aveva salito quei quindici scalini di marmo color panna, che da bambino mi sembravano tavolette di cioccolato bianco.
            Rientrai subito in casa. Non volevo farmi vedere. Da anni dire buongiorno a qualcuno era diventato un peso insostenibile. Il mio appartamento era al secondo piano, dove Ada faceva il suo abituale pit-stop. Qui si riempiva i polmoni d'aria, biascicava due bestemmie, sempre indirizzate al Cuore di Gesù, alzava gli occhi al cielo e con il pensiero volava al quarto piano, dov'era il suo appartamento. Poi riprendeva la marcia e scalino dopo scalino malediceva il figlio che l'aveva abbandonata per seguire una straniera, il marito morto d'infarto troppo presto e lo Stato italiano che l'aveva costretta a vivere in periferia in un condominio senza ascensore.

            E così fu anche quel giorno. Fece le stesse azioni e disse le stesse parole, che decisi di osservare e ascoltare dallo spioncino della porta di casa mia. Quando fece capolino davanti ai miei occhi, mi sembrò di vedere un tronco di quercia avvolto in un panno blu stropicciato. Alta e squadrata, 68 anni di rabbia sempreverde. Ada era il passatempo dei bambini, che la chiamavano Bomboniera, e la croce di Mario, il suo vicino di appartamento, che ogni mattina, compresa la domenica, veniva scaraventato giù dal letto dalla sua voce che intonava Reginella Campagnola.

            Quella mattina, però, il respiro di Ada era regolare. E sebbene la sua faccia mi apparisse sempre come una fetta di rosbif, mi comunicò felicità. Me ne accorsi da quella lingua che lisciava le labbra, quella mano che le acconciava i capelli di paglia e quel sorriso da bambola di porcellana che le si stampò sul viso.

            Bestemmiò comunque, nel Cuore di Gesù confidava sempre, e disse, forse al muro che la reggeva, di esser stanca. E quando riprese la sua scalata, rigida come un armadio, rise e liberò una scoreggia. Un vagito che fece esultare la polvere sulle ringhiere.

            La sua figura tramontò dietro il muro e mi concentrai sul suo respiro che diventava denso, come lava che si fa roccia.

            Fu l'ultima volta che la vidi.

            Due giorni dopo Ada venne trovata morta nel suo appartamento. Toccò a Mario fare la triste scoperta. Lo insospettì il fatto che per 48 ore Reginella Campagnola non gli aveva strozzato le orecchie.

            Per gli adulti Ada era morta d'infarto. Per i bambini, invece, la Bomboniera era caduta a terra ed era andata in mille pezzi.
            "Che roba - disse Adolfo, il sognatore della compagnia - mamma ha raccolto i cocci con la scopa e la paletta".
            "Ma che dici - ribatté Giuseppe, che a nove anni e con un padre in galera per aver mandato la madre in coma, di vita e di morte se ne intendeva pure troppo - Mario l'ha trovata in una pozza di piscio. Per poco non le vomitava addosso".

            "Poverina - esordì Antonio, che da grande avrebbe voluto fare l'avvocato - quando mi vedeva mi regalava sempre una brioche all'albicocca. Mi stava antipatica, però, mi dispiaceva dirglielo in faccia. Speriamo che in Paradiso gli angeli non glielo dicano".

            "Ma che dici - gli rispose Giuseppe - i morti marciscono e basta. Invece di perdere tempo, chiama gli altri e andiamo a giocare a pallone. Il campetto è libero e tra un po' potrebbero occuparlo quelli del palazzo B. Poi, va a finire che devo fare a pugni con qualcuno".

            Risero tutti e sgattaiolarono giù per le scale. Io ero rimasto dietro la porta. Sarei voluto intervenire ma mi sentivo ostaggio della solitudine. In fondo, mi piaceva guardare il mondo dallo spioncino. Benedivo ogni giorno colui che lo aveva inventato. Scrutavo la vita degli altri, quella che non mi apparteneva. In questo modo potevo capire come entrarci senza fargli sapere nulla della mia.

            Da tempo nel mio universo casalingo non entra più nessuno, perché di invasioni aliene ne ho subite troppe. Ad esempio, al lavoro dovevo sorridere sempre. Anche a chi si intrufolava nella mia vita. Ma avete mai visto un assicuratore imbronciato? Non penso, visto che deve convincervi del fatto che anche la vostra morte potrebbe fruttare un assegno.

            Ecco, io ero un venditore di soluzioni. Ogni problema aveva la sua polizza, ogni disastro poteva trasformarsi in oro. I miei giorni migliori sono andati via così. Qualcuno mi ha fatto entrare nella propria casa, altri mi hanno cacciato. Chissà quanti, vedendomi dallo spioncino, sono rimasti in silenzio dietro la porta.

            Così, dopo aver giocato al procacciatore di polizze, ho deciso di dedicare gli anni della pensione alla caccia delle emozioni, scrutando l'assurdità della gente da uno spioncino e disegnandola sulla carta.

            Ho impresso su carta l'ultima volta che ho visto Ada. Esattamente, quando si è fermata davanti all'uscio del mio appartamento. Un tronco di quercia... chissà se le querce soffrono di solitudine. Ho dedicato uno schizzo a quei tre bambini. Il sognatore, il futuro avvocato e il piccolo cinico.

            Il primo seduto a cavalcioni sulla luna, il secondo mentre agita un martelletto e il terzo mentre sputa a terra. E poi ho disegnato Mario che ballava con Ada vestita da campagnola.
Reginella Campagnola.

 

... All'alba quando spunta il sole
le prosperose campagnole...
...discendono le valli in fior...

            Sono passati cinque anni da quando ho fatto questi schizzi. Adesso Ada puzza, continua a marcire, si decompone. Forse nella bara ci sono davvero solo mille cocci di porcellana. Forse sarà già cenere.

            Mario è diventato sordo.

            I tre bambini hanno iniziato a fumare.

            Il piccolo cinico ha fatto provare l'erba ai suoi amici. La vende a scuola e ne ha sempre tanta. A volte se la nasconde nelle mutande.

            Il sognatore non siede più sulla luna ma sul muretto di cemento sotto il balcone del mio appartamento. Scrive poesie, intrattiene discorsi filosofici con il cassonetto dell'immondizia. Immagina di essere un trascinatore di folle.

            Anche il futuro avvocato vuole cambiare il mondo. Da quando è rimasto orfano del padre, sente la voce di Dio. Dopo aver fumato qualche spinello la sente ancora meglio. Gli piace l'atmosfera della parrocchia e il seno della catechista. Non sa cosa farà da grande ma spera di esser un pezzo grosso. Un eroe, magari un profeta. Basta che vada via da casa sua.

            Eccoli, anche oggi fanno gli stessi discorsi. Si sono trovati tutti e tre per puro caso. Ognuno veniva da una strada diversa. Li spio dal balcone. Non li vedo più deformati come dallo spioncino. Anch'io negli anni ho cambiato il mio punto di vista ma ho mantenuto le mie abitudini.

            Da tempo, infatti, nel mio appartamento non faccio entrare più nessuno. Qui disegno, da qui scruto, da qui ascolto, qui penso, qui vivo.

            Sto scegliendo anch'io una canzone da cantare tutti i giorni. Uno stornello popolare come quello che amava intonare Ada. Almeno, qualcuno si accorgerà della mia morte.





Martino Ciano

Martino Ciano nasce il 25 novembre 1982 a Maratea, in provincia di Potenza. Risiede a Tortora, in provincia di Cosenza. È giornalista pubblicista e lavora presso l'emittente televisiva Rete 3 Digiesse con sede a Praia a Mare. Collabora, in qualità di redattore, con la Rivista letteraria Euterpe e come recensore presso la testata on line di diffusione letteraria Gli amanti dei libri. Ha pubblicato nel 2006 Il canto della cecità, Edizioni Creativa, Napoli e nel 2011 Le danze del tempo, Arduino Sacco, Roma. Molti racconti e saggi sono stati pubblicati sulla Rivista Euterpe





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